I trucchi retorici di Alessandro Orsini, il Mago Oronzo del dibattito televisivo
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Dopo l’inizio dell’invasione su larga scala dell’Ucraina, Alessandro Orsini, sociologo e professore associato alla LUISS, ha guadagnato una notevole rilevanza mediatica. Non che prima non fosse mai andato in televisione: non aveva però guadagnato la popolarità di cui gode oggi. Questa rilevanza non è dovuta tanto a competenze specifiche sulla Russia e l’Ucraina (già oggetto di critiche); è dovuta piuttosto alle notevoli capacità oratorie di Orsini, fin troppo sottovalutate dai suoi detrattori, e alle caratteristiche della tivù italiana, in particolare dei talk show.
Certi stratagemmi che Orsini usa, e che vedremo tra poco, possono funzionare perché chi conduce ne permette l’impiego. Ma, più in generale, funzionano perché la televisione italiana premia i personaggi “controversi”, premia l’intrattenimento e la caciara a scapito dell’informazione. E, parlando di un’invasione dove vengono compiuti innumerevoli crimini, in particolare contro la popolazione civile, ciò implica una responsabilità enorme.
Per quanto riguarda i punti chiave e l’impostazione generale del discorso sulle cause dell'invasione russa, Alessandro Orsini si ispira in larga parte e per sua stessa ammissione alla scuola realista. In particolare all’accademico americano John Mearsheimer, le cui posizioni abbiamo già trattato su Valigia Blu in un articolo tradotto dal sito Russia Matters (dell’Università di Harvard). Qui ci concentreremo sugli stratagemmi retorici impiegati dal professore della LUISS.
Di cosa parliamo in questo articolo:
Stratagemma 1: denunciare un clima di censura
Questo stratagemma è molto in voga in Italia, dove ci si posiziona di solito “contro il pensiero unico”, o si finisce in “liste di proscrizione”: dove si usano espressioni iperboliche prese però alla lettera (e quindi non si esagera per evidenziare un concetto, lo si descrive proprio).
Calarsi nel ruolo del perseguitato solleva dalle responsabilità per ciò che si afferma: non vorrete mica fare le pulci alla vittima di un regime? Oltre a ciò, si ottiene l’effetto di polarizzare e mobilitare il pubblico, dicendo in pratica: o siete dalla mia parte, o contro la libertà di espressione; convenire con me è un atto politico, un atto di ribellione contro il sistema. La vittima, inoltre, ai nostri occhi ha diritto ad attaccare poiché deve difendersi; se nel contrattaccare eccede, ci sembra comunque ragionevole poiché in quell'eccesso manifesta nobili principi, che i suoi avversari non hanno.
Orsini non si discosta da questa tendenza. Lo fa per esempio quando periodicamente su Facebook invita a iscriversi al canale YouTube perché la sua pagina “è soggetta a censura e potrebbe chiudere”. In realtà, per come funzionano le piattaforme e per le policy che adottano, questo rischio esiste anche su YouTube, né si capisce in cosa consisterebbe il rischio censura che sta correndo la pagina.
Naturalmente certo cattivo giornalismo che talvolta - va riconosciuto - ha bersagliato Orsini contribuisce ad alimentare la costruzione vittimista, ricorrendo ad attacchi alla persona, ad allusioni senza prove concrete, alla polemica fine a sé stessa. Casi che, sebbene siano stigmatizzabili, sebbene sia giusto esporli per quel che sono, certo non possono essere usati come dimostrazione che in Italia “non siamo liberi”, o che ci sia il “maccartismo”.
Questo atteggiamento fa carta straccia di quei contesti di cui si va a parlare, come per esempio la Russia, e in generale di paesi dove la libertà di espressione e la libertà accademica sono drammaticamente compromesse. Dove le “falle del sistema” sono costrette di solito a espatriare, ad agire in clandestinità, o a convivere con la paura di subire incarcerazioni arbitrarie, torture, e altri violazioni dei diritti umani.
Per intenderci: se l’Italia fosse in una situazione analoga a Russia o Bielorussia, i siti dei giornali critici col governo non sarebbero raggiungibili senza una connessione VPN, e le redazioni sarebbero costrette a operare dall’estero - come capita per esempio ai giornalisti russi di Meduza, che per motivi di sicurezza sono espatriati in Lettonia. E, ancora, gli Orsini verrebbero arrestati alla prima accusa contro le forze armate, come accaduto al politico russo Ilya Yashin, condannato al carcere per aver denunciato le responsabilità dell’esercito del suo paese nel massacro di Bucha. Questo vittimismo distoglie inoltre l’attenzione da quei giornalisti, attivisti o artisti che nel nostro paese davvero ricevono minacce, vivono sotto scorta o fronteggiano querele temerarie.
Infine, prendiamo quanto è solito dire Orsini sul suo ruolo di voce “fuori dal coro”, e confrontiamolo con quanto lui stesso scrive a proposito della Russia, o di personalità come Anna Politojskava, che sono state silenziate addirittura con l’omicidio. Vediamo che idea di libertà esprime, quando questa non può essere spesa per sé. Orsini in questi casi liquida la libertà di espressione o i diritti civili come qualcosa di subordinato all’ordine naturale, o come “distorsione ideologica dell’Occidente”. Scrive infatti nel libro Ucraina. Critica della politica internazionale:
Le denunce contro Putin di Anna Politkovskaja, assassinata a Mosca il 7 ottobre 2006, hanno giustamente impressionato il pubblico europeo, ma non hanno sconvolto molti russi fuoriusciti dalla bancarotta per una ragione antropologica elementare: l’uomo condivide con gli animali gli stessi bisogni fisici essenziali. Ne consegue che, con le dovute eccezioni, l’uomo comune di tutte le epoche attribuisce più importanza ai problemi materiali che a quelli intellettuali. [...] L’idea che tutti gli uomini comuni abbiano come priorità assoluta la libertà d’informazione è una distorsione ideologica dell’Occidente, che non trova conferma nemmeno nelle stesse società occidentali, come dimostra il consenso che ha accompagnato l’ascesa di Hitler.
Certo, è possibile che un giorno a un Orsini tocchi di affrontare azioni repressive per via delle sue posizioni. Dove esistono autorità esiste il rischio di loro abusi. Ma possiamo essere certi fin da ora che, a differenza di un cittadino russo o bielorusso, in casi del genere un Orsini potrebbe far valere la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che tra le varie libertà fondamentali tutela la libertà di espressione. Potrebbe trovare il sostegno di organizzazioni che difendono i diritti umani e che attualmente non possono operare in Russia. Poiché Orsini è una persona intelligente, possiamo dare per scontato che conosca queste differenze fondamentali tra la Russia e l’Italia, e che quindi scelga consapevolmente di ignorarle.
Stratagemma 2: spavalderia
Cerco di entrare nella mente di Putin per guardare la NATO con gli occhi dei generali russi, proprio come Weber fece con i primi imprenditori calvinisti nel suo L’etica protestante e lo spirito del capitalismo.
Proprio perché nel personaggio che interpreta deve tenere insieme troppe contraddizioni, il modo migliore che Orsini ha per risolverle è quello di attribuirsi facoltà fuori dal comune (vi ricade in parte anche lo stratagemma precedente). L’individuo fuori dal comune, infatti, si eleva al di sopra delle regole che valgono per la massa e, ovviamente, si eleva anche al di sopra dei suoi oppositori. È insomma un eroe, qualcuno con cui possiamo identificarci. Qualcuno per cui viene meno la sospensione d’incredulità.
Ciò che sembra improbabile o impossibile per una persona comune, è invece plausibile per l’eroe, grazie anche ai conduttori di turno che all’occorrenza ci mettono una pezza d’appoggio. Così Orsini può dichiarare di aver ricevuto messaggi dalle famiglie ucraine che vivono nella Mariupol assediata, può venire smentito subito dopo facendo una pessima figura da Anastasia Kuzmina, ma la trasmissione prosegue come nulla fosse.
Ecco che, grazie alla “sociologia comprendente di Weber”, Alessandro Orsini non analizza, non osserva, ma esercita una sorta di telepatia a distanza con un dittatore e l’intero popolo che governa. Ecco che entra nella testa di persone che non ha mai conosciuto direttamente, che vivono in un paese in cui Orsini non è mai stato, di cui non ha mai fatto esperienza, e di cui non parla la lingua. Questo stratagemma funziona anche perché pochi nel pubblico hanno studiato Weber o sanno in cosa consista la “sociologia comprendente”. Ma, in ogni caso, ciò che Putin pensa non è verificabile, al limite soltanto ipotizzabile.
Una variante di questo stratagemma vede Orsini esaltare altri tratti del suo personaggio, creando nel complesso una maschera da accademico atipico. Una sorta di stregone detentore di verità iniziatiche, nascoste ai più dal velo di Maya della propaganda occidentale. A volte si descrive come un “francescano” (o qualcuno che ha una formazione francescana), a volte come “un anarchico”, più spesso come un prodigio della sociologia.
Questo stratagemma si concretizza anche nella postura e la mimica corporea, che denota spavalderia e sicurezza di sé. Postura che è radicalmente diversa in contesti più istituzionali, dove appare più misurato, quasi remissivo. Ad esempio nell’audizione al Senato del 2018 il tono di voce non ha impennate o picchi, nessuna foga polemica; il linguaggio corporeo è ridotto al minimo, le mani sono persino sotto al tavolo. Anche in questo video per la LUISS il linguaggio corporeo è molto meno spavaldo.
Stratagemma 3: fare concessioni
Ricadono in questo stratagemma le dichiarazioni di principio (“amo gli Stati Uniti”, “condanno l’invasione di Putin”, “gli ucraini fanno benissimo a combattere e difendersi”). Sono dichiarazioni puramente formali, così come gli attestati di stima all’interlocutore che Orsini intende contraddire. Queste premesse dissimulano in parte le intenzioni che si andranno a palesare, un po’ come una finta che serve a nascondere da che parte arriverà l’attacco. Così, per esempio, la condanna dell’aggressione russa precederà una filippica contro la NATO e i paesi del blocco occidentale. Mentre un attestato di stima verso gli ucraini precederà un discorso per suggerire che non vadano armati, e una dichiarazione di affetto verso chi ha mosso a Orsini delle critiche sarà seguita dallo scherno e dal dileggio.
Stratagemma 4: impostare la cornice del discorso a proprio favore
Quando Orsini si confronta con qualcuno, delinea di solito uno schema oppositivo dove la parte che lui rappresenta è superiore. Ad esempio a Piazzapulita, nella puntata del 3 aprile 2022, per ribattere a Riccardo Sessa, diplomatico italiano, dopo i complimenti di rito Orsini dice: “lei è un ambasciatore quindi attribuisce molta importanza alla forma, mentre io sono uno studioso e attribuisco più importanza alla sostanza”. Perciò noi seguiamo il resto dell’intervento avendo l’impressione che Orsini stia parlando in nome della sostanza e quindi della concretezza, della solidità, mentre prima di lui ha parlato qualcuno che si nasconde dietro alle forme e a vuoti cerimoniali.
Anche l’uso di metafore lavora a creare la cornice del discorso entro cui poi Orsini va a esporre i propri argomenti. Ad esempio la NATO si “espande” o si “allarga”, e così dicendo si mette in secondo piano la volontà espressa dai singoli stati di essere “ammessi” o di “entrare” nella NATO, che viene presentata come una superpotenza che si espande. Ciò agevola in particolare l’idea che sia lecito difendersi dalla NATO (e quindi dagli Stati Uniti), anche a costo di passare nel ruolo dell’invasore, come fatto dalla Russia con Georgia o l’Ucraina. Mentre l’Italia è uno “Stato satellite” degli Stati Uniti: un’espressione che di solito si usava per i paesi dell’ex Patto di Varsavia, e che spesso accompagna false equivalenze (“Biden è come Putin”) e l’inversione di ruoli tra la Russia di Putin e i paesi del “blocco occidentale” (si veda più avanti lo Stratagemma 10, "il galoppo di Gish").
Stratagemma 5: deformare le opinioni altrui
Con questo stratagemma Alessandro Orsini manipola la posizione che vuole attaccare, attraverso errate premesse, errate deduzioni, o distorcendo il significato. Questo gli permette di rendere grossolane o assurde le opinioni avversarie, o di mettere sotto una luce positiva sé stesso. Così scrive nel libro sull’Ucraina: “Secondo la tesi diffusa dal governo Draghi e dai governi dell’Unione europea, Putin avrebbe attaccato l’Ucraina senza alcuna motivazione valida”. Leggendo si ha l’impressione che per Draghi e per l’Unione europea Putin sia uno che prende e, da un giorno all’altro, decide di scatenare una guerra che potenzialmente può portare a un’escalation nucleare.
Un altro esempio lo abbiamo sempre dalla puntata di Piazzapulita del 3 aprile 2022. Orsini parla di un "sacco di menzogne", riferendosi all’intervista di Corrado Formigli a Mircea Geoana, vicesegretario generale della NATO. Dice Orsini, parlando con estrema foga, che la propaganda della NATO vuol farci credere che Putin avesse in mente una guerra lampo; non essendo però riuscito a conquistare subito l’Ucraina, la propaganda Occidentale fa passare l’impressione che stia perdendo. Tuttavia Geoana aveva fatto un’analisi molto più dettagliata e complessa, senza parlare mai di “guerra lampo” o di sconfitta in corso: la Russia probabilmente mantiene ancora “l’ambizione principale di occupare tutta l’Ucraina”, pur avendo spostato i combattimenti sul fronte orientale. Le sue sono parole molto caute e misurate.
Ma ascoltando l’intervento di Orsini è difficile ricordare quella parte specifica del discorso di Geoana. Passa così l’idea che il professore stia sbugiardando il rappresentante della NATO.
Stratagemma 6: fare leva sulle emozioni
Toccare le corde dell’emotività serve a stabilire una connessione immediata con il pubblico, ed è naturalmente uno stratagemma che non può mancare nella cassetta degli attrezzi di un buon oratore.
Ma c’è un particolare tipo di appello alle emozioni che qui vale la pena approfondire: l’uso dei bambini, che sono un tema ricorrente nella retorica di Alessandro Orsini sull’Ucraina. Oltre a suscitare empatia, nel contesto di una guerra dove le vittime tra i civili sono un orrore quotidiano, “i bambini” sono usati da Orsini come arma (contro l’interlocutore, contro l’Occidente, e così via), come facile appello alle emozioni, deviando dal piano degli argomenti e dell’analisi razionale; in questo caso il tono tende all’invettiva e al pathos, o alla domanda incalzante.
I bambini uccisi sono una responsabilità che ricade sulla spalle di chiunque, tranne che delle forze armate russe. Poco importa che su Putin penda un mandato di cattura internazionale per la deportazione di minori, poco importa che la russificazione dei minori ucraini sia una realtà dei territori occupati che va avanti dal 2014 e che si è intensificata dopo l’invasione su larga scala. "Del diritto all’autodeterminazione dei popoli non me ne frega niente, del diritto internazionale non me ne frega niente, a me interessa soltanto il diritto all’infanzia, il diritto dei bambini di poter vivere, il diritto dei bambini di non morire sotto le bombe” dice ancora nella puntata di Cartabianca” del 19 aprile 2022.
Eppure il diritto internazionale tutela anche i minori, per l’appunto, basti pensare alla Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia, alla Convenzione di Ginevra, allo Statuto di Roma della Corte penale internazionale e alla Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio del 1948. Ovvio che sminuire o relativizzare il diritto internazionale faccia passare in secondo piano i crimini commessi in Ucraina dal regime di Putin, così come le responsabilità di quest'ultimo.
Addirittura Orsini, nella puntata di Piazzapulita del 3 marzo 2022, usa l’argomento dei bambini contro il giornalista Vladislav Maistruk (che oltre a essere ucraino ha un figlio), per interromperlo e incalzarlo: “ma tu parli anche a nome dei bambini ucraini?”.
Stratagemma 7: trollare
Siccome “trollare” è un termine che ormai ha un’accezione molto estesa e fraintendibile, giova specificare. Qui intendiamo il provocare in modo deliberato l’interlocutore allo scopo di fargli perdere la pazienza, rendendolo meno efficace nell’esporre le proprie argomentazioni, o distraendolo dall’oggetto del discorso. Per ottenere questo effetto Orsini impiega un ventaglio di comportamenti che comprende sorrisi beffardi, interruzioni e atteggiamenti passivo-aggressivi (“stai calmo”). Questo stratagemma può riguardare anche un interlocutore che non è presente, come nel video in risposta ad Aldo Grasso. Il giornalista del Corriere aveva ironizzato sullo scivolone compiuto da Orsini, che affidandosi a traduttori automatici aveva italianizzato il cognome di un giornalista americano, chiamandolo “William J. Ampio” (invece di “Broad”).
Dato che un video parla a chiunque, trollare ha un effetto secondario che non va sottovalutato. I suoi detrattori, sentendosi provocati, sono portati magari a condividerlo e/o commentarlo, aumentando la portata dei contenuti e rafforzando l’immagine di Alessandro Orsini come voce scomoda.
Stratagemma 8: uso strumentale delle fonti
Con questo stratagemma, Orsini si appella a una fonte autorevole per supportare il proprio pensiero. Il principio è “se non volete credere a me, credete a lui”. Tuttavia capita molto spesso che Orsini citi fonti fuori dal contesto originale o, ricorrendo ancora al cherry picking, prenda dal discorso originale solo quanto serve a confermare la propria opinione.
Spesso in combinazione con il quinto ("deformare le opinioni altrui"), lo stratagemma funziona nella misura in cui, mentre si ascolta il discorso, non si ha il tempo di verificare il messaggio originale. Ma, più in generale, se ascoltiamo qualcuno parlare di una materia che non conosciamo, e lo sentiamo ricorrere a dotte citazioni, chiamare in cause figure autorevoli (generali, leader politici, studiosi), ci sentiremo inferiori a lui, e in mancanza di termini di confronto lo riterremo un esperto di quella materia.
Benché nel discorso orsiniano di solito i media occidentali sono tacciati di portare avanti la propaganda della NATO, in virtù dello Stratagemma 2 ("denunciare un clima di censura") Orsini può citarli a proprio favore senza cadere in contraddizione.
Nel video sopra riportato, Orsini cita come fonte originale il Wall Street Journal (a sua volta ripreso dal Fatto Quotidiano). L’articolo originale ricostruisce il dietro le quinte del lavoro di diplomatici, servizi di intelligence e governi occidentali nei mesi precedenti il 24 febbraio 2022, per scongiurare l’invasione su larga scala dell’Ucraina. Scholtz, il cancelliere tedesco, parla con Putin il 15 febbraio, in un incontro dove appare evidente l’intenzione del Cremlino di attaccare l’Ucraina. Quello di Scholtz segue altri incontri avvenuti nelle settimane e nei mesi precedenti che si sono risolti in un nulla di fatto. È allora che Scholtz prova come ultima carta a parlare a Zelensky. Il quale afferma di non fidarsi di Putin (e noi sappiamo a ritroso che aveva ragione, poiché la decisione del Cremlino era già stata presa), e che l’unica garanzia di pace per l’Ucraina può essere attraverso l’ingresso della NATO, poiché attaccare un paese NATO ha conseguenze che Putin vuole evitare. Ma se noi ascoltiamo le parole di Orsini, Zelensky sembra uno ossessionato dal voler entrare nella NATO, costi quel che costi.
Stratagemma 9: sparata a effetto
“Stoltenberg è un pazzo”, “Draghi è il Lukashenko di Biden”, “Ursula von der Leyen è un pericolo per l'Europa tanto quanto Putin”. Frasi del genere sono tutt'altro che infrequenti nei discorsi di Orsini.
In un ecosistema dell’informazione che cerca i click facili, i contenuti “virali”, “polarizzanti” e “controversi”, la sparata a effetto assicura prima di tutto la possibilità di entrare nel ciclo della notizia. Così l’ospitata in tivù diventa clip di qualche minuto, viene ripresa dai siti delle principali testate, viene commentato sui social media scatenando tifoserie. Oltre a impressionare chi ascolta, a provocarlo.
Questo spiega anche il ricorso a espressioni colorite, persino truculente (“sventrare”, “massacro”, “bagno di sangue”), che di solito un accademico non userebbe, preferendo piuttosto un linguaggio più descrittivo e un tono più sobrio.
Stratagemma 10: Il galoppo di Gish (nella variante di Alessandro Orsini)
Prendiamo un passaggio dalla puntata di Cartabianca del 5 aprile 2022:
Penso che Zelesky debba fare pace con sé stesso, nel senso che le cose sono due: o noi stabiliamo il principio che questa è una guerra che riguarda soltanto la Russia e l'Ucraina e dunque Zelensky fa quello che vuole. Questo è l'esempio che mi viene sempre contrapposto dai miei critici o anche detrattori, "Orsini l'Ucraina fa quello che vuole vuole fare la guerra fa la guerra tu non puoi intervenire in questa decisione estrema così coraggiosa", e però le cose non stanno in questo modo perché se l'Ucraina ci coinvolge in questa guerra, anche giustamente, se l'Italia rischia di avere migliaia di imprese che saranno spazzate via a causa di queste sanzioni e tantissimi disoccupati in più, se rischiamo una guerra nucleare, Zelensky deve un secondo darsi - come si dice a Roma - una calmata, non può pensare di decidere da solo, non può pensare di precipitarci nella Terza guerra mondiale, o di chiedere alle imprese italiane di essere spazzate via a centinaia a migliaia, vedremo. Speriamo di no, ma se andiamo in questa direzione…
L’impianto discorsivo per eccellenza di Orsini, puntellato dagli altri stratagemmi, è una variante del cosiddetto "galoppo di Gish", di cui il professore è uno specialista. Chi usa il galoppo di Gish punta sulla quantità degli argomenti, non sulla loro accuratezza.
Che cos'è il galoppo di Gish?
Si tratta di una tecnica retorica che prende il nome dal creazionista americano Duane Gish, che la impiegava nei dibattiti con i teorici dell'evoluzione. Con il galoppo di Gish (Gish gallop in inglese) si punta a sommergere gli interlocutori con una cascata di argomenti, non importa quanto incoerenti, o errati, o astrusi. Il tipico discorso di politici come Donald Trump è un ottimo esempio di galoppo di Gish.
Inutile provare a confutare ogni argomento di un simile fiume in piena: non solo si avvalorano le cornici interpretative, ma le si rafforzano a ogni tentativo di opposizione. Troppi colpi da parare o da deflettere.
Secondo Mehdi Hasan, giornalista noto per la bravura nei dibattiti, per contrastare il galoppo di Gish conviene sottrarsi al flusso di argomenti, esponendo lo stratagemma impiegato dall'avversario. Oppure bisogna individuare l’argomento più debole, e colpire solo quello, mantenendo il punto senza cedere di un passo. Il problema è che la televisione italiana è piena di ospiti pronti a galoppare come Gish: vengono invitati apposta.
Perciò, assecondando il galoppo orsiniano, i confini del paesaggio sfumano, si fanno labili, e la logica scompare assieme all’orizzonte. Si delinea un panorama completamente diverso: nel galoppo orsiniano le responsabilità sono invertite o annullate, le bombe russe sono colpa di Zelensky o di Biden, le vittime civili sono colpa dell’Occidente. Putin è dominante, Putin ha già vinto; Putin è a capo del secondo esercito più forte del mondo, Putin è stato costretto a invadere un altro paese per difendersi, così come ha dovuto invadere la Georgia per difendersi. Putin ha il consenso dei cittadini russi, non importa se quando vengono chiamati alla leva fuggono a centinaia di migliaia, o se alcune importanti figure ogni tanto volano dalla finestra, o si ribellano insieme ai propri mercenari; le sanzioni contro la Russia non danneggiano il paese, ma porteranno invece l'Europa alla rovina, così come lo farà l'America. Gli ucraini fanno bene a resistere, l’Ucraina è una proprietà di Putin; Putin è il padreterno in Ucraina, l’Ucraina è stata sconfitta nelle prime settimane, l’Ucraina è un paese fallito; Zelensky, invece, ci sta trascinando verso la Terza guerra mondiale, Zelensky non sente ragioni, Zelensky si deve dare una calmata, c’è una parte di Ucraina che non segue Zelensky - e scrive a ospiti televisivi italiani.
Stratagemma 11: rigirare la frittata
Questo stratagemma entra in azione quando Orsini, inevitabilmente, viene messo di fronte a una sciocchezza detta in precedenza. Proprio perché le sparate a effetto restano impresse, prima o poi qualcuno può presentare il conto di quanto detto settimane o mesi prima. In questi casi Orsini gioca la carte del fraintendimento o della precisazione, operando una sottile distinzione che gli permette di deviare il senso originale del discorso e mantenere l’illusione di coerenza logica.
“A Kherson la controffensiva ucraina è un fallimento: è ora che l’Ue lo dica” tuona sul Fatto Quotidiano a inizio settembre. A Kherson “si prospetta un bagno di sangue” dice a Cartabianca. Contrariamente a quanto da lui ipotizzato, le truppe russe si ritirano dalla città, che viene così liberata dalle forza armate ucraine.
Orsini il 25 ottobre: “A #Kherson sarà un bagno di sangue, i russi non intendono abbandonare Kherson, vogliono fare un massacro, i russi intendono combattere per mantenere Kherson”.
— Edoardo Buffoni (@EdoardoBuffoni) November 11, 2022
11 novembre: gli ucraini entrano a Kherson senza sparare un colpo. pic.twitter.com/7hADBzl8sn
In questo caso a offrire la pezza d’appoggio, poche settimane dopo, è la stessa Bianca Berlinguer, che invita Orsini per la puntata del 15 novembre. Il professore ribadisce di aver avuto ragione poiché si stava riferendo al rischio di escalation nucleare.
La prova di questo rischio? Un articolo del New York Times del 2 novembre in cui è riportata la conversazione tra due “generali russi” circa la possibilità di usare armi nucleari. Ma come poteva l’Orsini di ottobre (e non della "settimana scorsa") conoscere l’articolo del New York Times del 2 novembre, e basare su di esso la propria valutazione? Se anche Orsini avesse visto nel futuro, l’articolo parla di un “rischio”, mentre dire “sarà un bagno di sangue” indica una condizione certa.
A Bianca Berlinguer tuttavia la risposta sembra andare bene, e nessuno fa notare l’evidente incongruenza. Perciò, con questa logica, se da qui a 50 anni la Russia dovesse sganciare un ordigno nucleare a Kherson, Orsini potrà dire “visto? l’avevo previsto nel 2022”.
Stratagemma 12: fare ammuina
Quando tutti gli stratagemmi non bastano, e non è nemmeno possibile rigirare la frittata, resta la tecnica definitiva: buttarla in caciara. Se si rovescia la scacchiera prima di ricevere scacco matto e si inveisce contro l’avversario, come si può parlare di sconfitta?
Questo è quanto successo quando la giornalista Cecilia Sala, è stata ospite il 7 marzo scorso di Cartabianca insieme a Orsini. Sala ha correttamente contrastato il galoppo di Gish (stratagemma 10) ricordando l’errata analisi di Orsini sulla controffensiva di Kherson e, soprattutto, la gaffe sulle “famiglie di Mariupol”. Orsini, di fronte alla giornalista che gli presenta il conto dopo così tanti mesi, invece di ribattere decide di parlare sopra, ripetendo “lei dice soltanto bugie, lei ha un livello molto basso”.
Conclusione: un breve caso di studio
Ora che abbiamo passato in rassegna i vari stratagemmi, proviamo a vederne alcuni all’opera in un unico testo. Prendiamo per questo esercizio uno status Facebook, dove Orsini prende spunto dalla critiche all’artista napoletano Jorit, autore di un murale a Mariupol. Il murale è finito al centro delle polemiche sia perché diffonde messaggi pro-Cremlino, sia perché come modello è stata usata la foto che una fotografa australiana ha scattato alla propria figlia (foto per cui non è stato chiesto alcun permesso).
Nel riportare il testo di Orsini, segnaliamo tra parentesi quadra gli stratagemmi usati [S1, S2, ecc].
Quanto a Jorit, lo street artist napoletano famoso nel mondo, lasciatemi dire alcune cose con riferimento alle polemiche per il suo disegno a Mariupol. Premesso che ho un pregiudizio positivo verso tutto ciò che proviene da Napoli a causa dell’amore profondissimo che nutro per la mia città, credo che ci sia un fraintendimento.
[Qui abbiamo S3 (Orsini concede di avere pregiudizi, ammette quindi una debolezza) ed S6 (fa leva sull’amore per la propria città)]Le nuove generazioni, complice il tramonto delle ideologie tradizionali e molto altro, avvertono un bisogno di verità che generalmente è più grande di quello che avvertono molti adulti cresciuti negli anni della guerra fredda.
Moltissimi ragazzi non sono affatto putiniani,
[S3, concessione: i putiniani esistono]
ma si adirano quando sentono dire che il governo di Kyiv e la NATO sono due angioletti che non hanno mai fatto del male a nessuno e che hanno sempre rispettato il diritto internazionale.
[S5, opinione altrui deformata: chi ha criticato Jorit non l'ha fatto perché "Kyiv e NATO" sono due "angioletti"]Quei ragazzi non sono putiniani; sono ragazzi che odiano vivere nella menzogna e nell’inganno. Le persone molto ideologizzate, come i direttori di certi quotidiani, non hanno problemi a convivere nella menzogna e nell'inganno perché la menzogna e l’inganno erano "fatti sociali normali" negli anni della guerra fredda e sono parte integrante della loro cultura e della loro personalità.
[S4, impostazione di una cornice favorevole, "verità (giovani) vs menzogna (vecchi direttori dei giornali)"; abbiamo ancora S5, poiché si attribuisce ai direttori dei giornali di essere cresciuti nella guerra fredda e di essere quindi immersi in una cultura della menzogna, creando nel complesso l'impressione che la critica sia generazionale]Moltissimi giovani sarebbero arrabbiati con i media dominanti anche se al posto della Russia ci fosse il Madagascar [S10, da qui fino alla fine si concentra il galoppo orsiniano] a proteggere il Donbas dai missili di Kyiv e impedire alla NATO di piazzare basi e cannoni in quel luogo. È la menzogna che dà fastidio ai giovani. Non fanno il tifo per Putin, ma per un’informazione che non li umili trattandoli da cretini.
Bombardare il cervello dei giovani dicendo loro che il blocco occidentale non ha nessuna colpa in questa guerra è operare secondo le stesse logiche della Corea del Nord.
[S9 sparata a effetto con iperbole spacciata per equivalenza]Questa narrazione va bene per chi è molto ideologizzato; i ragazzi non lo accettano. Tutto qui. Ecco perché Jorit ha scritto: “Ci hanno mentito anche sul Donbas. Qui non c’è nessuno da liberare, i bambini del Donbas sono stati sotto le bombe per 8 anni e in quel caso nessuno ha mosso un dito”
[S8, uso strumentale delle fonti - Jorit ha detto molto altro, inoltre è completamente tagliata fuori dal discorso l'accusa della fotografa Helen Whittle e le relative polemiche].
L’enfasi è sulla menzogna. La frase si apre con un riferimento alla menzogna. Il brano parla di una menzogna ANCHE qui. La frase esprime una forma di ribellione contro la menzogna in generale; contro la menzogna in tutti i luoghi del mondo.
Dopo questa trattazione, c'è una considerazione finale da fare, che riguarda i media, in particolare la televisione. Nel Regno Unito, a inizio invasione la British Academy ha pubblicato un elenco di esperti disponibili a commentare sui media e a farsi intervistare. L’elenco contiene il nome degli esperti, la posizione accademica, l’area di competenza specifica e il contatto email. Un’iniziativa del genere sembra lontanissima dalla realtà del panorama mediatico italiano, eppure dovrebbe costituire la normalità. In Italia invece prevale il gusto per le figure “controverse” che catalizzano l’attenzione dei fan e le ire dei detrattori. Vengono così lasciati spaziare da un argomento all’altro in qualità di tuttologi, a scapito della qualità. Ciò vale sia per la televisione privata che per il servizio pubblico.
Gli Orsini sono tutt'altro che eccezioni: sono una delle tante regole con cui funziona l'industria dell'informazione. Anni fa imperversava per esempio Diego Fusaro, altra voce "controcorrente" il cui ruolo nel normalizzare un certo tipo di posizioni radicali, dando loro presentabilità e patina intellettuale, è stato tutt'altro che secondario. O per eccesso di protagonismo, o perché il pubblico si assuefa facilmente, queste figure salite sulla cresta dell'onda altrettanto rapidamente si inabissano, scompaiono dai radar del grande pubblico. Restano però quei professionisti dell'informazione che ne hanno favorito l'ascesa, pronti a sfornare nuovi personaggi sempre più controversi.