Amnesty International: la polizia israeliana ha preso di mira i palestinesi con arresti di massa, torture e uso illegale della forza
5 min letturaCon una dichiarazione pubblicata alla fine del mese di giugno Amnesty International ha denunciato che durante e dopo l'ultimo conflitto in Israele e a Gaza la polizia israeliana ha commesso una serie di violazioni contro i palestinesi in Israele e nella Gerusalemme Est occupata, conducendo una campagna repressiva discriminatoria attraverso arresti di massa, uso illegale della forza contro manifestanti pacifici, tortura e maltrattamenti dei detenuti.
«Le prove raccolte da Amnesty International delineano un quadro incontrovertibile di discriminazione e un uso spietato della forza da parte della polizia israeliana contro i cittadini palestinesi in Israele e a Gerusalemme Est occupata», ha dichiarato Saleh Higazi, vicedirettore di Amnesty International per il Medio Oriente e l'Africa del Nord.
Since 9 May Israeli police have been carrying out a discriminatory campaign of repression against Palestinians. Israeli authorities must immediately put an end to this pattern of police violence and ensure the rights of all without discrimination. pic.twitter.com/weeO4UgN7O
— Amnesty International (@amnesty) June 25, 2021
«Ci sono sempre periodi in cui la violenza strutturale istituzionalizzata e la discriminazione contro i palestinesi si intensificano, ma questo è il peggiore degli ultimi tempi. C'è un totale disprezzo per la vita dei civili», ha detto Hijazi al Guardian.
«Le manifestazioni continueranno finché i problemi e i motivi per cui le persone insorgono persisteranno. In particolare, gli alleati di Israele devono inviare un messaggio nel quale invitano le autorità a rispettare sia le norme del paese che quelle internazionali per porre fine a queste nuove strategie della polizia e all'ondata di violenza», ha proseguito.
La polizia – sottolinea Hijazi – ha l'obbligo di proteggere tutte le persone che sono sotto il controllo di Israele, indipendentemente se siano ebree o palestinesi, mentre la maggioranza di quelle arrestate durante la repressione della polizia era palestinese. I pochi cittadini ebrei di Israele fermati (30, in base a quanto dichiarato dalla procura di Stato) sono stati trattati con maggiore indulgenza. I suprematisti ebraici, infatti, continuano a organizzare manifestazioni e i palestinesi a subire repressione.
.@amnesty : Israeli Police have an obligation to protect all people w/o discrimination, whether they are Jewish or Palestinian. Instead, the vast majority arrested in the police crackdown following the outbreak of intercommunal violence were Palestinian. https://t.co/SGANSMGwOV
— Avner Gidron (@AvnerGidron) June 24, 2021
I ricercatori di Amnesty sono giunti a questa conclusione dopo aver documentato più di 20 casi di violenza della polizia israeliana avvenuti tra il 9 maggio – quando sono iniziate le proteste contro gli sgomberi forzati dei palestinesi dal quartiere di Sheikh Jarrah di Gerusalemme Est – e il 12 giugno 2021.
Centinaia di palestinesi sono stati feriti nella repressione della polizia durante le manifestazioni per lo più pacifiche nelle città israeliane e a Gerusalemme Est che si sono tenute nelle ultime sei settimane. Una minoranza di dimostranti ha attaccato beni della polizia e lanciato pietre.
Nei pressi di Umm el-Fahem, un ragazzo di 17 anni, Muhammad Mahmoud Kiwan, è stato ucciso a colpi di arma da fuoco mentre si trovava in un'auto nel corso di una manifestazione.
In almeno due episodi ad Haifa e Nazareth, testimonianze e video sottoposti a verifica hanno mostrato che la polizia ha attaccato gruppi di manifestanti disarmati senza essere stata provocata.
Un video mostra un agente di polizia israeliano che spara alla schiena di Jana Kiswani, una ragazza di 15 anni, mentre rientrava nella sua abitazione a Sheikh Jarrah. Suo padre, Muhammad, ha detto ad Amnesty International che le vertebre della ragazza sono state severamente danneggiate e che i medici non sanno se potrà più camminare.
WARNING: GRAPHIC CONTENT – Jana Kiswani, a 16-year-old Palestinian, was entering her home in the East Jerusalem neighborhood of Sheikh Jarrah when an Israeli police officer shot her in the back with a sponge-tipped bullet, her family said https://t.co/RZSWNBGxG7 pic.twitter.com/3Ibnvf8ZBp
— Reuters (@Reuters) June 7, 2021
In un altro video si vede un uomo, Ibrahim Souri, colpito al volto mentre usava il cellulare per filmare la polizia da un balcone a Giaffa.
Secondo i dati forniti da Mossawa – un gruppo palestinese che lavora per i diritti umani – almeno 2.150 persone – il 90% delle quali palestinesi o residenti a Gerusalemme Est – sono state arrestate, la maggior parte per presunti insulti o aggressioni a ufficiali di polizia o per aver preso parte a raduni non autorizzati.
Amnesty ha anche documentato i maltrattamenti e le torture di detenuti che sono stati legati, picchiati e privati del sonno in una stazione di polizia a Nazareth e nel centro di detenzione di Kisho.
Un testimone oculare ha detto di aver visto forze speciali picchiare un gruppo di almeno otto detenuti legati che erano stati arrestati durante una protesta.
L'avvocato di Ziyad Taha, un manifestante detenuto nel centro di detenzione di Kishon, vicino ad Haifa, ha affermato che il suo cliente è stato legato a una sedia ai polsi e alle caviglie e privato del sonno per nove giorni.
Tra gli aspetti più gravi denunciati da Amnesty International la mancata protezione da parte della polizia dei cittadini palestinesi di Israele da attacchi organizzati da gruppi di suprematisti ebraici armati, anche quando erano stati resi noti in anticipo e la polizia ne era a conoscenza o avrebbe dovuto esserne informata.
L'ONG ha esaminato 29 messaggi di testo e vocali circolati su gruppi di Telegram e WhatsApp, rivelando come le app siano state utilizzate per reclutare uomini armati e organizzare attacchi contro i palestinesi in città con popolazione sia ebraica e che araba, come Haifa, Acri, Nazareth e Lod, tra il 10 e 21 maggio.
I messaggi includevano istruzioni su dove e quando riunirsi, tipi di armi da usare e sugli abiti indossati per evitare di confondere gli ebrei di origine mediorientale con gli arabi palestinesi. I membri del gruppo hanno condiviso selfie in posa con pistole e messaggi del tipo “stasera non siamo ebrei, siamo nazisti”.
Il 12 maggio centinaia di suprematisti ebraici si sono riuniti sul lungomare di Bat Yam dopo aver ricevuto messaggi dal partito politico Potere ebraico e da altri gruppi. Le riprese video – sottoposte a verifica – mostrano decine di persone che assaltano negozi di proprietà araba mentre ne incoraggiano a fare altrettanto. Said Musa, un uomo palestinese, è stato picchiato e investito da un motorino. Per questo episodio sei israeliani sono stati incriminati.
This morning in Bat Yam: an ice cream shop that owned by Palestinians that was attacked by Jewish right wing last night pic.twitter.com/NAIii5nAxE
— Oren Ziv (@OrenZiv1985) May 13, 2021
Anche politici e funzionari governativi hanno incitato alla violenza. L'11 maggio sono scoppiati disordini dopo che Itamar Ben-Gvir, rappresentante parlamentare di Potere ebraico, ha incitato i propri sostenitori ad andare a Lod e in altre città e a sparare contro chi lanciava pietre.
Il giorno prima un cittadino palestinese, Musa Hassuna, è stato ucciso da un cittadino ebraico di Israele a Lod. Un video mostra che l'uomo è stato colpito mentre si trovava vicino a un gruppo di palestinesi che lanciavano sassi. Il padre della vittima ha accusato il sindaco della città, Yair Revivo, di essere responsabile del raduno degli estremisti riferendosi a una dichiarazione in cui il sindaco aveva descritto gli eventi a Lod come un pogrom contro gli ebrei. Quattro sospetti sono stati arrestati per l'omicidio ma rilasciati su cauzione tre giorni dopo. Il ministro israeliano della Pubblica Sicurezza, Amir Ohana, ha condannato apertamente gli arresti, definendoli “terribili”.
«Il ripetuto fallimento della polizia israeliana nel proteggere i palestinesi dagli attacchi organizzati da gruppi di suprematisti ebraici armati e la mancanza di responsabilità per tali attacchi è vergognoso e mostra il disprezzo delle autorità per la vita palestinese», ha detto Molly Malekar, direttrice di Amnesty Israele.
«Il fatto che cittadini ebrei di Israele, incluse personalità di spicco, possano incitare apertamente alla violenza contro i palestinesi senza subire conseguenze, evidenzia la portata della discriminazione istituzionalizzata a cui sono sottoposti i palestinesi e l'urgente bisogno di protezione».
Immagine in anteprima: frame video Reuters