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Antisemitismo, odio e intolleranza sono in crescita in tutta Europa

11 Giugno 2019 13 min lettura

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Antisemitismo, odio e intolleranza sono in crescita in tutta Europa

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«Sconsiglio agli ebrei tedeschi di indossare sempre e ovunque la kippah in Germania». Con questo avvertimento, Felix Klein, l’incaricato del governo federale tedesco per la lotta all’antisemitismo, ha voluto sottolineare, lo scorso 25 maggio, come per gli ebrei la Germania stia diventando un paese sempre meno ospitale, denunciando «l’imbarbarimento della società e la caduta delle inibizioni sociali».

Secondo i dati diffusi a metà maggio dal ministro degli Interni tedesco, Horst Seehofer, e dal capo dell’ufficio federale di polizia criminale, i reati antisemiti sono aumentati del 20% nell’ultimo anno. Si va dalle aggressioni alle minacce, dall’uso di simboli nazisti ad atti vandalici su monumenti e lapidi fino a discorsi di incitamento all’odio nei confronti degli ebrei su Internet.

A destare preoccupazione, ha spiegato il ministro degli Interni, è che l’incremento degli attacchi contro gli ebrei si è registrato in un contesto in cui i reati di matrice politica sono in calo dopo il picco del 2016. Particolare ancora più inquietante, spiega il rapporto, è la matrice di estrema destra di circa il 90% degli attacchi.

Lo scorso agosto, ad esempio, durante la manifestazione di estrema destra a Chemnitz, nella Germania centro-orientale, molti degli slogan – e gran parte delle violenze e delle intimidazioni che ne seguironofurono rivolti contro gli immigrati, provenienti dal Medio Oriente, e gli ebrei. Durante il corteo, circa 10 uomini col volto coperto scagliarono bottiglie, pietre e barre di metallo contro l’unico ristorante kosher della città. «Quello che più mi fa arrabbiare di quella notte è che per la prima volta ho avuto paura», racconta al New York Times Uwe Dziuballa, 53enne proprietario del ristorante. «Non mi ero mai preoccupato di uscire con questa», dice indicando la kippah.

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La marcia di destra a Chemnitz – via New York Times

Sempre l’anno scorso, un arabo-israeliano era stato attaccato da un adolescente siriano nel quartiere Prenzlauer Berg di Berlino perché indossava la kippah. Pochi giorni dopo, in segno di solidarietà fu organizzata una campagna dal titolo “Berlino indossa la kippah”, alla quale partecipò anche il sindaco di Berlino, Michael Müller, che definì il copricapo un simbolo di tolleranza, anche se molti ebrei, residenti in città, affermarono all’epoca di nascondere da anni i loro zucchetti sotto berretti da baseball.

Secondo il rapporto i reati antisemiti sono passati dai 1504 nel 2017 a 1799 nel 2018, mentre quelli contro gli stranieri in generale sono passati da 6434 a 7701. “Nessuno dovrebbe chiudere gli occhi su questo ulteriore incremento di atti antisemiti", ha detto in una nota Josef Schuster, a capo del Consiglio centrale degli ebrei della Germania. "I cittadini di questo paese, ma soprattutto i leader politici, non devono accettare che gli ebrei siano nuovamente esposti a una minaccia 74 anni dopo la Shoah" in un momento in cui la comunità ebraica tedesca è in costante aumento, con circa 200mila ebrei che si stima si siano trasferiti dopo il crollo dell’Unione Sovietica, e oltre 100mila persone che frequentano centri, istituti e luoghi di culto ebraici.

«Abbiamo sempre avuto un certo numero di antisemiti», ha commentato la cancelliera tedesca Angela Merkel, in un’intervista alla CNN. «Sfortunatamente, a tutt'oggi, non esiste in Germania una sola sinagoga o scuola materna per bambini ebrei che possa fare a meno della sorveglianza della polizia. Purtroppo non siamo riusciti a estirpare questi mali».

Merkel ha poi aggiunto, ricordando che l'antisemitismo è un problema in Germania e il paese ha una responsabilità storica per far fronte alla crescente minaccia del populismo di estrema destra sia in patria che all'estero: «Dobbiamo far fronte agli spettri del passato: dire ai giovani quali sono stati gli orrori della guerra per noi e gli altri, spiegare perché siamo a favore della democrazia, perché combattere l'intolleranza e non tollerare le violazioni dei diritti umani, e perché l'articolo uno delle nostre leggi - l'inviolabilità della dignità umana - è fondamentale per noi. Occorre insegnare queste cose a ogni nuova generazione. È diventato più difficile, ma proprio per questo dobbiamo rinnovare il nostro impegno».

Negli stessi giorni, a Vienna, le foto dei sopravvissuti alla Shoah esposte nella mostra "Gegen das Vergesser" ("Contro la dimenticanza") del fotografo italo-tedesco Luigi Toscano sono state oltraggiate più volte, con strappi e svastiche. "I sopravvissuti si sono fidati di me quando ho scattato le foto e ora le loro immagini sono state deturpate", ha commentato il fotografo.

Il 28 maggio l’Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, Marta Hurtado, ha condannato gli atti vandalici alla mostra ed espresso preoccupazione per "l'aumento dei casi di antisemitismo che si sono verificati in diversi paesi europei e negli Stati Uniti". Per questo motivo l’Alto Commissario ha invitato “tutti i governi a raddoppiare gli sforzi per combattere il razzismo e l'intolleranza correlata in tutte le sue forme”.

L'antisemitismo è in crescita in tutta Europa

L’antisemitismo non è un problema solo di Germania e Austria. Nell’ultimo anno diverse indagini e ricerche hanno mostrato come il fenomeno sia in crescita in tutti i paesi occidentali, come sottolineato anche dal duro comunicato dell’Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite.

A febbraio 2019, il ministro degli Interni francese, Christophe Castaner ha dichiarato che «l’antisemitismo si sta diffondendo come il veleno» commentando l’incremento di casi, saliti del 74% in un anno, dai 311 del 2017 ai 541 del 2018.

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via Guardian

In pochi giorni erano state disegnate delle svastiche su alcune caselle postali di Parigi sulle quali era ritratto il volto della sopravvissuta all’olocausto e prima presidente del Parlamento europeo, Simone Veil, e scritta la parola “giudeo” sulla vetrina di un ristorante della catena Bagelstein nel cuore della capitale francese. Il delegato interministeriale alla lotta al razzismo, l’antisemitismo e l’odio anti-LGBT, Frédéric Potier, aveva definito nauseanti le scritte contro gli ebrei.

Per il presidente francese, Emmanuel Macron, l’escalation di atti vandalici contro gli ebrei è "inaccettabile" e, rivolto ai ministri, ha detto che l'antisemitismo in Francia era "un ripudio della Repubblica e dei suoi valori". Ma il fenomeno non si è arrestato. A fine marzo era stata uccisa Mireille Knoll, 85 anni, superstite ai rastrellamenti della Shoah nel luglio 1942, ritrovata morta semicarbonizzata nel suo appartamento a Parigi e con 12 ferite da coltello sul suo corpo. Più di recente, il 24 maggio a Bordeaux, tre studenti in stato di ebbrezza hanno profanato un cimitero ebraico. E per quanto, secondo gli inquirenti, non è detto che si tratti di un attacco antisemita, la comunità ebraica si è detta "scioccata" e ha invitato a definire l'atto una "vandalizzazione" e non una "profanazione".

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Omaggio funebre per Mireille Knoll in Francia

Ma gli attacchi antisemiti non si fermano alla Francia e alla Germania. Nel Regno Unito, secondo i dati raccolti dall'ONG Community Security Trust ci sono stati 1652 episodi di antisemitismo nel 2018 (tra cui 123 casi di violenza), il 16% in più rispetto al 2017, il dato più alto mai registrato dal 1984. Tra gli episodi citati nel rapporto: "un uomo colpito da del cibo lanciato da un'automobile mentre stava andando verso una sinagoga, una donna sputata in faccia su un autobus, una panetteria ebraica vandalizzata con graffiti antisemiti, la porta di vetro di una sinagoga frantumata da un mattone".

Secondo uno studio del Kantor Center for the Study of Contemporary European Jewry dell’Università di Tel Aviv, gli attacchi antisemiti in tutto il mondo sono aumentati del 13% nel 2018 rispetto al 2017, con il più alto numero di episodi in Occidente. Nell’ultimo anno ci sono stati 387 attacchi antisemiti, in particolare in Europa occidentale e negli Stati Uniti, dove ci sono stati gli atti più sanguinosi, come alla sinagoga “Tree of Life” di Pittsburgh, lo scorso ottobre, quando sono state uccise 11 persone, o nel sud della California, lo scorso aprile, quando è stata uccisa una donna e altre 3 fedeli sono rimasti feriti.

L'aumento dei reati antisemiti porta alla percezione di maggiore insicurezza. Secondo un’indagine dell’agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali condotta nei 12 paesi che ospitano il 96% degli ebrei europei (Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Ungheria, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Spagna, Svezia e Regno Unito), 9 ebrei su 10 ritengono che i fenomeni di antisemitismo sono aumentati negli ultimi 5 anni.

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via BBC

Per l’89% degli 16300 intervistati Internet e i social network costituiscono lo spazio dove sono più frequenti e violenti gli attacchi antisemiti. L'80% ha dichiarato che gran parte dei commenti offensivi viene fatta sui social, il 56% ha indicato i media in generale, oltre Internet, e poi a seguire ci sono gli eventi politici, gli incontri nei luoghi pubblici, eventi culturali e accademici. 

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via BBC

Il 28% degli intervistati ha affermato di aver subito qualche forma di insulto o minaccia in quanto ebreo negli ultimi 12 mesi, il 2% di essere stato attaccato fisicamente, il 38% ha pensato di emigrare negli ultimi cinque anni per timori sulla sicurezza personale. La Francia è il paese dove il fenomeno è percepito in modo più problematico: per il 93% delle persone contattate l'antisemitismo è un problema "grande o abbastanza grande". In Germania, Belgio, Polonia e Svezia (il paese dove c'è stato l'incremento maggiore della percezione di insicurezza per gli ebrei), 8 intervistati su 10 hanno definito gli attacchi antisemiti una questione seria da prendere in considerazione.

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via BBC

In particolare, il rapporto segnala che:

1. I discorsi, gli stereotipi e le narrazioni antisemite sono sempre più pervasivi nella sfera pubblica. Alcuni Stati membri hanno nominato figure per contrastare l'antisemitismo, altri hanno adottato una definizione non legalmente vincolante di antisemitismo – concordata a maggio 2016 dall'International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA) e accolta favorevolmente dalla Commissione europea – volta a prevenire e combattere l'antisemitismo.

2. Molti ebrei in tutta l'Unione europea sono costretti a temere per la propria incolumità, dei propri familiari e delle persone care perché rischiano di diventare bersagli di molestie e attacchi.

3. Gli attacchi antisemiti sono diventati così frequenti da essere stati normalizzati. La normalizzazione dell'antisemitismo è evidenziata anche dall'ampia gamma di perpetratori che abbraccia l'intero spettro sociale e politico.

4. Le discriminazioni antisemite spesso restano invisibili e il bassissimo tasso di segnalazione di casi di antisemitismo, insieme alla normalizzazione degli attacchi, fa sì che le autorità competenti non riescano ad avere la percezione esatta della reale portata del fenomeno.

I quattro punti evidenziati dall’agenzia dell’Ue per i diritti fondamentali sono ancora più significativi se raffrontati con quanto emerso da un sondaggio della CNN, secondo il quale più del 20% delle 7mila persone intervistate in 7 paesi ritiene che gli ebrei abbiano troppa influenza in finanza e politica e quasi un terzo pensa che sfruttino l’Olocausto per giustificare le politiche di Israele e che la commemorazione della Shoah sia un modo per distrarre l’attenzione dell’opinione pubblica dalle atrocità odierne. Inoltre, un quinto degli intervistati ha risposto di non aver mai sentito parlare della persecuzione, delle deportazioni e dello sterminio degli ebrei.

Le cause del "nuovo" antisemitismo

Secondo il rapporto del Centro Kantor dell’Università di Tel Aviv, l’incremento degli attacchi contro gli ebrei sono le prove che l’antisemitismo sta diventando sempre più mainstream. E questo perché le retoriche antisemite trovano terreno fertile in diversi settori della politica: tra gli attivisti di estrema destra, tra gli islamisti, tra i gruppi antisionisti di estrema sinistra. Gli ebrei finirebbero per fare da catalizzatori delle paure legate all’immigrazione di massa e alle difficoltà economiche, e del dissenso verso le politiche di Israele nei confronti dei palestinesi.

“Questioni che, a prima vista, non hanno nulla a che fare con gli ebrei – la crisi migratoria o un movimento di protesta scatenato dai prezzi dei carburanti – improvvisamente diventano qualcosa di cui sono ritenuti responsabili”, commenta su Politico William Echikson, direttore dello European Union of Progressive Judaism Brussels office e professore associato al Centro per gli Studi di Politica Europea.

Come ha affermato la rabbina francese Delphine Horvilleur, che ha recentemente pubblicato un libro sulla questione, «l'antisemitismo non è mai un odio isolato ma il primo sintomo di un collasso in arrivo. L'antisemitismo è la feritoia di una falla in realtà più ampia, ma è raramente interpretato come un precursore quando colpisce. Questa piaga non riguarda solo gli ebrei, riguarda l'intera società».

Dietro l’aumento degli attacchi contro gli ebrei sembra esserci una combinazione di fattori, spiega Jon Henley sul Guardian: la crescente influenza dei gruppi e dei governi di estrema destra; la pervasività delle teorie cospirazioniste su un presunto complotto sionista globale; un discorso pubblico sempre più violento e polarizzante.

Se negli ultimi venti anni, gli attacchi antisemiti in Europa seguivano l’andamento delle tensioni in Medio Oriente e del conflitto israelo-palestinese, per cui «piuttosto che attaccare gli israeliani, la gente attaccava gli ebrei», dice al Guardian Marc Knobel, storico del Consiglio rappresentativo degli ebrei in Francia, (CRIF), dall’inizio del 2017 sono riemerse le forme più tradizionali e stereotipate di antisemitismo, che si pensavano «quasi scomparse», come il rapporto tra gli ebrei e il denaro, il connivente ebreo finanziatore, il subdolo cospiratore ebreo accusato di aver acquistato influenza politica o di essere un “globalista”, che muove le fila del potere in cerca di arricchimento.

Il concetto di fondo è che gli ebrei sono “altri” che non appartengono alla società europea, aggiunge Echikson. E da questo punto di vista a favorire la diffusione di questi stereotipi sarebbero sia la destra che la sinistra.

Nell'ex blocco comunista, i partiti nazionalisti di destra – come ad esempio Fidesz, guidato dal primo ministro ungherese Viktor Orbán – hanno condotto campagne contro i migranti e il magnate George Soros, finanziere ebreo nato in Ungheria, ai quali “il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha fatto persino da eco, giustificando la sua vicinanza ai leader in Polonia e Ungheria come un modo per controbilanciare gli Stati occidentali più favorevoli alla Palestina”.

Nell’Europa occidentale, prosegue Echikson, la sponda all’antisemitismo arriverebbe anche dai partiti di sinistra oltre che dai gruppi di estrema destra come AFD in Germania. È questo il caso, nel Regno Unito, della guida del Partito Laburista da parte di Jeremy Corbyn, le cui posizioni sono state definite dal rapporto del Centro Kantor “fortemente antisemite, mascherate da antisionismo”:

Di recente, i Laburisti sono stati sottoposti a un’indagine formale da parte della Commissione per l’uguaglianza e i diritti umani per appurare se“il partito abbia discriminato illegalmente o perseguitato dei cittadini perché ebrei”. La Commissione cercherà di determinare se gli iscritti al partito “hanno commesso atti di discriminazione illeciti o non hanno risposto alle denunce di atti illeciti in modo efficiente ed efficace”.

Solo un’altra volta la Commissione aveva preso provvedimenti contro un partito politico quando, nel 2010, ordinò al British National Party di riscrivere il proprio statuto perché il partito aveva vietato l’iscrizione ai neri e alle minoranze etniche.

Una portavoce dei Laburisti ha respinto le accuse affermando che il partito «è pienamente impegnato nel sostegno, nella difesa e nella celebrazione della comunità ebraica ed è contrario a qualsiasi forma di antisemitismo». Ma, secondo Gideon Falter, direttore generale della Campaign Against Antisemitism (CAA), la Commissione ha deciso di avviare l’indagine perché il Partito Laburista ha più volte evitato di affrontare le accuse di antisemitismo e il il leader, Jeremy Corbyn, il segretario generale, Jennie Formby, e il comitato esecutivo nazionale dei Laburisti hanno rifiutato di ascoltare ebrei britannici, parlamentari laburisti, eurodeputati, consiglieri e attivisti che avevano lasciato il partito dopo che era "diventato una casa per la disseminazione dell’odio nella politica britannica".

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L’unica via d’uscita – commenta sul Guardian il sociologo Keith Khan-Harris – è separare antisionismo e antisemitismo, solidarietà politica e solidarietà antirazzista. “L'antirazzismo deve essere incondizionato, assoluto, (...) esplicitamente inteso come lotta per il diritto delle minoranze a perseguire i propri programmi politici, anche se non sono condivisi. L'antirazzismo richiede di essere scrupolosi nel modo in cui si parla o si agisce attorno a chi si può detestare politicamente”.

Questa, conclude Khan-Harris, “è la forma più potente di solidarietà che esista: sostenere il diritto per gli ebrei sionisti di vivere liberi da abusi e attacchi e, allo stesso tempo, battersi per il diritto dei Palestinesi di vivere liberi dall'oppressione. Questa è la soluzione alla crisi dell'antisemitismo del Partito Laburista e vale per tutte le minoranze anche se non ne condividiamo le posizioni politiche”.

Foto in anteprima via Guardian

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