La pandemia del nuovo coronavirus è stata spesso affrontata in queste ultime settimane ricorrendo alla metafora della guerra. Entro questa cornice il virus è un nemico, affrontarlo è uno sforzo bellico che coinvolge le nazioni a qualunque livello, dai leader ai cittadini, mentre medici e infermieri sono "in trincea" negli ospedali, elogiati da fuori come "eroi". Il gergo militaresco e l’insistente visione bellica non aiutano ad affrontare l’emergenza da un punto di vista psicologico e cognitivo, e se non ci aiutano come individui di certo non ci aiutano come società. In guerra per fronteggiare il nemico bisogna serrare i ranghi, le proprie fila, e nulla disgusta più del sedizioso o del collaborazionista. Se come collettività, in un momento così critico, riusciamo a vederci solo come esercito, come reparti che devono obbedire a una catena di comando e come alleanze militari dal punto di vista sovranazionale, allora conosceremo la sconfitta, e sarà paragonabile a un gigantesco cane che si divora a partire dalla coda. [Leggi l’articolo su Valigia Blu]