Il sito MIT Technology Review ha lanciato un progetto partecipativo per censire tutte le app di contact tracing che sono state lanciate per seguire i movimenti dei cittadini durante la pandemia. A volte queste app sono molto semplici e a uso volontario, in altri casi si tratta di strumenti invasivi senza alcun riguardo per la privacy di chi le usa. Il sistema cinese per esempio utilizza l'identità dei cittadini, la loro posizione e persino i loro dati bancari per controllare che vengano rispettate le regole della quarantena. Alcune app sono sviluppate da piccoli gruppi di programmatori, mentre altre da grandi imprese internazionali, come nel caso del progetto di Apple e Google che stanno costruendo un sistema che avviserà le persone di una potenziale esposizione al contagio. Molte di queste soluzioni sono già attive, mentre altre sono ancora in fase di progettazione. Come abbiamo visto, si tratta di app molto diverse tra loro, che tirano in ballo non solo problemi di tipo tecnologico, ma anche etico. Su Valigia Blu abbiamo affrontato in diverse occasioni l'argomento. Ed è proprio con l'obiettivo di studiare le implicazioni sociali di questi sistemi di tracking, che il sito MIT Technology Review sta creando un database internazionale di tutte le app di contact tracing. Finora ne ha documentato 25, alcune già realizzate, altre in via di sviluppo, tra cui l'italiana 'Immuni'. Per ognuna di queste è precisato se si tratta di un sistema a partecipazione volontaria; se esistono dei limiti chiari nell'uso che può essere fatto dei dati raccolti; se questi dati saranno distrutti dopo un periodo di tempo determinato; se l'app raccoglie solo i dati di cui ha bisogno per svolgere le proprie funzioni; se si tratta di un progetto trasparente. La app ‘Immuni’, che non è stata ancora lanciata, sembra soddisfare la maggior parte dei requisiti del MIT, tranne quello sulla distruzione dei dati. [Leggi l'articolo sul sito MIT Technology Review]