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Il kit definitivo per contrastare il format pseudo-giornalistico “Il lavoro c’è, ma i giovani non vogliono lavorare”

14 Giugno 2019 10 min lettura

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Il kit definitivo per contrastare il format pseudo-giornalistico “Il lavoro c’è, ma i giovani non vogliono lavorare”

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Dopo anni di stillicidio del genere (non) giornalistico "Il lavoro c'è ma i giovani non vogliono lavorare", da qualche giorno stiamo assistendo alla sua nuova declinazione: "Offriamo lavoro, ma non si trova personale per colpa del reddito di cittadinanza".

Inutile sottolineare quanto sia indecente una simile operazione, che vede complici testate compiacenti e imprenditori (e politici al seguito in veste di risoluti commentatori sui social) cinici e senza scrupoli nell'avvelenare e inquinare la discussione pubblica su un argomento di grande importanza per molte famiglie, che sicuramente meriterebbe di essere trattato in tutt'altro modo.

In questi anni come Valigia Blu abbiamo continuamente coperto il format in questione, di volta in volta verificando la notizia, cercando di comprendere le vere ragioni per cui molti giovani (ma non solo) non rispondono o rifiutano le offerte.

Puntualmente è emerso che o la "notizia" in realtà serviva a mascherare un annuncio di lavoro (solitamente all'articolo sull'imprenditore disperato che offriva lavoro ma nessuno rispondeva seguiva un secondo articolo sulla pioggia di curricula arrivati da Nord a Sud...) – svelando anche l'incapacità dei datori di lavoro nella ricerca del personale – o che l'offerta era discutibile e sostanzialmente significava bassi stipendi, orari di lavoro massacranti, zero diritti.

E dunque abdicando totalmente alla loro missione, i giornalisti invece di approfondire, verificare, provare a capire come stavano davvero le cose, si sono fatti di volta in volta strumenti, piattaforme di questo o quell'imprenditore.

Una delle prime volte in cui ci occupammo di questo genere pseudo-giornalistico risale al 2011. Un "Buongiorno" di Massimo Gramellini su La Stampa rilanciava il grido di allarme dell'Unione panificatori di Roma: "Non si trovano trecento ragazzi disposti a fare il pane per duemila euro al mese". Noi andammo a verificare e le cose stavano un po' diversamente da come erano state raccontate (non esistevano dati, in alcuni annunci che avevamo trovato non si parlava dello stipendio di 2mila euro mensili e in molti si chiedeva già esperienza, il commento si basava sostanzialmente sulla testimonianza di un suo amico pizzaiolo).

Nello stesso periodo anche la Confesercenti Abruzzo lanciò l'allarme sulla mancanza dei panettieri. In questo caso si affidarono al Corriere della Sera. Anche qui provammo a verificare e scoprimmo che non si trattava di posti di lavoro, ma di corsi di formazione a pagamento. Per carità, rateizzabili.

Siamo andati avanti così per anni: la notizia era più o meno sempre la stessa, e dopo alcune telefonate e controlli regolarmente emergeva un identico format. Fino al 2015 quando davvero esasperati ci siamo permessi un titolo abbastanza forte: "Expo, Manpower, Corriere: la retorica dei giovani che non vogliono lavorare ha rotto il cazzo".

Ma già allora sapevamo che non sarebbe finita lì. Qualcosa però a un certo punto è cambiato nelle dinamiche in Rete di reazione a questi articoli: i lettori sui social hanno iniziato a segnalarci i vari annunci mascherati da notizia, un trucchetto infido e carognesco, considerando che alla base di tutto c'è la colpevolizzazione di una intera generazione: "Siccome il lavoro è poco, non fate tanto gli schizzinosi, poi ai nostri tempi anche noi ci siamo fatti le ossa, oggi voi bamboccioni protetti da mamma e papà non volete spezzarvi la schiena". Magari la schiena se la sono già spezzata studiando e ora giustamente si rifiutano di accettare qualsiasi lavoro tra l'altro sottopagati per 12, 14 ore al giorno, ma aspirano legittimamente a lavori in linea con i loro studi e interessi (che svergognati). Sai com'è si chiamano diritti, in democrazia.

Matteo Pascoletti su Valigia Blu ha dedicato a questa triste e infame dinamica un'analisi che ingenuamente pensavamo definitiva: Il lavoro c’è ma i giovani non vogliono lavorare'. Articoli scorretti e disonesti. Dopo questo articolo, ci siamo detti, non dovremo occuparcene più.

Ovviamente ci sbagliavamo. E così dopo nemmeno un anno Angelo Romano è stato costretto ad approfondire nuovamente la dinamica, a partire dall'ennesimo fact-checking su una storia che non convinceva riguardante una azienda in provincia di Padova, che realizza trattori per l’agricoltura, che non riusciva ad assumere 70 dipendenti per assenza di candidature: Imprenditori eroici vs giovani fannulloni: un format disonesto contrastato grazie alla mobilitazione sui social.

Con gli anni i lettori sui social si sono attrezzati, hanno acquisito sempre più competenze nel fiutare la paccottiglia disinformativa, mobilitandosi nel cercare di contrastare di volta in volta questa tipologia di articoli.

In questi ultimi giorni, dicevamo, stiamo assistendo al rilancio del genere anche in una nuova declinazione: "Offro lavoro, ma nessuno lo accetta per colpa del reddito di cittadinanza".

A dare la volata al nuovo format ci ha pensato qualche giorno fa il sindaco di Gabicce, che si è detto certo che la causa sta appunto nella misura voluta dai 5Stelle. Grido di allarme prontamente rilanciato da Matteo Renzi che non si fa nessuno scrupolo ad attribuire al reddito di cittadinanza il motivo della difficoltà di trovare i cosiddetti stagionali.

Al caso abbiamo dedicato un post sulla nostra pagina Facebook che riporto per intero:

"La versione 'il lavoro c'è ma i giovani non vogliono lavorare' ha raggiunto nuove vette. Il lavoro c'è ma gli italiani (quelli più in difficoltà) non vogliono lavorare per colpa del reddito di cittadinanza.

In sintesi: a Gabicce non si trova personale stagionale, i camerieri e i cuochi del Sud (e ti pareva che poteva mancare la combo giovane - Sud - fannullone) preferiscono stare a casa con il sussidio invece di andare a lavorare.

E così senza uno straccio di evidenza, dati o analisi, si è dato credito "giornalisticamente" a una dichiarazione del sindaco di Gabicce. E non è mancato il commento di Renzi a sfregio di tanti cittadini in situazioni di indigenza: la definizione "misura diseducativa" è davvero uno schiaffo in faccia alle persone che con questa misura sperano di risollevarsi almeno un po' (il provvedimento presenta diverse criticità, cosa che abbiamo evidenziato in vari nostri articoli, ma di sicuro non è questa). Dimenticando che quella misura prevede l'obbligo di accettare una delle tre proposte di lavoro che dovranno arrivare dai Centri per l'impiego. In caso contrario, è prevista la decadenza del beneficio.

Ma veniamo alla dichiarazione del sindaco e a quello che ne rimane alla luce dei chiarimenti da parte del presidente degli albergatori di Gabicce Mare.

Sentito dal Fatto Quotidiano il presidente degli albergatori, Angelo Serra (possiede anche un albergo), ha precisato alcune cose, vale la pena andarle a vedere una per una:

1. «In realtà sono anni che lanciamo l'allarme dei lavoratori che mancano. Evidentemente negli anni passati nessuno ci ha fatto caso perché non essendoci appiglio per un attacco alla politica non è stato dato molto peso alle nostre dichiarazioni. La ricerca diventa sempre più problematica».

Sulla mancanza di stagionali, qui ad esempio un articolo di Repubblica Bologna del 2018 e qui un altro articolo del 2017.

2. La ricerca diventa problematica «perché l'estate si accorcia progressivamente e si lavora quindi sempre meno». Non più quattro o cinque mesi, ma poco più di tre. «Quindi il professionista preparato e qualificato - perché alle prime armi se ne trovano - ha magari già trovato una occupazione annuale».

3. «È possibile che abbia inciso il reddito di cittadinanza, ma in misura molto ridotta. Parliamo del 5, 10% del fabbisogno. Ma di sicuro non è questa la causa».

Contattato da noi, il presidente Serra ha confermato quanto dichiarato al Fatto Quotidiano e spiegato che il dato sulla possibile incidenza del reddito del 5% - 10% è una sua ipotesi basata sulla propria esperienza.

Sta diventando sempre più una fatica enorme riuscire ad informarsi in modo corretto. E no, non è colpa dei social, delle fake news, dei troll russi.

E ci risiamo: gli stessi giornali, che hanno diffuso la notizia distorta, hanno poi riportato una seconda versione che sconfessa la prima.

Il Sole 24 Ore, nello specifico, prima diffonde la notizia distorta con uno stile che ha decisamente poco a che fare con il giornalismo e più con una invettiva personale:

Salvate Gabicce dal reddito di cittadinanza o - meglio ancora - dagli effetti di quest’ultimo sulla gente. Perché l’homo italicus non ha certo bisogno di navigator per orientarsi nel mare dell’assistenzialismo: lui si mette bello fermo sulla riva e aspetta che il pesce gli caschi in mano. Vagli a spiegare l’antico proverbio cinese secondo il quale se dai un pesce a un uomo lo nutrirai per un giorno, se gli insegni a pescare lo nutrirai per tutta la vita. Forse toccherebbe spiegarlo prima ancora a Gigino Di Maio e a chi, con lui, nel Movimento 5 Stelle teorizzava la fine del lavoro. Ma forse a loro va bene così perché alle ultime elezioni Europee, in uno scenario di débacle generale per i pentastellati, in molte piazze del Sud hanno continuato a pescare.

Poi, a firma dello stesso autore pubblica un altro articolo parlando di sillogismo che ha affascinato anche Renzi e riportando il chiarimento del presidente degli albergatori. Per la precisione:
a) Non è un sillogismo, semmai è una correlazione di fatto basata sul nulla, se non sulla sensazione del sindaco di Gabicce;
b) Non ha affascinato Renzi, semmai Renzi l'ha strumentalizzata.

Il modello di business alla base di questa informazione quindi pare di capire che sia: pubblicare una notizia senza alcuna verifica > scatenare l'indignazione sui social > pubblicare una seconda versione che smentisce la prima facendo però finta di non aver avuto alcun ruolo nella diffusione della versione falsa o distorta".

Non abbiamo fatto in tempo a smontare l'allarme di Gabicce sul reddito di cittadinanza "ammazza-stagionali", che solo ieri un imprenditore del Nord e uno del Sud si sono nuovamente fiondati sul format, trovando anche questa volta la disponibilità di alcune testate a veicolare le loro lamentele come se fossero una notizia degna di avere spazio mediatico.

In tanti fra Twitter e Facebook ci hanno segnalato i due casi e per questo abbiamo deciso di occuparcene e di offrire questo post come se fosse una sorta di kit pronto all'uso per chiunque voglia contrastare anche in futuro (siamo certi che il genere continuerà ad ammorbare le nostre timeline) questa insopportabile deriva giornalistica.

Veniamo ai due casi in questione: Il Messaggero Veneto ci fa sapere che Bruno Della Maria, albergatore a Lignano, non ne può più. Il titolo è davvero una perla: Mancano i lavoratori stagionali, la strigliata dell'imprenditore: «Pochi hanno voglia di fare sacrifici».

Il Mattino di Napoli e Huffington Post Italia, tra gli altri, hanno deciso di dare spazio a un imprenditore del Sud che si lamenta di non riuscire a trovare personale: «AAA, cerco barista ma non lo trovo: tutta colpa del reddito di cittadinanza». Leggendo l'intervista viene fuori, in pratica, che l'offerta mensile è di 800 euro per un orario che va dalle 6.30 alle 14.30 o dalle 14.30 alle 20.30. Nel suo mestiere, tiene a precisare Danilo Volpe, contano anche le mance e con quelle beh si può arrivare anche a 1200 euro al mese (in un commento sulla nostra pagina Facebook, Fabio Avallone fa notare che il compenso offerto è molto minore rispetto a quanto previsto dal contratto nazionale). Che la colpa sia del reddito di cittadinanza è un suo forte presentimento, ma tanto basta per diventare notizia, no?

Io vi invito a leggere i commenti all'articolo pubblicato da Il Mattino su Facebook. Mi rivolgo alle testate che ancora testardamente perseverano con questa tipologia di articoli: vale davvero la pena abdicare in questo modo alla professione, sacrificare la propria reputazione (già messa a dura prova) e quel che resta della fiducia da parte del lettore per una manciata di click?

Come Valigia Blu abbiamo provato ad andare oltre il fact-checking dei singoli casi e a dare un contributo più ampio su un tema decisivo per la società e delicato per tante famiglie e aziende – il lavoro, la mancanza di posti e la difficoltà di trovare personale – che coinvolge così tanti cittadini e soprattutto i più giovani, con un approfondimento che riuscisse in qualche modo a offrire anche possibili soluzioni: Giovani e lavoro: il futuro negato. Cosa possiamo fare.

Come abbiamo scritto: "La retorica dei giovani schizzinosi che rifiutano offerte congrue di lavoro e non vogliono sacrificarsi è diventata negli anni la chiave di lettura (pigra e irresponsabile) di un fenomeno più complesso, finendo così con l’oscurare le criticità che queste storie sollevano da tutti i punti di vista, quello degli imprenditori e quello dei lavoratori, e che abbracciano più piani, economico, sociale, culturale esistenziale: la questione della formazione, il mancato incontro tra domanda e offerta, le condizioni di lavoro, il bilanciamento tra vita e lavoro, i canali e i criteri di reclutamento utilizzati e le forme di ingresso nel mercato del lavoro e, più in generale, il ruolo che come paese attribuiamo ai giovani all’interno della nostra società".

Questo è l'ultimo post che dedichiamo a questo genere "giornalistico".

Di seguito tutti i nostri articoli sia sui singoli casi sia sulle criticità del mercato del lavoro:

Giovani e lavoro: il futuro negato. Cosa possiamo fare

Imprenditori eroici vs giovani fannulloni: un format disonesto contrastato grazie alla mobilitazione sui social

Ancora un annuncio mascherato da ‘notizia’? Tutti i dubbi sull’azienda che cerca 70 dipendenti e nessuno risponde

“Il lavoro c’è ma i giovani non vogliono lavorare”. Articoli scorretti e disonesti

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