Zhong Nanshan, responsabile sanitario e volto pubblico della lotta cinese contro il COVID-19, avverte che la Cina è ancora esposta al rischio di nuove ondate di contagio. Il dottor Zhong, uno dei più importanti epidemiologi cinesi, è conosciuto nel suo paese come "l'eroe della SARS" per il ruolo avuto nel 2003 nella lotta contro l'epidemia della sindrome respiratoria acuta grave.
Il 20 gennaio scorso fu Zhong ad annunciare in diretta televisiva che il SARS-CoV-2 poteva trasmettersi tra persone, dopo che per settimane le autorità locali di Wuhan avevano cercato di nascondere la gravità della situazione. Zhong si era recato personalmente nella città il 18 gennaio, racconta in un'intervista esclusiva alla CNN, e dopo il suo arrivo ricevette diverse segnalazioni da medici e ex alunni che lo avvisavano che la situazione era molto peggiore rispetto a quanto riportato dalle informazioni ufficiali. "Le autorità locali non volevano dire la verità in quel momento", conferma Zhong, che racconta di aver iniziato a dubitare dei dati ufficiali vedendo il numero dei contagiati fermo a 41 mentre all'estero apparivano i primi casi. "Non credevo a quelle cifre, per questo continuai a chiedere alle autorità il numero reale". Due giorni dopo a Pechino, il 20 gennaio, gli dissero che il totale dei casi riscontrati a Wuhan era 198, con 3 decessi e 13 contagiati tra il personale sanitario. [Di Zhong e del suo ruolo nella comprensione di ciò che stava accadendo a Wuhan ne abbiamo parlato anche in questo nostro approfondimento: Zhong accuserà pubblicamente il potente sindaco di Wuhan, Zhou Xianwang, di essere un bugiardo].
Quello stesso giorno, in una riunione con esponenti del governo tra cui il primo ministro, Zhong propose di chiudere la città di Wuhan per contenere la diffusione del virus. Era una misura senza precedenti, ma fortunatamente il governo decise di seguire quel consiglio e il 23 gennaio vennero cancellati tutti i voli, i treni, i bus e bloccate le principali strade che permettevano l'accesso alla città. Il 27 gennaio, intervistato dalla tv nazionale, il sindaco di Wuhan, Zhou Xianwang, ha ammesso di non aver rivelato correttamente le informazioni sul coronavirus: "come governo locale, possiamo rivelare tali informazioni solo dopo essere stati autorizzati". Il lockdown totale di Wuhan è durato 76 giorni.
Sebbene Zhong riconosca apertamente il tentativo da parte delle autorità di nascondere in un primo momento i dati reali sull'epidemia, è convinto che a partire dal 23 gennaio i numeri siano corretti. La Cina, secondo il dottore, ha imparato la lezione dalla SARS, 17 anni fa, quando il governo cercò di nascondere l'epidemia per mesi.
Uno dei casi di repressione della verità di cui si è discusso molto negli ultimi mesi è quello del dottor Li Wenliang, 34 anni, punito dalle autorità per aver cercato di dare l'allarme sul nuovo coronavirus. Li aveva avvisato i suoi colleghi sui social a fine dicembre, mettendoli in guardia sul "misterioso virus", ed era stato arrestato il 3 gennaio con l'accusa di "diffondere notizie false". Fu obbligato a firmare un documento delle autorità nel quale ammetteva di aver infranto la legge e causato gravi disordini sociali. La sua morte per COVID-19, il 6 febbraio, ha provocato indignazione nell'opinione pubblica e ha dato inizio a una protesta online contro il governo. "Vogliamo libertà di parola", è stato trending topic su uno dei social network più usati in Cina, Weibo, prima di essere cancellato. "Il governo di Wuhan deve delle scuse al dottor Li Wenliang", altro trending topic che è stato censurato dopo poche ore. Il governo, in seguito alle incessanti proteste online, ha ammesso di aver commesso un'ingiustizia, ha offerto alla famiglia delle "scuse solenni" e ha riabilitato la figura di Li, liberandolo da ogni capo d'accusa. Li Wenliang è diventato così un simbolo delle ingiustizie perpetrate dal governo cinese per mantenere il controllo delle informazioni.
In attesa di un vaccino - l'unico strumento che permetterebbe di creare un'immunità di gregge tra la popolazione - il dottor Zhong ricorda che non è il caso di compiacersi: dopo due mesi e mezzo di lockdown il governo è riuscito a contenere il virus e la vita sta lentamente tornando alla normalità a Wuhan, però sono emersi nuovi casi di coronavirus in tutta la Cina nelle ultime settimane, a Wuahn e nelle province del nord-est Heilongjiang e Jilin. Lunedì 18 maggio è stato attivato un lockdown nella città di Shulan (nella provincia di Jilin), con restrizioni simili a quelle applicate a Wuhan e il conseguente isolamento di 700 mila persone. "La maggior parte della popolazione cinese è ancora esposta al rischio di contagio. Stiamo affrontando una grande sfida", spiega Zhong, che sottolinea che la situazione nella quale si trova la Cina non è migliore di quella di altri paesi che stanno lottando con la pandemia. Tre possibili vaccini sono in fase di sperimentazione in Cina in questo momento, ma una soluzione potrebbe essere ancora molto distante. Lunedì intanto la Cina ha annunciato che se dovesse trovare un vaccino ne farebbe “un bene pubblico mondiale”. [Leggi l'articolo sul sito della CNN]