Valencia: una catastrofe annunciata dall’inazione della politica. Siamo nell’era dei disastri seriali
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95 morti. Tre giorni di lutto nazionale. Un numero imprecisato di dispersi. In alcune aree sono caduti più di 400 litri per metro quadrato, in un giorno le precipitazioni di solito registrate in un mese, nel Comune di Chiva la pioggia di un anno intero in sole otto ore. Per avere un termine di paragone, un temporale di intensità relativamente forte, di quelli che vediamo in estate, può arrivare a 40 o 50 litri per metro quadro. Questa volta le precipitazioni sono state 10 volte maggiori.
Sono i numeri catastrofici (e purtroppo ancora provvisori) dell’evento meteorologico estremo che ha devastato Valencia e la Spagna orientale, centrale e meridionale martedì scorso. Le piogge torrenziali hanno causato la più grave alluvione del paese degli ultimi trent'anni, sprigionando torrenti di fango che hanno invaso città, paesi e villaggi, intrappolando le persone nelle loro case, abbattendo alberi e tagliando strade e linee ferroviarie. Nel 1996 morirono 87 persone in seguito alle piogge torrenziali che colpirono un campeggio sui Pirenei.
“È la prima volta che vedo una cosa del genere”, ha detto Manuel Yerai, un agricoltore del sud della Spagna, che ha assistito impotente alla grandine, grande come una pallina da tennis, mentre squarciava i teli di plastica che coprivano le sue piante di peperoni. “Mia nonna ha 89 anni e non ha mai visto niente del genere”.
I servizi televisivi hanno trasmesso i video di alcuni cittadini che mostravano l'inondazione delle acque nei piani terra degli appartamenti, torrenti che tracimavano gli argini e almeno un ponte che cedeva. Una coppia di anziani è stata salvata dal piano superiore della propria casa da un'unità militare che utilizzava un bulldozer. Un treno ad alta velocità con quasi 300 persone a bordo è deragliato vicino a Malaga, anche se le autorità ferroviarie hanno dichiarato che nessuno è rimasto ferito. Il servizio ferroviario ad alta velocità tra Valencia e Madrid è stato interrotto, così come diverse linee treni regionali.
“Ieri è stato il giorno peggiore della mia vita”, ha dichiarato Ricardo Gabaldón, sindaco di Utiel, una comune della comunità autonoma valenciana, all'emittente nazionale RTVE. “Eravamo intrappolati come topi. Le auto e i cassonetti della spazzatura scorrevano lungo le strade. L'acqua stava salendo fino a 3 metri”, ha detto Gabaldón che ha aggiunto che nella sua città mancano all'appello diverse persone.
I funzionari governativi hanno dichiarato che il numero esatto dei dispersi rimane sconosciuto. “Il fatto che non possiamo fornire un numero di persone disperse indica l'entità della tragedia”, ha dichiarato il ministro spagnolo per le Politiche territoriali, Ángel Víctor Torres.
I soccorritori continuano a setacciare le aree devastate, ma Carlos Mazón, presidente della Generalitat Valenciana, ha dichiarato che alcune zone rimangono “assolutamente impossibili” da raggiungere. La ministra della Difesa, Margarita Robles, ha dichiarato che sono stati dispiegati mille soldati per dare una mano nei soccorsi.
Quello di Valencia si appresta, inoltre, a diventare il disastro naturale più costoso della storia della Spagna. Gli esperti del settore assicurativo non ricordano nulla di simile, a causa del suo impatto su infrastrutture, industrie, centri commerciali e logistici, coltivazioni, case, camion e automobili. “Le perdite raggiungeranno livelli mai visti prima”, spiega un dirigente specializzato in sinistri.
Il primo ministro spagnolo, Pedro Sánchez, ha invitato all'unità, alla solidarietà e a mantenere alta l’allerta. “Non dobbiamo abbassare la guardia perché il fronte meteorologico continua a creare problemi e non possiamo ancora dire che questo evento così devastante si sia concluso”, ha dichiarato. “Ci sono ancora allerte meteo in Andalusia, Valencia, Aragona, Castilla y León, in Catalogna, in Estremadura, in Navarra, a La Rioja e a Ceuta. Per questo motivo chiedo ai cittadini di queste zone di prestare particolare attenzione e di non circolare sulle strade, di evitare di avvicinarsi a burroni, agli argini e ai letti di fiumi e di seguire le indicazioni dei servizi di emergenza e della polizia. Nessuno dovrebbe mettere a rischio la propria vita”.
Sulla zona intorno a Jerez de la Frontera, nel sud dell'Andalusia – mentre nella stessa regione era ancora in vigore l'allerta arancione per Cadice, Siviglia e l'area vicina allo stretto di Gibilterra – c’è ancora un'allerta meteo rossa
Il ruolo del cambiamento climatico e l’allerta arrivata in ritardo
Molti fattori hanno contribuito alle piogge torrenziali che hanno colpito la Spagna all’inizio di questa settimana.
I meteorologi hanno identificato la probabile causa principale delle intense precipitazioni in una “gota fria”, o “goccia fredda”, un evento meteorologico che colpisce la Spagna in autunno e in inverno. Questo modello meteorologico talvolta viene chiamato “DANA”, l'acronimo di “depresión aislada en niveles altos”, ovvero depressione isolata ad alta quota. Quando l'aria fredda si sposta sulle acque calde del Mar Mediterraneo, permette all'aria più calda e umida in superficie di salire rapidamente. Questo fenomeno crea instabilità atmosferica e fa sì che l'aria calda e satura salga rapidamente, provocando forti piogge e temporali.
“Questi episodi sono diventati più estremi negli ultimi anni, causando gravi danni”, ha dichiarato Mar Gómez, fisico e meteorologo spagnolo. “L'aria più calda può trattenere più vapore acqueo, il che significa che quando piove, ne cade di più. Anche il Mediterraneo si sta surriscaldando, rendendo le piogge più violente e frequenti. Ad agosto, il mare ha raggiunto la temperatura più alta mai registrata”.
Il fenomeno è diventato anche più diffuso geograficamente, aggiunge Gómez. “Le piogge causate dalla ‘gota fria’ non colpiscono più solo la costa, ma anche città come Madrid, dove non è usuale avere questo tipo di precipitazioni abbondanti”.
Secondo gli esperti del clima, questi eventi stanno diventando più estremi a causa del cambiamento climatico. L'aumento delle temperature globali ha portato le nuvole a trasportare più pioggia.
“Con ogni frazione di grado di riscaldamento dei combustibili fossili, l'atmosfera è in grado di trattenere una maggiore quantità di umidità, portando a precipitazioni più intense”, spiega alla BBC Friederike Otto, ricercatrice dell'Imperial College di Londra, che guida un gruppo internazionale di scienziati che cerca di capire il ruolo del riscaldamento in questo tipo di eventi. “Senza dubbio, questi acquazzoni esplosivi sono stati intensificati dal cambiamento climatico”.
Il gruppo di ricercatori, guidato da Otto, afferma che il cambiamento climatico ha avuto un impatto diretto sulla quantità di pioggia trasportata da queste nuvole, aumentandola del 7% per ogni grado di riscaldamento di 1°C.
Inoltre, il cambiamento climatico sta rendendo questi tipi di eventi più lenti, aumentando la quantità di precipitazioni che producono. È stato il caso di quanto accaduto a Valencia, spiega ancora Gómez: “L'instaurarsi di un flusso costante da est ha impattato sulle catene montuose vicine alla costa, fornendo energia costante per lo sviluppo di tempeste. Mentre questa situazione è rimasta stabile per più di 12 ore, i nuclei temporaleschi si sono sviluppati costantemente nella stessa area”.
L'intensità delle precipitazioni che hanno colpito le aree intorno a Valencia ha messo in luce l'impreparazione del paese e ha portato il governo nazionale, guidato dai socialisti a criticare le autorità regionali di centro-destra per non aver trasmesso tempestivamente gli avvertimenti alle persone in pericolo.
Gli avvertimenti sono arrivati troppo tardi, è la critica mossa da governo, sindacati, attivisti e cittadini. Il governo regionale di Valencia, responsabile del coordinamento dei servizi di emergenza nelle aree colpite, ha ammesso di aver inviato un messaggio di testo per avvisare i residenti dell'imminente catastrofe solo otto ore dopo la segnalazione delle prime inondazioni e dieci ore dopo che l'Agenzia meteorologica nazionale spagnola (AEMET) aveva emesso un'allerta che evidenziava un “pericolo estremo” nella regione di Valencia.
Quando le autorità valenciane hanno agito “la situazione si era già aggravata in modo significativo”, ha dichiarato un funzionario del Ministero nazionale per la Transizione ecologica.
Il presidente della Generalitat Valenciana, Mazón, è stato duramente criticato per la sua decisione di eliminare l'Unità di Emergenza di Valencia (UVE). L'UVE era stata creata dal precedente governo di sinistra per rispondere alle emergenze meteorologiche come inondazioni o incendi. Una volta insediatosi l'anno scorso, il Presidente Mazón se ne è immediatamente sbarazzato perché, a suo avviso, inefficiente. Il sindacato Intersindical ha attaccato la decisione: “Dando priorità agli interessi a breve termine, si contribuisce al degrado ambientale e si aggravano gli effetti dei fenomeni meteorologici estremi”, si legge in una nota ufficiale.
Il governo regionale di Valencia ha risposto dicendo che l'UVE “era solo un'altra organizzazione fittizia, con zero vigili del fuoco, zero materiali e zero efficienza”. Tuttavia, in molti hanno sottolineato come Mazón avesse ridimensionato la portata delle piogge la mattina del 29 ottobre, quando aveva detto davanti ai media che “le forti piogge avrebbero ridotto la loro intensità” a partire dalle 18. E invece poi c’è stata la devastazione.
Andreu Salom, sindaco di L'Alcúldia, ha dichiarato di essersi sentito “abbandonato e assolutamente impotente”. “Come sindaco, nessuno mi ha informato del pericolo che il fiume Magre potesse rompere gli argini”, ha detto. “Ha riempito la città di acqua, fango e detriti”.
Mazón si è giustificato dicendo che i servizi di emergenza erano in allerta da lunedì e che la natura straordinaria dell'evento meteorologico ha reso difficile sapere esattamente cosa consigliare. “Gli esperti hanno parlato di una situazione senza precedenti”, ha detto.
E, in effetti, spiega la professoressa Linda Speight dell'Università di Oxford, prevedere il percorso di temporali intensi e in rapido movimento è un'impresa molto difficile. “Gli avvisi possono essere un salvavita per aiutare le persone a cercare un terreno più alto e sicuro prima di un'alluvione. Ma come abbiamo visto in Spagna, è davvero difficile emettere avvisi per i temporali intensi, perché spesso non si conosce in anticipo la posizione esatta delle precipitazioni più intense. I meteorologi e gli scienziati stanno lavorando duramente per trovare soluzioni innovative a questa sfida, ma non sarà un problema facile da risolvere”.
Le immagini della catastrofe, l’estetizzazione della tragedia e le responsabilità della politica
Le immagini delle auto accatastate dopo il passaggio della tempesta, trasmesse dalle TV spagnole, hanno fatto il giro del mondo e suscitato ansia, rassegnazione, indignazione. Non è la prima volta che vediamo immagini del genere, a cadenze sempre più ridotte – prima erano anni, poi mesi, ora settimane – da tutte le latitudini – California, Emilia Romagna, ora Spagna e presto probabilmente Taiwan dove sono state chiuse le attività in previsione di quella che si presume essere, ritenuta la tempesta più forte degli ultimi 30 anni, il tifone Kong-rey.
Queste immagini allertano, attirano la nostra attenzione, ma durano lo spazio di una fiammata, il tempo di tornare alla nostra routine e a guardare altro. Scrive il giornalista Ferdinando Cotugno su Rivista Studio, “il cambiamento climatico sta diventando un’esperienza estetica collettiva, stiamo trattando il clima come quel content creator che ha capito come stimolare le nostre ricondivisioni”.
La lunga sequenza di disastri, prosegue Cotugno, “sta amplificando questa serializzazione dell’esperienza climatica, la sua trasformazione da crisi a contenuto”. E l’effetto di tutto questo è una sorta di senso di assuefazione a immagini che trasformano noi cittadini in spettatori della crisi climatica.
“Il clima ha bisogno di cittadini, non di spettatori”, scrive Cotugno sollevando una questione importante, per certi versi simile alla foto del corpo del piccolo Alan, il bambino di tre anni senza vita recuperato nel 2015 su una spiaggia di Bodrum, in Turchia. Quella foto – si disse all’epoca – avrebbe dovuto segnare un punto di non ritorno, avrebbe dovuto svegliare le nostre coscienze, l’ennesimo ‘mai più’ che ci siamo detti in tutti questi anni. Abbiamo visto come è andata, abbiamo visto le scelte che l’Unione Europea sta prendendo in materia di immigrazione, gestione delle frontiere e diritto di asilo.
Eppure, prima ancora di una questione di attivismo civico, di indignazione e ansia climatica da trasformare in azione politica, c’è n'è una – grande come gli eventi estremi di questi anni – di responsabilità politica delle nostre istituzioni, a ogni livello. E la sintesi più efficace ce l’ha data proprio la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, in queste ore. Commentando la catastrofe di Valencia, von der Leyen ha detto che “le alluvioni spagnole più letali degli ultimi decenni sono un altro straziante promemoria del fatto che l'Europa è impreparata alle conseguenze di un'atmosfera surriscaldata. Questa è la drammatica realtà del cambiamento climatico. E dobbiamo prepararci ad affrontarla”, ha dichiarato, precisando di aver chiesto di scrivere un piano completo per proteggere meglio gli europei dagli eventi climatici estremi.
È vero, un problema che l'alluvione in Spagna ha messo in evidenza è l'incapacità delle infrastrutture moderne di far fronte a eventi alluvionali estremi. Come hanno affermato alcuni ricercatori, le nostre strade, i nostri ponti e le nostre vie sono stati costruiti per affrontare il clima del secolo scorso, non quello attuale. Ma porre l’attenzione sull’adattamento agli effetti del cambiamento climatico distrae dall’altro lato delle azioni politiche da intraprendere, e cioè ridurre le emissioni, accelerare la transizione ecologica, mantenere fede agli impegni presi anni fa.
Sono anni che diciamo che “nella lotta alla crisi climatica gli ostacoli sono politici e non tecnologici”, che gli scienziati climatici sono furiosi con chi ci governa, che persegue altre strade e altre priorità politiche e industriali, nonostante le prove scientifiche fornite siano ormai chiare ed evidenti.
“La risposta del mondo fino ad oggi è riprovevole: viviamo in un'epoca di pazzi”, commentava lo scorso maggio uno scienziato sudafricano al Guardian che aveva intervistato 380 scienziati climatici del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC) su cosa prevedono per il futuro del nostro pianeta. “Il cambiamento climatico è una minaccia esistenziale per l'umanità e la mancanza di volontà politica e gli interessi aziendali consolidati ci impediscono di affrontarlo. Sono preoccupata per il futuro che erediteranno i miei figli", aveva aggiunto Lorraine Whitmarsh, dell'Università di Bath nel Regno Unito.
Ci sono molte similitudini nell’approccio a migrazioni e clima. I nostri politici fanno finta di non capire la natura del problema e le soluzioni da intraprendere e criminalizzano il dissenso. Lo stiamo vedendo in Italia, con la norma “anti-Gandhi”, lo vediamo in Europa con le condanne agli attivisti di Just Stop Oil: la deterrenza come arma di repressione della disobbedienza civile, la derubricazione dell’attivismo climatico a una questione di ordine pubblico, la depoliticizzazione delle istanze climatiche portate avanti da studenti e attivisti.
Nel frattempo, chi ci governa, a parole ci dice che c’è sempre meno tempo, nei fatti ci spinge sempre più verso la deflagrazione, facendo ballare l’umanità come i passeggeri del Titanic.
Immagine in anteprima: frame video BBC