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La Moldova dice sì all’adesione all’Unione Europea tra l’invasione dell’Ucraina, le interferenze russe e le divisioni interne

22 Ottobre 2024 8 min lettura

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La Moldova dice sì all’adesione all’Unione Europea tra l’invasione dell’Ucraina, le interferenze russe e le divisioni interne

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Un’affluenza che supera il 50% degli aventi diritto di voto, un ballottaggio per eleggere il nuovo Capo di Stato tra due settimane, un “sì” per il referendum di adesione all’Unione Europea arrivato in extremis (e grazie alla diaspora) e un minuto e mezzo di commento alla stampa della presidente in carica Maia Sandu su brogli e influenze esterne: ecco come si conclude il doppio appuntamento elettorale di domenica nella Repubblica Moldova. (Qui i risultati della doppia tornata elettorale aggiornati)

Un “sì” al fotofinish

Era il progetto politico di punta di Maia Sandu, questo referendum sull’adesione del paese all’Unione Europea, che è riuscito a strappare un “sì” ai moldavi con un margine davvero tiratissimo del 50,46%, lasciando osservatori e analisti incollati al sito della Commissione Elettorale Centrale moldava con gli occhi ben aperti fino alle prime ore del mattino di lunedì, quando anche la candidata e presidente in carica ha smesso perlomeno di sudare freddo: sono 750.238 i cittadini che hanno scelto di voler modificare la Costituzione per sancire l’adesione della Repubblica Moldova all’Unione, contro i 738.636 che si sono detti contrari. Eppure, fino alle 5 del mattino, la situazione è rimasta in bilico con un 50/50 e un risultato che oscillava tra il “sì” e il “no”, con meno del 5% dei voti ancora da scrutinare (tutti, peraltro, corrispondenti alla diaspora).

In parallelo, i dati mostravano l’ormai semi-sconfitta al primo turno di Sandu, che non è effettivamente riuscita a prevalere sugli avversari senza dover richiamare l’elettorato alle urne per un ballottaggio. Il distacco dagli oppositori, infatti, è stato di parecchio inferiore alle previsioni: la presidente in carica è stata promossa solo con il 42,45% dei voti, seguita dall’ex procuratore generale Alexandru Stoianoglo con il 25,98%. Non ce l’ha fatta, come previsto dai sondaggi, l’ex governatrice della regione autonoma della Gagauzia, Irina Vlah, che ha ottenuto appena il 5,38% dei voti. Poiché nessun candidato si è guadagnato la maggioranza assoluta prevista, per eleggere il nuovo presidente ci vorrà il secondo turno che si terrà domenica 3 novembre e che vedrà Stoianoglo sfidare Sandu in un tête-à-tête e in un’atmosfera che sarà ancora più tesa di quella presagita da molti.

Fino alla vigilia di questo duplice voto – o forse addirittura fino alla chiusura dei seggi e allo spoglio delle prime schede – erano pochi quelli che si aspettavano un risultato così incerto sia per Sandu che per il “sì” decisivo al referendum sull’adesione all’Unione Europeo, voluto e promosso dalla presidente e dal suo partito (PAS – Partito d’Azione e Solidarietà) con una campagna elettorale da alcuni considerata ambigua (perché Sandu ha associato la sua scommessa elettorale ai destini del paese con il referendum) e strategicamente ben pensata. Non a caso, come riportano anche gli studiosi dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), la norma dell’articolo 184, comma 2, del Codice Elettorale è stata modificata proprio nel 2024 per eliminare il divieto di tenere referendum ed elezioni nello stesso giorno.

Perché, allora, intraprendere questa mossa così azzardata, dato che l’UE non interromperà mai la cooperazione con la Moldova, a prescindere dai risultati del referendum, ma soprattutto conoscendo le difficoltà e le problematiche interne ed esterne del proprio paese, che si ritrova – come abbiamo potuto notare – completamente spaccato in due? La doppia vittoria avrebbe sicuramente spianato la strada alla presidente alla guida della Moldova nel percorso di integrazione europea, nonché creato una solida base politica per le prossime elezioni parlamentari (che avranno luogo nel 2025), infliggendo contemporaneamente un duro colpo all’opposizione di matrice filorussa.

Tuttavia, il risultato di oggi lascia intendere che il partito di Sandu non sarà in grado di mantenere una maggioranza unica nel prossimo parlamento: molti problemi strutturali interni (povertà, disoccupazione, corruzione, infrastrutture, diatribe interne) continuano a rimanere irrisolti. E, forse, questo potrebbe essere il momento migliore per avviare colloqui di coalizione per il futuro, magari con forze e politici che ora sembrano essere duri oppositori del governo. A tal proposito, il candidato presidenziale del Partito dei Socialisti (PSMR), Alexandru Stoianoglo, intervenendo a un incontro con la stampa, ha proposto a Maia Sandu di dialogare all’interno di una “piattaforma neutrale” al fine di “aiutare i cittadini a prendere decisioni equilibrate, ponderate e responsabili”.

Inoltre, la scommessa della squadra presidenziale sul referendum come mezzo per mobilitare i suoi sostenitori pro-europei e convincerli ad andare a votare, seppur non del tutto entusiasti dei risultati del primo mandato di Maia Sandu, è fallita. Certo, il referendum si è concluso con una vittoria, ma è talmente risicata che Sandu non può ritenersi soddisfatta e dormire sonni tranquilli: la vittoria davvero di misura del sì, certa praticamente solo al conteggio finale delle schede e, soprattutto, dopo che l’opzione “contro” è stata in testa per tutto il tempo dello spoglio dei voti, è una prova innegabile che la società moldava è letteralmente spaccata in due – sia al suo interno che tra residenti e non residenti – e non ha un reale desiderio unanime di avvicinarsi all’Europa, o meglio, sono i cittadini moldavi facenti parte della diaspora (per la maggior parte residenti in Europa) a spingere in quella direzione, non di certo la popolazione che rimane in patria.

La diaspora moldava è diventata quindi, nuovamente e non per la prima volta, un fattore chiave che influenza i risultati elettorali. E tutto ciò dimostra un abisso tra i valori dei moldavi che vivono in patria e quelli dei cittadini che sono invece residenti all’estero. E allora vale la pena chiedersi: se in Russia – che possiede la diaspora moldava più numerosa, a cui seguono Italia e Stati Uniti – ci fossero stati almeno un paio di seggi in più (anziché i due di Mosca), i risultati del voto sarebbero stati diversi? Probabilmente sì.

“La Moldova ha affrontato un attacco senza precedenti alla libertà e alla democrazia del nostro paese, sia oggi che negli ultimi mesi”, esordisce così la presidente in carica durante il brevissimo commento alla stampa sui risultati preliminari del referendum, attribuendo la colpa di tale andamento all’interferenza di “gruppi criminali che lavorano insieme a forze straniere ostili ai nostri interessi nazionali con l’obiettivo di minare il processo democratico”.

L’interferenza russa nelle elezioni e nel referendum è stata una delle principali preoccupazioni sin da subito. Secondo una dichiarazione congiunta di Canada, Regno Unito e Stati Uniti, il Cremlino sta conducendo da mesi (se non da anni) una guerra ibrida contro la Moldova, diffondendo disinformazione e critiche al governo di Sandu per destabilizzarlo e mantenere il paese nella sfera di influenza della Russia. In linea con questi sforzi, il Cremlino starebbe anche sostenendo entità politiche che si oppongono alla presidente, che negli ultimi due anni hanno inscenato proteste antigovernative, orchestrato viaggi gratuiti in Russia per alcuni gruppi influenti, comprato voti e altro ancora.

L’ingerenza russa nella politica moldava non è, però, una novità e non è un fenomeno nato con le elezioni o con l’invasione russa dell’Ucraina del 2022, come molti tendono a credere. La strategia del Cremlino per destabilizzare la situazione in Moldova attraverso misure ibride era già emersa, per esempio, in occasione delle elezioni locali del 2023. "Oltre alla diffusione della disinformazione, queste campagne si basano su flussi finanziari maligni, coercizione economica, attacchi informatici e tentativi di influenzare l’opinione pubblica attraverso piattaforme di notizie mirate", come spiega la ricercatrice Nadja Douglas. Tuttavia, nel caso di queste elezioni ha (nuovamente) funzionato piuttosto bene. Ora come ora i brogli elettorali e le accuse mirate che Maia Sandu ha espresso ieri, non possono ancora essere ancora verificate al 100%, ma i flussi di disinformazione che la società moldava ha dovuto affrontare negli ultimi mesi sono evidenti. 

In Gagauzia, regione autonoma della Moldova, nota per essere molto vicina alla Russia e dove vivono all’incirca 135mila persone, Sandu ha ricevuto poco più del 2% dei voti ed è arrivata quinta fra gli undici candidati; il primo posto è andato al nativo locale Alexander Stoianoglo con un risultato di quasi il 49% dei votanti. La maggioranza dei candidati, scettici nei confronti dell’UE e soprattutto legati al Cremlino tramite l’oligarca latitante Ilan Şor, avevano inoltre invitato i cittadini della regione non a boicottare il referendum, ma a votare contro; e così è stato: poco più del 5% dei residenti della regione ha votato a favore del referendum sull’UE, mentre quasi il 95% ha effettivamente votato contro.

Sulla sponda sinistra del Dniestr, invece, nella nota regione separatista della Transnistria, il divario tra Stoianoglo e Sandu è stato di dieci punti percentuali in un’affluenza estremamente bassa (con poco più di 15mila votanti). 

L’annullamento dei risultati del voto: una soluzione possibile?

In seguito all’annuncio dei risultati iniziali delle elezioni, molto prima che lo spoglio dei voti fosse terminato, Maia Sandu, oltre a dichiarare che gruppi criminali senza nome avevano unito le forze con entità straniere con l’intenzione di comprare 300mila voti, ha anche promesso che, dopo l’elaborazione dei risultati finali, avrebbe preso alcune “decisioni”: dichiarazione, questa, che ha portato a speculazioni sul fatto che le autorità stessero considerando di contestare e annullare i risultati del voto del 20 ottobre.

Tuttavia, una tale opzione sembrerebbe impossibile. In primo luogo, il referendum si è svolto e i sostenitori dell’integrazione europea hanno ottenuto una vittoria formale, anche se non convincente. Pertanto, annullare i risultati del referendum su questa base sembrerebbe piuttosto strano - anche e soprattutto in seguito al messaggio della Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen: 

In secondo luogo, l’annullamento non farebbe altro che motivare gli oppositori del governo e dell’integrazione europea a protestare in occasione di nuove elezioni. Inoltre, molto probabilmente, anche se il voto di alcuni elettori dovesse essere stato effettivamente comprato, è quasi improbabile che questi poi votino in modo diverso alle nuove elezioni.

Pertanto, l’annullamento dei risultati del voto potrebbe creare molti più problemi all’attuale governo e minare ulteriormente il sostegno al percorso di adesione all’UE. Qualunque decisione prenda Maia Sandu dovrà riflettere sui risultati ottenuti e cercare di avvicinare almeno una parte degli elettori in vista del prossimo turno e delle prossime elezioni parlamentari.

Immagine in anteprima: frame video Euronews via YouTube

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