«Se il virus perde forza vuol dire che è artificiale. Ragionateci sopra. Un virus in natura non perde forza con questa velocità». Alcuni giorni fa, rispondendo a una domanda di un giornalista sull’ipotesi che il nuovo coronavirus si stia indebolendo, il presidente della Regione Veneto ha espresso la sua teoria secondo la quale il presunto indebolimento del virus è la prova che il virus non ha avuto un’origine naturale ma è stato manipolato geneticamente in laboratorio. Una tesi, quella dell’ingegnerizzazione artificiale del virus, esclusa dal mondo scientifico, praticamente concorde invece sull’origine naturale di SARS-CoV-2. «Se va via tanto velocemente, qualcosa di artificiale c’è di mezzo. Notiamo che la fase endemica, quella del contagio forte è meno importante, meno rappresentata oggi. Sarà la temperatura, sarà che il virus si è spompato, magari se ne andrà definitivamente e così non avremo la recidiva autunnale». Zaia ha aggiunto che si tratta della «sua opinione personale non di scienziato, ma sono d’accordo con quello scienziato lì».
Sentito successivamente dall’Ansa, il presidente del Veneto ha mitigato la sua posizione spiegando che solo gli scienziati potranno stabilire l’origine del virus, che le ipotesi in campo sulle cause sono tante e che la tesi del virus artificiale è «tutta da dimostrare, che è in capo agli esperti».
Rispondendo alle domande dei giornalisti, Zaia aveva fatto riferimento all’intervista fatta a Giuseppe Remuzzi (Direttore dell'Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri) durante la trasmissione “Piazza Pulita” su La7. Remuzzi aveva detto di aver notato un indebolimento della malattia, come dimostrato dal calo delle terapie intensive e dal numero di ricoveri in generale, ma di non essere in grado di spiegare «se è il virus è mutato o se a essere cambiata è la carica virale di ogni paziente. L’unica cosa che posso dire è che sembra di essere di fronte a una malattia molto diversa da quella che ha messo in crisi le nostre strutture all’inizio della pandemia». Il direttore dell’istituto Mario Negri, dunque, non ha mai parlato di virus artificiale né ha mai associato a questa tesi al possibile indebolimento del nuovo coronavirus.
Nei giorni precedenti all’intervento di Zaia altri esperti si erano espressi sulle cause di questa perdita di forza di SARS-CoV-2. Secondo Massimo Ciccozzi, responsabile dell’Unità di Statistica medica ed epidemiologia molecolare dell’Università Campus Bio Medico di Roma, intervenuto sulla questione in un’audizione al Senato, che il virus stia perdendo forza lo si vede «dal fatto che la sua circolazione è calata». Le cause di questo indebolimento sono tante e devono essere dimostrate: «Potrebbe essere l'effetto delle mutazioni del virus, facendogli perdere contagiosità e letalità, ma è un'ipotesi che va dimostrata. Un dato che stiamo riscontrando è che il virus sta perdendo potenza prima di tutto per effetto del lockdown, del distanziamento e dell’uso delle mascherine», ha aggiunto Ciccozzi all’Ansa.
Di diversa opinione il dottor Massimo Galli, direttore Malattie Infettive Ospedale Sacco di Milano che, intervenuto ad Agorà su Rai Tre, ha detto che non ci sono evidenze di un indebolimento del coronavirus: «Ho un’interpretazione diversa di questa apparente attenuazione: credo che stiamo osservando dal punto di vista clinico la coda di un’epidemia che ha visto le persone più fragili presentare le forme più gravi in tempi precedenti a questo e attualmente abbiamo nei nostri ospedali persone che si sono spostate verso forme meno gravi rispetto a quelle cui siamo stati abituati all’inizio. Ma questo non vuol dire che si sia attenuato il virus, vuol dire che chi doveva andare male è già andato male alla prima ondata dell’infezione». Per sostenere che «il virus ha cambiato passo bisogna anche avere qualche evidenza molecolare che è mutato in maniera significativa. Non escludo che possa anche essere così ma questa è un’evidenza che al momento non abbiamo», ha concluso Galli.
Anche Antonino Di Caro, responsabile del laboratorio di microbiologia dell’istituto Lazzaro Spallanzani, dove è stato isolato a febbraio il primo coronavirus trovato in Italia su una coppia di pazienti cinesi, non è convinto che il virus abbia già perso forza e se proprio si deve parlare di minore circolazione del virus, questa è l’effetto delle misure di distanziamento sociale adottate negli ultimi due mesi dal governo. «A me non risulta che sia così analizzando i dati della Protezione Civile. La percentuale dei pazienti trattati a domicilio e di quelli in ospedale è costante nel tempo. Non mi sentirei di affermare che c’è minore aggressività. Il virus si è attenuato nella circolazione solo perché è stato condizionato dalle misure di contenimento», ha detto Di Caro al Corriere della Sera. «Non sono state osservate mutazioni significative collegabili a differenza di patogenicità, vale a dire capacità di aggredire, e di trasmissione» e, in ogni caso, «la perdita di aggressività non è un criterio per ipotizzare un’origine non naturale. Nessuno ha mai trovato segni che dimostrino sia stato manipolato in laboratorio», ha aggiunto.
Di recente sono stati pubblicati alcuni studi sulle mutazioni di SARS-CoV-2 che potrebbero spiegare una maggiore o minore forza nell’evoluzione del virus. Secondo uno studio del Los Alamos National Laboratory negli Stati Uniti in Europa, negli Stati Uniti e in Australia si sarebbe diffuso una forma del virus più contagiosa per una mutazione della proteina “spike” (il piccone che consente di agganciare le cellule umane, per poi penetrare all’interno), mentre secondo due studi fatti a Singapore e in Arizona, negli USA, la diffusione di lignaggi del nuovo coronavirus meno pericolosi farebbe pensare a un indebolimento del virus. Tuttavia, è ancora presto per stabilire come il virus si stia evolvendo, spiega Ed Yong su The Atlantic.
Per quanto diversi ricercatori si aspettino che il virus s’indebolisca nel tempo attraverso una serie di mutazioni man mano che si adatta all’interno dell’uomo, diventano così meno mortale e meno contagioso, al momento non sono stati trovati segni di questo indebolimento. «Il genoma del virus è molto stabile e non vedo alcun cambiamento di patogenicità causata dalla mutazione del virus», afferma a Nature Guo Deyin, ricercatore all’Università Sun Yat-sen di Guangzhou, in Cina. «Finché potrà infettare con successo nuove cellule, riprodursi e continuare a trasmettersi, non si potrà parlare di indebolimento», aggiunge Andrew Rambaut, studioso dell’evoluzione dei virus all’Università di Edimburgo, nel Regno Unito.
SARS-CoV-2 appartiene alla famiglia di virus a RNA, «di solito mutevoli perché sprovvisti del meccanismo che corregge gli errori della replicazione. In parole semplici non hanno il correttore di bozze», spiega Di Caro al Corriere della Sera. «Fino a questo momento l’unica certezza è che il nuovo coronavirus muta poco rispetto ad altri cugini, come i virus influenzali ed Ebola». Proprio questo meccanismo di correzione di bozze fa pensare che il virus «non muterà rapidamente e che le persone infette manterranno una protezione solida», commenta a Nature Klaus Stöhr, che ha diretto la divisione di ricerca ed epidemiologia sulla SARS dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS). «Di gran lunga lo scenario più probabile è che il virus continuerà a diffondersi e infettare la maggior parte della popolazione mondiale in un periodo di tempo relativamente breve, ovvero di uno o due anni. Successivamente, è probabile che SARS-CoV-2 sarà presente per sempre nella popolazione umana».
Alla gente piace pensare che «gli altri coronavirus erano terribili e poi sono diventati lievi», afferma Stanley Perlman, immunologo studioso dei coronavirus all’University of Iowa. «Questo è un approccio ottimista rispetto a quello che sta succedendo ora, ma non abbiamo prove».