Forse dovremo convivere ancora a lungo con il nuovo coronavirus. O almeno questo sembrano suggerire i tanti studi fatti in tutto il mondo che stanno cercando di quantificare il numero di persone che hanno contratto il virus. I conteggi ufficiali con grande probabilità sottostimano le reali dimensioni del contagio, ma i test che stanno cercando di verificare la presenza o meno di anticorpi contro COVID-19 negli organismi delle persone stanno mostrando che siamo ancora lontani dalla soglia che consente di parlare di immunità di gregge. La cosiddetta immunità da gregge si verifica quando una percentuale abbastanza grande di una popolazione (tra il 70 e il 90%, ma dipende dai patogeni) diventa immune da un virus, sia attraverso il contagio che la vaccinazione, prevenendo così un'ulteriore diffusione in tutto la comunità. Anche in alcune delle città più colpite al mondo, gli studi suggeriscono che la stragrande maggioranza delle persone resta ancora vulnerabile al virus. In alcuni paesi che non hanno attuato il lockdown, come la Svezia o, per un brevissimo periodo, il Regno Unito, rispettivamente non più del 7 e 17% della popolazione è risultata positiva al test sugli anticorpi. A New York, la città più colpita dal coronavirus negli Stati Uniti, all'inizio di maggio circa il 20% dei residenti era stato infettato da virus, almeno stando a quanto rilevato da un sondaggio rilasciato dall'ufficio del governatore, svolto negli alimentari e nei centri ricreativi. In Cina, uno studio in un singolo ospedale nella città di Wuhan, primo epicentro della pandemia, ha scoperto che circa il 10% delle persone che cercavano di tornare al lavoro era stato infettato.
Inoltre, i test sierologici sono ancora non del tutto affidabili, consentono più di rilevare la presenza di asintomatici e mappare la diffusione del contagio che di stabilire se andiamo verso un'immunità di gregge. Non ci sono ancora conoscenze solide che consentono di stabilire con certezza se sviluppiamo un'immunità duratura al nuovo coronavirus. In più, spiega Carl Bergstrom, professore di Biologia all'Università di Washington, la soglia di immunità può variare da un luogo all'altro a seconda della densità e dell'interazione sociale. Infine, senza un vaccino, la marcia verso l'immunità di gregge significherà ancora tanti contagi e, purtroppo, tanti morti, scrivono Nadja Popovich and Margot Sanger-Katz sul New York Times. Se la soglia è il 60% e se gli studi sono corretti, vuol dire che New York è solo a un terzo del suo cammino e ha già contato 18.000 morti, 250 persone decedute ogni 100.000 abitanti. Chi è disposto a fare la stessa esperienza di New York, si chiedono le due giornaliste?
Infine, lasciano il tempo che trovano anche i paragoni con l'influenza. COVID-19 è una malattia nuova di zecca. Prima di quest'anno, nessuno al mondo le era immune. Questo significa che, se anche i tassi di letalità con l'influenza fossero identici, avrebbe un potenziale per uccidere molte più persone. "Non ci sono 328 milioni di americani, sensibili all'influenza, ogni autunno, all'inizio della stagione influenzale", spiega Andrew Noymer, professore associato di Salute pubblica all'Università della California, Irvine. "Ma ci sono 328 milioni di americani che erano sensibili a COVID-19 quando tutto questo è iniziato". [Leggi l'articolo sul New York Times]