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Per una commissione laica e indipendente sugli abusi nella Chiesa

18 Febbraio 2022 5 min lettura

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Per una commissione laica e indipendente sugli abusi nella Chiesa

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di Elisa Belotti

Dopo i recenti report sulle violenze nella Chiesa in Francia, anche in Italia ha ripreso vigore la richiesta di indagare gli abusi all’interno delle comunità religiose. In particolare questa esigenza è stata accolta da alcuni gruppi e organizzazioni femministi cattolici tra cui Donne per la Chiesa, Rete L’Abuso, Adista, Voices of Faith e OIVD (Osservatorio interreligioso sulle violenze contro le donne), che hanno fondato il Coordinamento contro gli abusi nella Chiesa cattolica italiana.

Presentato ufficialmente il 15 febbraio in una conferenza stampa, il progetto ha un obiettivo chiaro: spingere alla formazione di una commissione laica e indipendente che indaghi le violenze nella Chiesa cattolica italiana.

Il Coordinamento è interamente nato dalla sensibilità femminile e femminista, da gruppi di donne impegnati nelle comunità religiose e al loro esterno. Le diverse associazioni hanno condiviso una responsabilità collegiale – com’è stato specificato nella presentazione del progetto da Ludovica Eugenio di Adista – per far sì che nessuna persona debba più affrontate situazioni abusanti in contesti di fede.

Le violenze nella Chiesa sono sempre più difficili da ignorare. Sono molti i paesi o le diocesi che hanno seguito l’esempio francese e che hanno raccolto in modo trasparente e organizzato i dati relativi al proprio contesto sociale. È quindi emerso un fenomeno sistemico, che si basa sui privilegi del clero, sulla sua aurea sacra e intoccabile. Secondo il femminismo cattolico, sono le disuguaglianze di genere, presenti nelle comunità spirituali e nella società nel suo complesso, la ragione profonda alla base degli abusi.

In Italia, però, le istituzioni ecclesiastiche e laiche non si sono mosse per studiare in modo approfondito gli abusi. «È quindi necessaria» afferma con forza il neonato Coordinamento, «un’indagine indipendente e complessiva, che sappia rendere consapevoli e tuteli le vittime, le loro famiglie, i membri della comunità cristiana e la cittadinanza italiana». 

Paola Lazzarini, presidente di Donne per la Chiesa, ha riassunto le istanze del progetto. «Come credenti ci rivolgiamo alla nostra Chiesa e chiediamo che la Conferenza episcopale italiana (CEI) affidi a una commissione indipendente l’indagine» ha ribadito, per poi specificare che il carattere indipendente è fondamentale perché si miri alla tutela delle vittime e non delle istituzioni stesse. Si chiede poi che l’analisi comprenda lo spoglio degli archivi di diocesi, conventi e monasteri e, in aggiunta, si avvalga di nuovi canali per la raccolta dati, che dovranno poi essere condivisi e resi pubblici. Ulteriori proposte del Coordinamento sono l’istituzione di centri di tutela per minori e di un risarcimento per le vittime e le rispettive famiglie. 

Queste misure servono per allineare l’operato della Chiesa italiana con quello di altre Conferenze episcopali e per accompagnare le informazioni già note (seppur frammentarie) con nuovi dati, in modo che la verità che ne può emergere venga accolta senza dubbi. «La Chiesa cattolica è gerarchica» ha aggiunto Lazzarini, «nella quale è molto chiara la catena di comando. Eppure quando si parla di abusi le responsabilità personali diventano fumose».

È intervenuto durante la conferenza stampa anche Francesco Zanardi, presidente di Rete L’Abuso, sottolineando come l’Italia sia un’anomalia nel panorama mondiale perché concentra al suo interno un alto numero di sacerdoti ma la loro presenza (e gli abusi che possono commettere) non spaventa affatto né il governo né la Chiesa italiana. Zanardi ha ribadito più volte lo scarso interesse nei confronti delle vittime e l’assenza di leggi adeguate a perseguire in modo effettivo le violenze nelle comunità religiose.

Al centro della conferenza stampa ci sono state le testimonianze di alcune vittime e famigliari di persone sopravvissute agli abusi. Molte di queste voci sono riunite nel Comitato vittime e famiglie, una sezione di Rete L’Abuso nata per riconoscere l’esperienza di chi ha subito una violenza in ambito ecclesiale. «Ciò che non emerge dalle cronache è il dopo» ha spiegato Cristina Balestrini – una testimone degli abusi – a riguardo, «il macigno che pesa sulle nostre spalle dopo un abuso». E racconta poi che le vittime si rivolgono in prima istanza alla Chiesa stessa, incapace di tutelarle perché troppo concentrata a proteggere le istituzioni. Chi subisce un abuso viene così messo a tacere, allontanato dalle comunità spirituali. Questa tendenza è emersa in più occasioni anche nel recente Rapporto Sauvé legato alla Chiesa francese.

È necessario quindi agire «per sperare e credere in una Chiesa diversa» ha detto Antonio Messina, anch’egli vittima. Il fine a lungo termine del Coordinamento è infatti cambiare, almeno in parte, le consuetudini che impongono il silenzio quando si verifica una violenza.

A sostenere il progetto c’è anche la testata Left che a breve pubblicherà un database sugli abusi su minori verificatisi nella Chiesa cattolica italiana. Non è un’indagine completa, ma una rielaborazione dei dati fino ad ora raccolti da Rete L’Abuso. Questo report vuole essere un primo passo verso un’analisi strutturata e capace di coprire l’intero territorio nazionale.

Infine ha chiuso la conferenza stampa Marzia Benazzi di OIVD (Osservatorio interreligioso sulle violenze contro le donne). «Questo è un momento storico» ha dichiarato, evidenziando come gli abusi sui minori, sulle donne, sulle religiose siano tutti parte di un unico fenomeno, che risale alla visione sessista e patriarcale dominante, nella Chiesa e non. È chiara la specificità della situazione italiana, ma «bisogna smettere di considerare ciò che accade nella Chiesa cattolica un affare solo della Chiesa cattolica. Riguarda tutta la società italiana».

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Emerge dal silenzio che circonda gli abusi una difficoltà ad accettare che l’istituzione ecclesiastica e la figura del sacerdote – che è ancora un punto di riferimento comunitario – possano essere messi sotto accusa. Sono trattati con ossequio e sacralizzati. Questa dinamica di potere rende difficile far emergere i casi di abuso e prevenirli. In fondo le violenze che avvengono nella Chiesa fanno parte di quella stessa cultura dello stupro che dilaga al suo esterno. In aggiunta però la posizione di privilegio che i sacerdoti e i religiosi hanno nelle comunità spirituali fa in modo che si sentano protetti quando compiono un abuso e che chi lo subisce sia portato a tacere.

La violenza sessuale è l’ultimo anello di una catena che è in primo luogo un abuso di potere, della propria autorità. Insieme alla componente fisica vanno considerate anche le violenze spirituali e psicologiche. Finché, però, queste situazioni sono viste come episodici casi di cronaca, non si riuscirà a comprendere appieno il loro carattere sistemico e insito nelle istituzioni ecclesiastiche. Il Coordinamento intende smuovere proprio questa consuetudine. 

Immagine in anteprima: Marian Fathers Church Ealing Broadway, London, CC BY-NC-ND 2.0, via Flickr.com

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