Questa settimana il Brasile è diventato il secondo paese per numero di contagi da nuovo coronavirus dopo gli Stati Uniti, con oltre 391mila casi accertati. I morti, stando a quanto dichiarato ieri dal ministro della Salute, sono più di 24.000, con un aumento di oltre mille casi in 24 ore. Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, l'America Latina è diventata il nuovo epicentro della pandemia di coronavirus. Il presidente Jair Bolsonaro, però, sembra essere preoccupato più dall’aspetto economico che da quello sanitario. Dopo aver definito COVID-19 solo una “piccola influenza”, infatti, ha esortato le imprese a ripartire, sebbene molti governatori abbiano reiterato le misure di distanziamento sociale per rallentare la diffusione del virus. Dieci giorni fa, il ministro della Salute Nelson Teich si è dimesso per divergenze con Bolsonaro proprio sulla gestione dell'emergenza sanitaria. Teich si era insediato da appena un mese, dopo aver preso il posto di Luiz Henrique Mandetta, che il presidente aveva rimosso dal suo incarico per lo stesso motivo. Il sistema sanitario pubblico brasiliano era già in difficoltà prima della pandemia e gli ospedali in alcune delle città principali sono ora sul punto di essere completamente travolti, mentre la mancanza di attrezzature e protezioni adeguate mette a rischio la salute degli operatori. Finora, hanno perso la vita più di 116 infermieri e infermiere. A San Paolo, la più grande città del paese e anche quella con maggiori contagi, il picco dell’epidemia deve ancora arrivare, ma gli ospedali faticano a far fronte alla situazione. La settimana scorsa il sindaco Bruno Covas ha detto che il sistema sanitario sarebbe potuto collassare in 15 giorni. All’istituto per le malattie infettive Emilio Ribas, l’ospedale attrezzato meglio della città, c’è penuria di posti letto, mentre medici e altri operatori sanitari sono stati contagiati, alcuni sono intubati, altri sono morti. Jacques Sztajnbok, medico dell’unità di terapia intensiva, ha raccontato alla CNN che il reparto è già al completo e di essere preoccupato la sua salute. Quello che sta succedendo, ha aggiunto, “è la cosa peggiore che abbiamo mai visto nelle nostre vite personali”. La situazione di San Paolo è un preludio di quello che potrebbe succedere in Brasile nelle prossime settimane. La città è la più ricca del paese, e il governatore dello Stato Joao Doria ha insistito sul lockdown e sull’obbligo di indossare le mascherine. Nonostante questo, il numero di morti è intorno ai 6mila, e i casi confermati sono 83mila. Doria ha spiegato che il comportamento negazionista del presidente Bolsonaro, contrario alle misure preventive e ai messaggi dei governatori delle aree più colpite del paese, è "sbagliato. Lui è contro l'isolamento sociale, è contro gli orientamenti della scienza". Il virus si sta diffondendo velocemente tra le frange più vulnerabili, e in particolare nelle favelas, dove il distanziamento sociale è praticamente impossibile e molte persone sono costrette a continuare a lavorare fuori da casa per sopravvivere. In queste zone moltissimi casi restano sommersi. Renata Alves operatrice sanitaria volontaria con l’associazione G10 Favela che opera a Paraisopolis, uno dei quartieri più colpiti di San Paolo, ha detto di essere autorizzata a proporre di fare il tampone per il COVID-19 solo a chi presenta tre sintomi. "Molti tamponi vengono fatti quando la malattia è già in stato molto avanzato". Nel quartiere, una scuola ora deserta è stata trasformata in un centro dove ospitare le persone in isolamento. Nel distretto di Vila Formosa, al cimitero ci sono file di nuove tombe vuote.