"Lo tsunami della Lombardia - riflette il virologo dell'Università di Milano Fabrizio Pregliasco - non ha consentito in quest'area un'azione preventiva, che invece è stata possibile ed efficace in altre aree del Paese. E ce lo dicono i numeri. Il problema è che ora vediamo il 'paradosso della prevenzione': dove l'ondata non è arrivata, proprio grazie alle misure adottate, si tende a mettere in dubbio l'utilità delle misure stesse. Un paradosso analogo a quello dei vaccini: hanno sconfitto le malattie e cancellato anche il ricordo del pericolo, così si è finito per metterne in dubbio l'utilità. Quanto ai dati, bisogna capire il grado di sottostima anche di quelli cinesi", conclude il virologo. "Il virus non ci ha lasciati. Non siamo ancora alla fine dell'epidemia e non dobbiamo abbassare la guardia". Il 'paradosso della prevenzione' è un rischio a cui hanno fatto riferimento altri esperti nelle ultime settimane. Christian Drosten, direttore dell'Istituto di Virologia presso il Charité Hospital di Berlino, esperto di riferimento del governo tedesco per la gestione della crisi sanitaria, ne ha parlato in un'intervista al Guardian: "In questo momento la metà dei posti letto in terapia intensiva in Germania sono liberi. Questo si deve al fatto che abbiamo iniziato a diagnosticare la malattia molto presto e su grande scala, e così facendo abbiamo bloccato l'epidemia, abbiamo cioè portato il numero di riproduzione 'R' (la maniera in cui si misura la velocità di diffusione del virus) al di sotto del valore 1. Adesso è iniziato quello che io chiamo il 'paradosso della prevenzione'. C'è chi dice che abbiamo reagito in maniera esagerata ed esiste una pressione politica ed economica per tornare alla normalità. Ho paura che il numero di riproduzione possa crescere nuovamente e portarci verso una seconda ondata dell'epidemia", spiega Drosten. "In Germania le persone vedono che gli ospedali non sono sotto stress e non capiscono come mai i loro negozi hanno dovuto chiudere. Osservano solamente quello che succede qui da noi e non la situazione, per esempio, a New York o in Spagna. È questo il 'paradosso della prevenzione'". È ciò che accadde anche dopo la pandemia influenzale del 2009 di H1N1, nota come 'influenza suina'. La nuova influenza fu scoperta in Messico a marzo del 2009 e a giugno, quando l'Organizzazione Mondiale della Sanità dichiarò la pandemia, c'erano più di 28 mila casi in 74 paesi. Durante l'anno successivo l'OMS coordinò a livello mondiale la risposta alla malattia e il 10 agosto del 2010 fu dichiarata la fine della pandemia. I morti confermati furono 18.500 in tutto il mondo, molti meno rispetto a quelli previsti prima che il pianeta adottasse le misure di prevenzione consigliate dalla OMS. Da quel momento in poi l'Organizzazione Mondiale della Sanità si ritrovò al centro di una campagna di accuse da parte di media e politici europei, che incolpavano l'OMS di aver esagerato l'allarme, provocando così danni enormi all'economia.
Immagine via @gdinwiddie