Gli abusi sessuali sui minori nella Chiesa francese nero su bianco grazie a migliaia di testimonianze
5 min letturaMartedì 5 ottobre sono stati resi pubblici i dati sugli abusi sui minori avvenuti all’interno della Chiesa cattolica francese. Si tratta di un’indagine basata sulla testimonianza di circa 6.500 persone realizzata dalla Commissione indipendente sugli abusi nella Chiesa (CIASE), incaricata dalla Conferenza episcopale francese.
«Questo lavoro è fondamentale per le vittime. Finalmente le nostre storie singolari e sanguinanti saranno riunite in un unico legame per fare la storia. È una forza simbolica per me eccezionale». Con queste parole ha aperto la conferenza stampa il presidente della Commissione Jean-Marc Sauvé, tratte da una lettera ricevuta il giorno precedente e che testimonia l’impatto del report.
Lo studio, spronato dalle segnalazioni di violenze emerse negli ultimi decenni, considera il lasso temporale che va dal 1950 al 2020 e ha richiesto più di due anni di lavoro. Secondo il Rapporto Sauvé negli ultimi settant’anni i dati degli abusi su bambine e bambini sono allarmanti: si parla di 216mila vittime di sacerdoti, religiosi e religiose, ma il numero si eleva a 330mila se si considerano anche le violenze perpetrate dalle persone laiche legate alla Chiesa (insegnanti, membri dei movimenti giovanili, sagrestani, ecc.). Di grande impatto anche la stima degli abusatori: tra i 2.900 e i 3.200.
La Commissione è formata da 21 membri specializzati in giurisprudenza, medicina (in particolare psichiatria), storia, sociologia, psicologia, etica e teologia. È composta da un numero abbastanza paritario tra donne e uomini di varie fedi religiose, comprendendo anche persone atee e agnostiche.
Il report pone al centro dell’analisi l’esperienza di chi ha subito gli abusi, nella convinzione che essa sia "la chiave per una comprensione unica della violenza sessuale subita. […] Queste persone erano vittime che sono diventate testimoni e, in questo senso, hanno avuto un ruolo attivo nella ricostruzione della verità». Un’attenzione verso chi ha subito gli abusi fondamentale, sulla quale si costruisce l’intera indagine. Si riporta chiaramente che, proprio durante questo studio, spesso le persone intervistate sono state ascoltate per la prima volta ed è stato finalmente riconosciuto loro il titolo di vittima.
Molto netta, inoltre, è l’analisi che emerge dal report sulle strategie messe in atto negli ambienti ecclesiastici per gestire gli abusi: «Il comportamento della Chiesa cattolica è cambiato nel corso del tempo, ma è rimasto troppo concentrato sulla protezione delle istituzioni, per molto tempo non ha considerato le vittime». Oltre a un diritto canonico non completamente adatto a punire la pedofilia, le violenze indagate rivelano che alla loro base c’è un abuso di potere da parte da chi appartiene o gravita attorno alle istituzioni ecclesiastiche. Secondo la CIASE, il tabù attorno alla sessualità e un’eccessiva esaltazione della figura della persona consacrata costituiscono il terreno fertile all’interno del quale si svolgono le violenze.
Secondo i dati raccolti, si possono delineare tre segmenti temporali nell’andamento degli abusi su minori all’interno della Chiesa francese. Tra il 1950 e il 1970 si verifica l’apice della violenza, che scema nel ventennio successivo, per poi risalire tra il 1990 e il 2020. A livello geografico, invece, i casi più numerosi sono avvenuti nelle zone con meno chiese o in cui il cattolicesimo è maggiormente affiancato da altre correnti del cristianesimo. Forse, ipotizza la Commissione, perché le parrocchie in questione erano più isolate e le persone abusate non hanno trovato un'adeguata rete di supporto a cui chiedere aiuto.
La risposta del Vaticano è stata espressa dal portavoce Matteo Bruni e, per il momento, si rivolge alle vittime con «dispiacere, per le loro ferite, e gratitudine, per il loro coraggio nel denunciare». I vescovi e gli arcivescovi francesi hanno chiesto il loro perdono e hanno espresso una profonda vergogna alla luce dei dati emersi, sia per le violenze sia per il modo in cui sono state gestite: con silenzio e omertà. La Commissione parla chiaro: «Considerando i tanti traumi storici o recenti, la Commissione crede che non possa esserci nessun “voltare pagina”. Il futuro non può essere costruito sulla negazione o seppellendo la dura realtà; il riconoscimento e la responsabilità sono richieste per poter andare avanti».
La CIASE, dopo aver esposto i dati raccolti, ha proposto una serie di azioni possibili per rimediare parzialmente e prevenire le situazioni di violenza. Si va dall’ascolto sincero delle vittime alla formazione di sacerdoti e religiosi, da una diversa gestione di questi casi da parte della Chiesa alla costruzione di una rete capillare di centri di supporto. La parte finale del report è composta quindi da una serie di raccomandazioni, di consigli concreti da mettere in atto.
Tra essi, emerge con forza la necessità di una diversa educazione religiosa, che sappia dare alle persone religiose gli strumenti per ascoltare la propria coscienza e relazionarsi in modo rispettoso con bambini e adolescenti, ai fedeli una visione critica delle Scritture e dei contenuti della dottrina. Inoltre, visto che i fatti sono spesso in prescrizione, la Commissione ha proposto un risarcimento per ogni vittima. La Chiesa francese sta valutando quale strategia mettere in atto. Si parla di contributi finanziari erogabili dal 2022 e di un processo di giustizia interno.
Secondo le ultime dichiarazioni della Conferenza episcopale francese (Cef), si ritiene che «l’insieme dei fedeli debba sentirsi preoccupato» per il finanziamento dei risarcimenti destinati alle vittime. Nonostante il Rapporto Sauvé specifichi la necessità di non appellarsi ai membri laici della comunità cristiana, Eric de Moulins-Beaufort – presidente della Cef – ha espresso la speranza che i fedeli siano disposti ad aiutare la Chiesa francese a trovare i fondi necessari. Lo scopo è che «si sentano preoccupati, non colpevoli». Questa scelta dipende in larga misura dalle difficoltà economiche attraversate dalla Chiesa francese negli ultimi anni, che sono dovute al calo dei fedeli. A ciò si potrebbe, però, far fronte con varie strategie, senza far sì che l'istituzione non faccia ammenda (economica) dei danni causati e che tale peso ricada sulla comunità.
Abbiamo discusso della centralità dell’esperienza delle persone coinvolte con Meti, l’associazione italiana per la tutela di chi ha subito abusi nell'infanzia. La presidentessa Laura Monticelli mette subito in luce che uno studio di questo tipo, legato alla Chiesa o all’intero territorio nazionale, in Italia manca. È dunque un primo passo importante affinché alle vittime venga riconosciuto un ruolo, un’esperienza priva delle colpe che devono invece ricadere su chi abusa.
Meti è una delle poche associazioni italiane attive con le persone adulte che hanno subito delle violenze durante l’infanzia. Francesca Svanera, responsabile della sede di Brescia, aggiunge che non ascoltare le vittime significa poi non riuscire a vedere la dimensione sistemica di questi eventi. I dati relativi all’Italia non sono aggiornati (2018) e considerano l’abuso in senso generale. Manca l’individuazione della violenza sessuale. Per la sfera ecclesiastica, invece, ci sono solo le segnalazioni dal basso raccolte dal progetto Rete L’ABUSO.
«Ascoltare la voce di chi ha subito gli abusi», aggiunge, «è inoltre necessario per osservare finalmente tutte le sfumature della pedofilia». Se pensiamo a questo fenomeno in modo monolitico, infatti, diventa difficile comprenderlo del tutto e riconoscerlo in ogni situazione. È fondamentale partire dai racconti di chi ha subito la violenza anche molti anni prima, come le persone coinvolte dallo Rapporto Sauvé, per comprendere la reale portata degli abusi e poterli prevenire.
Immagine in anteprima via Marie Claire