In questi giorni si sta parlando della sperimentazione in quattro ospedali della Lombardia dell'uso del plasma dei convalescenti da COVID-19 nelle persone affette dalla malattia. «Inoculando gli anticorpi dei guariti nelle persone malate è come se somministrassimo l'analogo di un vaccino», spiega Giuseppe De Donno, primario del reparto di pneumologia dell'ospedale Carlo Poma di Mantova. I risultati sembrano incoraggianti ma è ancora presto per cantar vittoria perché è la prima volta che viene condotta una sperimentazione rigorosa per verificare se questo trattamento effettivamente funziona. Il plasma convalescente, infatti, è generalmente utilizzato nei momenti in cui una nuova malattia, virus, batteri entrano in scena in assenza di terapie virali per contrastarli. Alcuni studi hanno suggerito che può aiutare a migliorare le condizioni dei pazienti che ancora soffrono di varie malattie, tra cui H1N1 e SARS, ma è la prima volta che si può fare un'analisi sistematica. La comunità medica sta cercando di verificare nel più breve tempo possibile l'effettiva efficacia contro COVID-19, ma "i risultati sono ancora a livello aneddotico, ce ne sono molti positivi ma anche alcuni negativi. Non ci sono ancora risultati robusti frutto di analisi rigorose da poter condividere al momento", commentano il dott. Erin Goodhue, direttore medico esecutivo della Croce Rossa americana, e il dott. Jeffrey Jhang, direttore medico dei laboratori clinici e servizi di trasfusione per il sistema sanitario del Mount Sinai Health System a New York. Probabilmente ci vorranno mesi prima di una risposta definitiva, hanno detto gli esperti. [Leggi l'articolo sul New York Times]