ACTA, arriva il primo sì: multinazionali vs cittadini
4 min letturaBruno Saetta @brunosaetta
Abbiamo già chiarito cosa è realmente ACTA, e quali pericoli si insinueranno tra le pieghe delle norme comunitarie con la sua approvazione definitiva.
Un portavoce della Commissione europea spiega che ACTA non creerà nuovi diritti intellettuali, ma rafforzerà i diritti già esistenti, dichiarando così ingiustificate le opinioni allarmistiche che si leggono in merito. In realtà anche se tale asserzione è sostanzialmente giusta, la sostanza non muta.
ACTA va, infatti, a modificare le misure applicative delle norme europee, e quindi degli ordinamenti degli Stati membri, rafforzando la tutela dei diritti già esistenti. Tale rafforzamento avverrà a mezzo di regolamentazioni contrattuali tra le multinazionali titolari dei diritti e le multinazionali che offrono servizi in rete, schiacciando così i cittadini europei tra due poteri forti, rendendoli incapaci a potersi opporre in assenza di una tutela dei loro diritti da parte di un governo, nazionale o sovranazionale, che di fatto demanderà l’applicazione delle norme ai privati presunti lesi. Siamo sempre nell’ottica della privatizzazione spinta propugnata dagli americani con le leggi gemelle SOPA e PIPA, tutte normative che concedono alle aziende private il diritto di valutare la liceità o meno di un contenuto online, e chiedere, sulla base di quella valutazione di parte, ad un giudice o addirittura al fornitore di servizi online, la rimozione del contenuto.
E’ vero, quindi, che ACTA non modifica nessun diritto, ma consegna il ruolo di giudice, unico organo deputato a valutare l’illiceità di un comportamento, nelle mani delle multinazionali, le quali potranno usufruire, volenti o nolenti, delle aziende fornitrici di servizi online come poliziotti del web.
Possiamo noi cittadini fidarci delle valutazioni delle multinazionali nella corretta applicazione delle leggi, quando quelle aziende hanno come scopo precipuo quello di aumentare il più possibile i loro profitti? In presenza di una applicazione possibile delle utilizzazioni libere (fair use in inglese) previste dalle norme sul diritto d’autore, possiamo realmente credere che le multinazionali giudicheranno correttamente tale situazione, oppure preferiranno ritenerla comunque illecita e chiedere la rimozione del contenuto?
Ma non basta, per come si presenta tale accordo sarebbe già in contrasto con la recente proposta di riforma sulla protezione dei dati personali (privacy) sulla quale si è soffermata più volte il Commissario UE Reding. Infatti la sezione 5 di ACTA prevede che gli Stati aderenti dovranno garantire la collaborazione tra aziende al fine di tutelare i titolari dei diritti, con addirittura la possibilità (may provide) per i detentori dei diritti di ottenere le informazioni per l’identificazione degli utenti semplicemente accusati (allegedly) di una possibile violazione del copyright, dati di identificazione che verranno forniti direttamente alle aziende, con evidenti problemi di riservatezza degli stessi.
La riforma europea in materia di privacy, che dovrebbe sfociare in una direttiva ed un regolamento nel corso del 2012, prevede una tutela rafforzata dei dati personali dei cittadini con la finalità di incrementare la fiducia nei servizi online, e quindi nei fornitori di servizi. Come si concilia la fiducia in un provider con la possibilità che quello stesso provider possa dover fornire i nostri dati personali ad una azienda privata sulla base di una semplice accusa di violazione del copyright?
Ricordiamo, ACTA non è una normativa nata da un processo democratico, bensì un accordo contrattuale scritto da funzionari non eletti e non rappresentativi. Ma se l’Europa lo voterà diverrà legge per tutti noi.
Adesso il percorso di ACTA è tracciato. Dovrà passare alla Commissione per il commercio internazionale (INTA) a partire dal 29 di febbraio, poi alla Commissione giuridica (JURI) che tra l’altro ne ha già tessuto le lodi in passato, infine alla Commissione Sviluppo (DEVE), a quella delle Libertà Civili (LIBE) e a quella per l’Industria (ITRE). Ognuna di queste Commissioni dovrà fornire il suo parere, dopo di ché la Commissione INTA redigerà una relazione finale che sarà presentata al Parlamento in seduta plenaria, tra l’11 e il 14 giugno.
Per cui il tempo per opporsi c’è, ma occorre muoversi, e fare pressione sulle istituzioni europee, perché anche lì molti sono in disaccordo, come ad esempio il relatore di ACTA all’interno della Commissione INTA che oggi si è dimesso dal suo incarico per protesta contro la scarsa trasparenza che ha accompagnato fin dall’inizio il trattato.
In Polonia, inoltre, alla notizia dell’approvazione del trattato il partito di opposizione ha chiesto un referendum sul punto criticando aspramente il fatto che non si sia svolta nel paese alcuna consultazione pubblica sul trattato in questione.
Quindi, chiunque voglia esprimere la propria opinione su ACTA potrà rivolgersi direttamente ai vari membri delle singole Commissioni indicate (i riferimenti li trovate nei link delle singole Commissioni), specialmente ad INTA che si occuperà della relazione finale, oppure ai parlamentari europei dello Stato membro.
Segnaliamo anche una petizione di Agorà Digitale .