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AstraZeneca ritira il vaccino per Covid-19. Vi spieghiamo bene perché

10 Maggio 2024 9 min lettura

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AstraZeneca ritira il vaccino per Covid-19. Vi spieghiamo bene perché

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Nei giorni scorsi il mondo novax/antivax è entrato in fibrillazione a causa di presunte rivelazioni e ammissioni su danni da vaccino per Covid-19 riportate dal quotidiano britannico The Telegraph. E da molti accolte, finalmente, come l'inizio della fine della storia dei vaccini. Finalmente lo ammettono!

In realtà non si tratta di nulla di nuovo, sono i casi di trombosi e trombocitopenia associati alla somministrazione del vaccino Chadox-nCov-19 di AstraZeneca da febbraio/marzo 2021. Casi che furono individuati (e vedremo come non fosse così semplice), indagati e studiati dalla comunità scientifica. Dopo dei quali quel vaccino gradualmente non è stato più usato.

Per molti di quei casi le vittime, o i parenti delle vittime, hanno già avuto un risarcimento di 120.000 sterline in base al Vaccine Damage Payment Scheme del governo britannico. Ora però in 51 hanno ritenuto che fosse giusto un risarcimento decisamente più elevato, e si sono rivolti con una class action direttamente ad AstraZeneca, il produttore del vaccino. I cui legali (questa è la notizia) a febbraio hanno depositato un documento in cui, per la prima volta, si cita la possibilità che il loro vaccino potrebbe, in rari casi, causare le trombosi.

Come riporta il Telegraph: "Si ammette la possibilità che il vaccino AZ possa, in casi molto rari, causare TTS (Thrombosis with Thrombocytopenia Syndrome). Il meccanismo causale non è noto". Ma hanno anche aggiunto: "Inoltre, la TTS può essere indotta anche in assenza del vaccino AZ (o di qualsiasi vaccino). La causa effettiva sarà argomento di un parere esperto per ogni singolo caso". Ovvero, questo però non vuol dire che questi casi siano stati causati dal nostro vaccino.

Sarebbe interessante sapere cosa è stato scritto veramente e, trattandosi di questioni legali più che scientifiche, la scelta delle parole non è casuale. Vedremo come andrà a finire. Però, dal punto di vista dell'evidenza scientifica, la situazione non è tanto semplice, a prescindere dal danno subito dalle vittime e forse è il caso di approfondirla.

Cosa hanno scoperto i ricercatori tedeschi e norvegesi

A febbraio/marzo 2021, in piena campagna vaccinale, iniziano a emergere in diversi paesi dei misteriosi casi di trombosi, alcuni dei quali letali, che inizialmente sembrano riguardare prevalentemente persone giovani e di sesso femminile, come si ricostruirà tutte  precedentemente vaccinate con il vaccino AstraZeneca. Tanto da spingere inizialmente a modificare il target per quel vaccino. Poi quell'associazione perderà stringenza e il vaccino alla fine non sarà più usato e basta.

Un gruppo di ricercatori tedesco e uno norvegese, per primi e indipendentemente, arrivano a ipotizzare che si tratti effettivamente di trombosi associate a due vaccini per Covid-19 a vettore adenovirale, quello di AstraZeneca e quello Janssen. Colpisce subito i ricercatori l'analogia di questa condizione che sarà definita VITT (Vaccine Induced Thrombotic Thrombocytopenia) con una situazione patologica molto simile e ben studiata, chiamata HIT (Heparine Induced Thrombocytopenia). Che ci servirà per capire quello che succede nei casi di VITT.

Partiamo dal quadro normale. Nel nostro sangue c'è una gran quantità di piastrine (o trombociti, ma nonostante il nome non sono cellule), prodotte per frammentazione dai megacariociti. Oltre a partecipare all'immunità innata (la nostra prima reazione alla presenza di microbi) e alla reazione infiammatoria rilasciando granuli contenenti fattori proinfiammatori, le piastrine vengono attivate in caso di ferite. Il loro ruolo è quello di partecipare all'emostasi aggregandosi sul sito della lesione e formando un coagulo. 

Sebbene questo sia fondamentale per la nostra sopravvivenza, in alcune situazioni è tuttavia necessario scongiurare la formazione di coaguli se questo avviene per cause non fisiologiche ma patologiche, oppure in situazioni particolari come un decorso post-operatorio cardiovascolare, trapianti, dialisi, o sedentarietà ed allettamento prolungati per esempio a seguito di fratture o malattie con lunga degenza. 

Sono solo pochi esempi di tanti casi in cui per evitare questi coaguli (che si chiamano trombi) si usano molecole con azione anticoagulante. Una di queste, molto utilizzata, è l'eparina.

In una piccola percentuale (1-5%) di pazienti trattati con eparina accade che la molecola interagisca per motivi di affinità e di concentrazione con una proteina fisiologicamente coinvolta nell'attivazione delle piastrine chiamata PF4 (Platelet Factor 4) legandola sotto forma di tetramero. L'interazione con l'eparina induce una modificazione conformazionale di PF4, che spinge il sistema immunitario a non riconoscerla più come “self” (ndr, propria) e a produrre anticorpi contro PF4. In origine la reazione potrebbe avere una ragione fisiologica in un contesto di immunità ibrida (innata e adattativa in sovrapposizione) contro le macromolecole di superficie di alcuni batteri con struttura ed effetto analoghi a quelli dell’eparina. Ma non in questo caso. 

Gli anticorpi anti-PF4 prodotti possono indurre la degradazione delle piastrine e quindi trombocitopenia (o piastrinopenia indotta da eparina, HIT) ma in una percentuale di questi soggetti, il complesso anticorpo/PF4/eparina viene riconosciuto da un recettore molto abbondante sulla superficie delle piastrine, FcγRIIa, che lega il complesso immune provocando l'attivazione delle piastrine, degranulazione (con rilascio di ulteriore PF4) e aggregazione, ovvero formazione di trombi. In questo caso si parla di HITT (Heparine Induced Thrombocytopenia and Thrombosis).

Sappiamo però (e a questo fanno riferimento anche i legali di AstraZeneca) che autoanticorpi anti-PF4 possono essere prodotti anche in assenza di eparina o di altri ligandi noti di PF4, per cui si parla di "HIT like sydromes". E sappiamo anche che anticorpi anti-PF4 sono stati isolati in pazienti Covid-19 a seguito dell'infezione da SARS-CoV-2 che quindi è in grado di alterare in qualche modo la struttura della proteina PF4.

E passiamo finalmente ai vaccini e alla VITT. 

Molto sinteticamente, nei casi di VITT analizzati dai diversi gruppi di ricerca, sono stati sempre riscontrati come elementi diagnostici piastrinopenia, attivazione/aggregazione delle piastrine, formazione di trombi e la presenza di anticorpi anti-PF4. Oltre ovviamente alla somministrazione del vaccino AstraZeneca in una finestra di tempo precedente i sintomi, che può cambiare da studio a studio, ma si aggira sui 5-20 giorni. 

L'ipotesi è che nei due vaccini AstraZeneca e Janssen ci sia qualcosa in grado di interagire con PF4, di indurre alterazioni conformazionali nella proteina e quindi produzione di anticorpi anti-PF4 in modo esattamente analogo a quanto fa l'eparina nella HIT. 

È stato possibile capire che gli anticorpi anti-PF4 analizzati nei pazienti VITT sono diversi da quelli presenti nella HIT, ovvero riconoscono modifiche conformazionali di PF4 diverse da quelle indotte dall'eparina. Questo però purtroppo non è sufficiente a identificare la componente responsabile dell'interazione. 

Sono state fatte analisi approfondite dei due vaccini, che non hanno fatto chiarezza. I due vaccini, a parte l'adenovirus vettore di base diverso (un adenovirus di scimpanzé per AstraZeneca, un umano per Janssen), hanno componenti aggiuntive e contaminanti diverse. In condizioni sperimentali si è visto che in presenza del vaccino AstraZeneca la proteina PF4 modifica la sua struttura, confermando l'interazione tra vaccino e proteina. Lo stesso però non succede se si usa l'adenovirus del vaccino purificato. Quindi forse è un costituente accessorio del vaccino, oppure un contaminante. Ma non succede nemmeno con il vaccino Janssen, che quindi forse ha bisogno di qualche fattore aggiuntivo fornito dall'ospite per interagire con PF4. 

I dettagli di queste analisi per chi vuole sono qui.

In sintesi, si accetta l'idea che piastrinopenia e trombosi siano causate dalla presenza di anticorpi anti-PF4 causati (anche, forse) da un componente dei due vaccini, ma non si sa quale.

E non si sa nemmeno per quale motivo questo sia accaduto in pochissimi soggetti per milione di vaccinati (le statistiche più recenti ci dicono 16/milione per il vaccino AstraZeneca, molti meno per il vaccino Janssen), e comunque le statistiche variano col periodo e col paese. Comunque è un numero veramente piccolo, anche se amplificato dalla quantità di dosi somministrate:

"...Dati dagli Stati Uniti hanno stimato l'incidenza di VITT totale in 3,8 casi per milione di dosi somministrate di vaccino Johnson & Johnson (Janssen) , e dati dal Regno Unito hanno stimato l'incidenza totale di VITT in 15,9 casi per milione di prime dosi somministrate del vaccino Oxford‐AstraZeneca".

Quello che riguarda il rapporto tra l'efficacia del vaccino, il numero stimato di vite salvate dal suo utilizzo e il numero di persone che avuto reazioni avverse, anche letali, è una questione di gestione della salute pubblica che deve valutare il rapporto costi/benefici di qualsiasi forma di cura/terapia/prevenzione. 

Qual è la causa delle reazioni avverse?

Quello che è successo a ognuna di quelle persone però è un'altra storia. E qui la questione per me, che ho seguito fino a questo punto senza troppi problemi, diventa più  complicata.

Perché se, per fare un esempio, io produco e vendo un milione di gelati e 16 clienti su un milione il giorno dopo hanno il mal di pancia ma tutti gli altri no, può darsi che sia colpa del mio gelato, oppure quei 16 avevano loro qualcosa di particolare, di diverso da tutti gli altri, qualche intolleranza... Ed è giusto indagare e capire, ma sinceramente non so se sia giusto decidere in base a quello che il mio gelato non va e che deve essere anche ritirato dal mercato.

Cose c'era di particolare, di diverso, in quelle 16 persone? Perché solo in quelle si è verificata questa insolita successione di eventi?

Come per l'eparina nella HIT, l'interazione tra PF4 e un componente non identificabile del vaccino – possiamo chiamarlo X – dipende sia dalla presenza di X che da concentrazioni elevate di PF4. Possiamo pensare che ci fosse una condizione particolare individuale, per esempio una situazione infiammatoria o patologica preesistente? Oppure è stata indotta dal vaccino? 

E poi, perché solo in così poche persone si formano anticorpi anti-PF4? Come del resto, anche se in proporzioni molto maggiori, se ne formano in pazienti trattati con eparina? Si tratta di una suscettibilità individuale? Di un'esposizione precedente, probabilmente non nota, a un antigene con struttura simile al complesso PF4/X?

L'incontro tra questi tre fattori (una molecola non identificata che in un milione di persone meno 16 non ha avuto alcun effetto avverso, una possibile condizione patologica o infiammatoria individuale preesistente, e la produzione non prevedibile di anticorpi contro una proteina prodotta normalmente dalle nostre cellule) sarà probabilmente il punto sul quale i legali di AstraZeneca si baseranno per mettere in dubbio un rapporto causale diretto tra vaccinazione e TTS (termine preferito dai legali rispetto a VITT). 

E indubbiamente, se è corretto affermare che senza il vaccino forse (ma è impossibile saperlo) non si sarebbe indotta la reazione autoimmune contro PF4, non è corretto affermare che sia stato direttamente il vaccino a indurla.

Tutto questo prescinde ovviamente dall’aspetto quantitativo, dal numero effettivo di casi e dal rapporto costi/benefici per quel vaccino.

Va comunque sottolineato come in presenza di una condizione patologica generica  (inizialmente erano trombosi, poi TTS, solo dopo è diventata VITT) riscontrata in un numero veramente molto piccolo di persone rispetto all'intera popolazione di diversi paesi (il rapporto con la vaccinazione è emerso solo successivamente), per di più con maggiore frequenza spontanea o causata da altri fattori o anche da fattori non noti, si sia riusciti comunque a individuare un elemento comune tra i casi (una vaccinazione eseguita entro una finestra di tempo abbastanza variabile nei giorni precedenti i sintomi), si sia riusciti a ipotizzare un fattore causale, a cercare di identificarlo e verificarlo in modo sperimentale, e si sia arrivati comunque a sospendere l'utilizzo di un vaccino che pure aveva dato una buona protezione, costava poco e aveva alle spalle una potente industria farmaceutica, un'università prestigiosa (Oxford) e il governo britannico (era la risposta UK al virus). Tanto per ricordare che se qualcosa va male per davvero, si scopre.

Va messo in evidenza anche il fatto che un evento che si verifica in 16 casi su un milione, non poteva assolutamente essere scoperto come reazione avversa nel corso delle fasi II e III del trial clinico, che si sono basate su poche decine di migliaia di soggetti ma poteva emergere solo grazie alla farmacovigilanza successiva all’approvazione.

Perché AstraZeneca ha ritirato il vaccino

Per finire, da tutto questo dovrebbe essere evidente che la recente decisione di AstraZeneca di ritirare il vaccino Vaxzevria dalla produzione non è collegata in alcun modo con la presunta  “ammissione di reazioni avverse” che in effetti sono note ufficialmente fin da aprile 2021.

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Si tratta solo di una scelta commerciale obbligata, di fronte alla necessità, in alternativa, di investire cifre consistenti per aggiornare un vaccino che già aveva una copertura minore rispetto ad altri in commercio rispetto al virus originario di Wuhan (e poi ancora meno valida con le VOC successive alfa beta e gamma) alle ultime varianti omicron. Per le quali la richiesta vaccinale è bassissima, altri produttori hanno già investito nell’aggiornamento e sono già sul mercato, mentre dal 2021 il vaccino per Covid-19 di AstraZeneca praticamente non ha avuto più un mercato (è quello blu nel grafico sottostante).

Investire ulteriormente su quel vaccino in questo momento sarebbe stato semplicemente inopportuno.

Immagine in anteprima via La Stampa

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