Adolescence e la nuova guerra culturale: maschi, potere e propaganda
8 min letturaAdolescence è giustamente la serie del momento. E che lo sia in un momento storico del genere è ancora più importante – perché non era affatto scontato che lo diventasse.
Viviamo infatti in un’epoca in cui la più potente democrazia al mondo (almeno formalmente, per ora) è guidata da un presidente riconosciuto legalmente come uno stupratore, che ha riempito la sua amministrazione di altri uomini abusanti, che a loro volta si adoperano per liberare influencer misogini e accusati di reati gravissimi come Andrew Tate.
Parliamo dello stesso “re della mascolinità tossica” che, a detta del fratello Tristan Tate, ha “vaccinato” intere generazioni di giovani maschi contro il morbo del progressismo.
“Incoraggiandoli ad andare in palestra, ha insegnato loro cosa significa responsabilizzarsi”, ha scritto su X dopo le presidenziali del novembre 2024. Aggiungendo che, sempre nello stesso post,
Insegnando loro come fare soldi, ha instillato una sana avversione per le ingiuste politiche fiscali di sinistra che favoriscono i fannulloni e puniscono chi lavora. Invogliandoli a pensare con la propria testa e a ignorare i media tradizionali, ha insegnato loro a non cadere vittime della propaganda e a giungere alle proprie conclusioni sulla base di ciò che vedono con i propri occhi.
Non è un caso che Tate sia citato esplicitamente nella serie, e sia una sorta di spettro che aleggia in tutte le puntate.
L’ex kickboxer britannico è senza alcun dubbio la personalità social-mediatica che più di ogni altra ha attirato milioni di suoi seguaci – e non solo – dentro la cosiddetta manosphere (o maschiosfera), un ecosistema online composto da siti, blog, forum e gruppi in cui si ritrovano diverse comunità neo-maschiliste.
Tra queste – giusto per citarne alcune – figurano i pick-up artist (gli “artisti del rimorchio”), i separatisti maschili (i Men Going Their Own Way), gli attivisti per i diritti dei maschi (Men’s Rights Activists), e i vari podcaster bro che hanno avuto un ruolo cruciale nelle ultime elezioni presidenziali statunitensi.
Per quanto queste comunità siano eterogenee – e talvolta addirittura in contrapposizione tra loro – condividono comunque la medesima ideologia di base anti-femminista, fondata su un assunto fortemente complottista: il femminismo ha dato alle donne troppo potere sessuale, scardinando così l’ordine naturale della società e finendo per opprimere gli uomini.
Come si dice nella serie, l’80 per cento delle donne vuole stare con il 20 per cento degli uomini più attraenti – i cosiddetti “maschi alfa”, o Chad, quelli cioè che hanno il più alto “valore sessuale di mercato” – lasciando così a secco tutti gli altri, i “beta” (o più prosaicamente: gli sfigati).
Lo natura “ipergamica” delle donne – la tendenza a sceglier partner di status socioeconomico più elevato – le porta inoltre a essere incapaci di stare con un singolo uomo. Nel gergo delle comunità neo-maschiliste, questo atteggiamento viene descritto con l’elegante espressione “farsi un giro nella giostra dei cazzi”.
La maschiosfera è inoltre permeata dalla cosiddetta “misoginoanatomia”, una crasi tra misoginia e anatomia. All’interno dei vari gruppi circolano teorie disinformative sul comportamento umano che derivano dal travisamento della psicologia evolutiva, dalla distorsione di alcuni studi e da credenze scattamente pseudoscientifiche.
Ad esempio, è molto diffusa l’idea che fare sesso con molti partner “allarghi” o “slabbri” la vagina.
Oppure è in voga la telegonia, un’antica e screditata credenza secondo cui i tratti ereditari della prole sono influenzati dagli uomini con cui una donna ha avuto rapporti nel corso della sua vita.
È anche in base a questi falsi miti che all’interno della maschiosfera c’è una malsana ossessione nei confronti della verginità; nel mondo ideale e irrealistico sognato dalle varie comunità, le donne devono essere sempre disponibili per gli uomini – e al contempo devono essere sempre immacolate.
In generale, sottolinea la professoressa Deniese Kennedy-Kollar nel saggio Extremism and Radicalization in the Manosphere, la maschiosfera “non nega l’oppressione patriarcale nei confronti delle donne; al contrario, sostiene che la loro sottomissione sia necessaria per il bene della società”.
La pillola rossa
In Adolescence si fa riferimento anche a un altro concetto: quello della “pillola rossa”.
Nel linguaggio della maschiosfera – che in questo caso è mutuato da Matrix (esattamente come fanno i complottisti) – “prendere la pillola rossa” significa accorgersi della reale natura delle donne e stracciare il velo delle mistificazioni ideologiche del femminismo.
Il “redpillato”, come ha scritto il blog italiano Il Redpillatore, è “l’uomo intellettualmente onesto che cerca di guardare la realtà per quella che è e non per come gliela vogliono proporre”.
In altre parole, precisa la docente Kennedy-Kollar, chi decide di assumere la “pillola rossa”
accetta quello che le donne sono veramente e impara a sfruttarlo a proprio vantaggio. Siccome gli uomini non saranno mai felici, perché non possono cambiare la natura femminile, tanto vale non guardare in faccia a nessuno e accaparrarsi tutto il possibile.
L’ideologia della “pillola” rossa emerge dunque dalla fusione tra l’anti-femminismo degli attivisti per i diritti dei maschi e le “tecniche di seduzione” degli “artisti del rimorchio”.
O almeno, così l’ha delineata uno dei suoi primi proponenti – il blogger Imran Khan, da non confondere con l’omonimo ex premier pakistano.
In lungo articolo del 2010 intitolato The Misandry Bubble (“La bolla della misandria”), Khan sostiene che le società occidentali sono in declino perché il femminismo ha portato le donne a fare scelte di vita “dissennate” e “distruttive”, distogliendole dal loro compito “naturale”: crescere la prole, prendersi cura degli uomini e occuparsi del benessere domestico.
La liberazione sessuale e le conquiste sociali degli anni Sessanta e Settanta hanno poi svirilizzato gli uomini, creando il divario insanabile tra la minoranza degli “alfa” e la maggioranza dei “beta”.
Riecheggiando la paranoia sulla sostituzione etnica, Khan profetizza un futuro in cui il sistema democratico e liberale sarà rimpiazzato da un sistema patriarcale islamico.
L’unica soluzione per evitarlo è che gli uomini si rendano “sessualmente indipendenti” – attraverso le tecniche di seduzione e l’avanzamento tecnologico futuro, che renderà obsoleto il contatto fisico con le donne per l’appagamento sessuale – e instaurino un nuovo “patriarcato occidentale” con cui sottomettere la popolazione femminile.
Non è un caso che l’ideologia della “pillola rossa” si sia mescolata alla perfezione con l’Alt-Right, e più in generale con l’estremismo di destra.
Entrambi idolatrano la famiglia nucleare tradizionale, si oppongono all’aborto, odiano il welfare, non sopportano le università gratuite e a basso costo, sono contrari ai matrimoni egualitari, vedono i percorsi di transizione e il superamento del binarismo di genere come una minaccia esistenziale alla mascolinità, contestano le norme che regolano e delimitano il consenso sessuale, e rifiutano l’esistenza stessa dei femminicidi.
La linea di demarcazione tra “redpillati” ed estremisti di destra è talmente labile e porosa che ormai condividono la stessa terminologia e frequentano gli stessi spazi online, contaminandosi a vicenda ed esercitando un’influenza sempre maggiore sui media e sulla politica.
La riprova è che l’ideologia della “pillola rossa” non è più marginale come poteva esserlo ai tempi del saggio di Khan; anzi, col passare del tempo è diventata sempre più centrale.
Già nel 2020, ad esempio, Elon Musk invitava i suoi follower su Twitter a “prendere la pillola rossa”; sappiamo benissimo dov’è andato a finire il percorso ideologico dell’uomo più ricco del mondo.
Ribellione incel
Se i “redpillati”, gli “artisti del rimorchio” e gli attivisti per i diritti dei maschi sono ancora convinti di poter sconfiggere il sistema adottando tecniche specifiche, all’interno della maschiosfera esiste un gruppo che ha adottato un approccio totalmente nichilista: sono i cosiddetti incel, abbreviazione di “celibe involontario”.
Jack Thorne, uno dei due autori di Adolescence, ha raccontato che per scrivere la serie si è immerso per circa due anni nella cultura incel, che viene propagandata alla luce del sole in forum e gruppi di discussione appositi (presenti anche in Italia, che secondo un rapporto della Commissione europea è il quarto paese in Europa per presenza di incel).
Paradossalmente, l’origine del fenomeno non ha nulla a che vedere con la misoginia.
Il termine è stato coniato nel 1997 da una donna canadese, che ha fondato il sito “Alana's Involuntary Celibacy Project” con l’obiettivo dichiarato di aiutare le persone che – come lei – si sentivano sole e avevano difficoltà a stringere legami affettivi.
L’esperienza ha però avuto una vita piuttosto breve: nel 2000, a fronte del miglioramento della sua situazione sentimentale, Alana ha abbandonato la guida del progetto e si è sostanzialmente disinteressa delle sue sorti.
A quel punto la comunità, come ha raccontato un’inchiesta di Vox, si è divisa in due forum: IncelSupport, che cercava di portare avanti l’idea inclusiva della creatrice; e LoveShy, dove la moderazione era praticamente assente e gli uomini erano liberi di sfogare la propria misoginia.
Ed è proprio dall’esperienza di LoveShy che la comunità incel si è espansa, trasformandosi nella frangia più radicale, violenta e insulare della maschiosfera.
L’ideologia incel è patologicamente ossessionata dall’aspetto fisico: le discussioni sui forum vertono sui dettagli anatomici, sull’altezza, sulla definizione dei tratti facciali (in particolare la mascella), sulla circonferenza dei polsi (quelli stretti sarebbero un segnale di scarsa mascolinità), e sul colore della pelle – con ovvi sottotesti razzisti, visto che i neri sarebbero meno desiderabili dei bianchi.
Per gli incel, le tecniche di seduzione degli “artisti del rimorchio” non sono nient’altro che una puerile fuga dalla realtà: le regole del “gioco” sono predeterminate in partenza e immutabili, poiché sono dettate dalla genetica.
In questo senso, come si legge in un post de Il Redpillatore,
Essere incel è una condizione che una persona subisce suo malgrado a causa della sua scarsa attrattività, che è determinata da fattori spesso difficilmente modificabili. Non si sceglie di essere incel.
Il “celibato involontario” sarebbe dunque una specie di condizione medica (cosa che ovviamente non è). Se si accetta questa premessa, anche la “pillola rossa” è un’impostura; l’unica vera pillola da assumere per aprire gli occhi sulla realtà è quella “nera”.
E l’unica risposta possibile per uscire da questa situazione disperata è la cosiddetta “rivolta dei beta” o “ribellione incel” – ossia la radicalizzazione che sfocia nella sopraffazione violenta.

Da un lato gli incel propongono l’instaurazione di un sistema di schiavitù femminile, con tanto di monogamia forzata, legalizzazione dello stupro e l’adozione di matrimoni forzati con minorenni.
Dall’altro, la restaurazione del dominio patriarcale passa per forza di cose attraverso omicidi e stragi. Sono ormai diversi gli attentati realizzati da persone che si identificano come incel: quelli più noti – e letali – sono il massacro di Isla Vista del 2014 e quello di Toronto del 2018.
In Italia non ci siamo andati troppo lontani: nel 2021 la polizia ha arrestato un neonazista 22enne che si autodefiniva incel e voleva compiere un attentato a una manifestazione femminista. In una conversazione intercettata diceva che “le donne moderne sono senza sentimenti” e le descriveva come “bambole di carne da sterminare”.
Anche se può sembrare controintuitivo, è importante sottolineare – come fa Deniese Kennedy-Kollar – che “non è necessariamente la privazione del sesso” ad alimentare la cultura incel e la maschiosfera; piuttosto, è “la privazione della mascolinità”.
Il carburante che alimenta il motore del risentimento neo-maschilista è proprio la sensazione che “venga negato qualcosa a cui hanno diritto”.
E questo “qualcosa” è il privilegio egemonico patriarcale, che dovrebbe spettare fin dalla nascita a qualsiasi maschio – in particolar modo a quelli bianchi ed eterosessuali.
La maschiosfera promette di ristabilire questo privilegio, o quanto meno di difenderlo, e crea la potente illusione di far parte di una comunità.
È questa la sua principale attrattiva, nonché il motivo per cui è riuscita a uscire dagli angoli remoti di Internet in cui è nata.
Ora non sono più i giovani maschi a cercarla in luoghi da iniziati; è la maschiosfera - ormai incistata nel senso comune - a raggiungerli autonomamente, come fa vedere magistralmente Adolescence.
*Articolo pubblicato anche sulla newsletter Complotti!, che si occupa dell'impatto delle teorie del complotto sulla politica, sulla società e sulla cultura. Per iscriverti alla newsletter Complotti! clicca qui.

Mario Bianco
è terribile ed è verosimile, tanto ch'è deprimente pensare che un tempo il "progresso" sociale, che veniva immaginato come ineluttabile con il procedere dei secoli, ora sia un'illusione vedendo, constatando queste brutture
federico
Credo che questo fenomeno nasca e cresca laddove le relazioni sono piú mediate dalla tecnologia e dai social. Un passaggio chiave è l'impossibilità di coltivare rapporti umani col sesso opposto per mancanza di abilità relazionali o per il contesto adolescenziale sempre piú immerso nei social (in particolare in inghilterra in molte scuole maschi e femmine crescono separatamente) e quindi il ricorso ad app di incontri dove, di fatto, viene esacerbato il confronto fisico e la logica della selezione femminile. Questo spesso crea il terreno per una radicalizzazione ed in futuro sarà sempre peggio.
MB
Penso che sia importante citare il video di ContraPoints "Incels", che ha reso visibile la tematica a moltissime persone. Le discussioni sull'argomento si riducono sempre allo stesso punto: la lamentela è quella di una mascolinità che si sente svilita e negata dalle donne (dunque non la capacità delle donne di avere il controllo della propria sessualità, ma quella degli uomini di non riuscire a controllare la propria), e le cause vengono imputate al femminismo anziché ai problemi strutturali che fanno sì che pochi uomini ne calpestino altri.