Nelle ultime settimane, diversi media avrebbero diffuso la notizia che il particolato atmosferico (PM) sarebbe in grado di potenziare la diffusione e il contagio di Sars-CoV-2, ma le cose non stanno esattamente così. La SIA (Società Italiana di Aerosol), ARPAV (Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto) e i ricercatori dell’IFC-CNR (Istituto di Fisiologia Clinica del Consiglio Nazionale delle Ricerche) hanno recentemente dichiarato che gli effetti del PM sulla diffusione del virus risultano oggi privi di evidenza scientifica. Al contrario, come recentemente evidenziato da un articolo su Environmental Pollution e da un’analisi pubblicata sul repository di Epidemiologia e Prevenzione, le alte concentrazioni di PM e inquinanti nell’aria sono in grado sia di pesare sull’incidenza e la prognosi delle patologie respiratorie, che di aumentare la probabilità di decesso dei pazienti. Si parla di PM2.5 e PM10 (con diametro medio ≤2.5 μm e ≤10 μm rispettivamente), ma anche di diossidi di azoto (NO2) e di altri inquinanti, di cui il bacino padano è purtroppo ricco, tanto da far posizionare l’Italia al primo posto in Europa per decessi da NO2 e al secondo per PM2.5. [Leggi l'articolo su Rivista Micron]