Su Il Messaggero, Enrico Bucci – Ph.D. in Biochimica e Biologia molecolare e professore aggiunto alla Temple University di Philadelphia, negli Stati Uniti – è stato intervistato sull'attuale stadio di diffusione dell'epidemia nel mondo e sulle misure che i diversi governi stanno adottando. Più del virus, spiega Bucci, temo l'impreparazione e la sottovalutazione. Per due motivi. Innanzitutto, perché si sta facendo strada la percezione che il pericolo sia passato per cui non si presta attenzione a quanto il sistema sia effettivamente preparato a sostenere una nuova ondata: «Io sono preoccupato dalla mancanza di preparazione reale del sistema che serve per impedire che un'eventuale ripresa epidemica vada nuovamente fuori controllo. Ancora oggi, si fatica ad ottenere tamponi, si fatica ad ottenere numeri che significhino qualcosa, si fatica ad ottenere l'adesione alle misure minime per il contenimento, e per finire si sostiene azzardatamente che il virus non esista più, che non infetti più, che non causi più malattia grave. Il pericolo reale, più del virus, è l'impreparazione e la sottovalutazione. Ad un eventuale incendio ci si prepara comunque per bene, anche se questo non dovesse poi verificarsi: è la cultura della prevenzione, che continua a mancare, e che non ci ha permesso di apprendere la lezione della Sars, impedendo i guai poi realizzati dal Sars-CoV-2 (come invece avvenuto in Corea del Sud)». E poi, spiega Bucci, l'epidemia si sta diffondendo in modo non sincrono in tutto il mondo per cui nessun paese può dire di esserne effettivamente uscito se altri invece sono in pieno contagio: «Molti paesi - come Perù, Cile e Brasile, ma non solo - sono in questo momento duramente colpiti o vedono pericolosamente aumentare i contagi. Alcuni Stati Usa, fra cui soprattutto Texas, Arizona e Florida, paesi come la Russia, e più ancora l'Ucraina, mantengono estesi serbatoi del virus, in aggiunta a quelli latinoamericani. Altri paesi vedono riaccendersi focolai, dopo aver virtualmente azzerato il virus (Nuova Zelanda, ma anche dei nuovi focolai di Berlino, Cina, Corea). Questa situazione testimonia dell'ampia circolazione del virus a livello globale, che, in un mondo iperconnesso e globalizzato, significa essere esposti al continuo rischio di reingresso anche per paesi come l'Italia, che oggi vedono una generale ritirata del virus rispetto a marzo-aprile. Questo rischio sanitario è ben riassunto dal concetto di Global Health dell'OMS: in un mondo come il nostro, non esiste epidemia che non ci riguardi». [Leggi l'intervista su Il Messaggero]