Il provvedimento contro Christian Raimo per le frasi sul ministro dell’Istruzione Valditara
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Aggiornamento del 7 novembre 2024: Christian Raimo è stato sospeso per tre mesi dall’insegnamento, con una decurtazione del 50% dello stipendio. La decisione arriva dopo il provvedimento disciplinare che ha colpito lo scrittore a settembre, quando durante un incontro pubblico alla festa nazionale di Alleanza Verdi Sinistra fece alcune dichiarazioni sul ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara.
Come riporta l’ANSA, gli studenti della scuola dove Raimo insegna, il liceo Archimede a Roma, hanno deciso di protestare contro il provvedimento. All’ingresso della scuola è stato messo uno striscione con scritto “"tre mesi di sospensione per un'opinione". Gli studenti hanno poi convocato un'assemblea di istituto per discutere dell'episodio.
Anna Paola Sabatini, direttrice generale dell’Ufficio Scolastico Generale del Lazio, commentando la vicenda ha ricordato che Raimo “era stato già precedentemente oggetto di sanzione perché, in occasione di un suo intervento in una trasmissione televisiva, aveva affermato di incitare i giovani alla violenza".
Qual è il confine che separa la libera manifestazione del pensiero e l’espressione di opinioni idonee a ledere l’immagine della pubblica amministrazione? La domanda si pone dopo aver letto la vicenda resa nota in questi giorni da Christian Raimo, insegnante di scuola superiore, giornalista e scrittore. Nel giro di pochi mesi, Raimo è stato destinatario di una prima sanzione disciplinare per comportamenti non conformi al codice di comportamento dei dipendenti del ministero dell’Istruzione e del Merito (MIM), a seguito di sue esternazioni riguardanti il ministro Giuseppe Valditara; poi ha ricevuto una seconda sanzione per il medesimo motivo, dopo sue ulteriori esternazioni, e potrebbe subire conseguenze che vanno dalla sospensione senza stipendio al licenziamento.
Per valutare la vicenda, occorre partire dai fatti.
Di cosa parliamo in questo articolo:
I fatti
Il 5 aprile 2024, in una trasmissione televisiva, a proposito della vicenda giudiziaria di Ilaria Salis in Ungheria, lo scrittore aveva detto “Cosa bisogna fare con i neonazisti? Per me bisogna picchiarli”. Ne erano conseguite polemiche, interrogazioni parlamentari e minacce nei suoi riguardi. Lo stesso giorno, il ministero dell'Istruzione e del Merito aveva pubblicamente reso noto, in una comunicato, l’avvio di approfondimenti interni da parte dell’Ufficio Scolastico Regionale. “La scuola” - si leggeva nel comunicato - “non può condividere nessuna forma di violenza, anche verbale, nel rispetto dei valori che sono propri della nostra Costituzione». A seguito di ciò, Raimo aveva scritto un post su Facebook, affermando che “il ministro Valditara mostra quanto rischia di diventare violenta l'autorità, ma diciamo anche il potere, quando non ha autorevolezza né capacità di ascolto e di dialettica”. Questo post aveva determinato il primo provvedimento disciplinare, anche se il direttore generale dell'ufficio scolastico aveva spiegato che la sanzione irrogata era comunque “il frutto di una valutazione molto più ampia e complessiva di suoi comportamenti non conformi al nostro codice disciplinare”. Raimo ha presentato ricorso contro la decisione.
La seconda sanzione era stata decisa dopo che, a inizio settembre, alla festa nazionale di Alleanza Verdi-Sinistra (AVS), Raimo aveva affermato di ritenere che “da un punto di vista politico Valditara vada colpito, perché è un bersaglio debole e riassume in sé tante delle debolezze del governo”. E ancora: “Dentro la sua ideologia c'è tutto il peggio: la cialtronaggine, la recrudescenza dell'umiliazione, il classismo, il sessismo. Se è vero che non è lui l'avversario, è vero che è lui il fronte del palco di quel mondo che ci è avverso, e quindi va colpito lì, come si colpisce la Morte nera in Star Wars”.
Dopo la seconda sanzione, Raimo si è detto sconcertato. “Viene punita la libertà d’espressione e critica di scelte politiche di un ministero e di un governo. In questo secondo provvedimento avrei commesso diversi illeciti, tra cui aver leso l'immagine del ministero. Questi termini vanno contro l'articolo 21 della Costituzione e l'articolo 33 che sanciscono la libertà di espressione e di insegnamento”. “Le critiche che faccio” - ha osservato ancora Raimo - “non le faccio in classe, da docente, ma da libero cittadino e da giornalista”. “Ribadisco che non ho mai attaccato Valditara in quanto persona. Non ho mai pronunciato nessun insulto nei suoi confronti. Ho rispetto per la persona. Ho solo criticato fortemente le sue idee, le sue scelte, le sue politiche”.
L’appello pro-Raimo
Dopo la notizia del secondo provvedimento, si è attivata una mobilitazione a favore di Christian Raimo. Un appello di solidarietà nei suoi riguardi è stato firmato, tra gli altri, dal premio Nobel Giorgio Parisi, dai cantanti Colapesce e Dimartino, nonché da Zerocalcare, Paolo Giordano, Nicola Lagioia, Daria Bignardi, Adriano Sofri, Sandro Veronesi, Matteo Garrone e molti altri.
“In Italia un insegnante rischia il licenziamento per aver criticato il ministro dell'Istruzione e del Merito” - si legge nell'appello - “È una notizia grave e allarmante, che dice molto sulla democrazia sostanziale che viviamo oggi in Italia e sulla torsione autoritaria in atto”. L’appello constata che “norme e provvedimenti” come quelli richiamati nella vicenda Raimo, “di cui il disegno di legge ‘Sicurezza’ in via di approvazione è esempio tristemente calzante”, sono adottati da “governi che chiamiamo democrature. Cioè democrazie solo formali, sospese, regimi, e non democrazia liberali che abbiano a cuore la libertà di espressione e di critica come principio fondanti”.
Occorre, a questo punto, spiegare quali siano le regole che disciplinano l’uso delle piattaforme social da parte dei dipendenti pubblici.
Le regole per l’uso di piattaforme social da parte dei dipendenti pubblici
Con proprio decreto (n. 105 del 26 aprile 2022) il MIM ha adottato il Codice di comportamento dei dipendenti, quindi anche dei docenti, qual è Christian Raimo.
Il Codice, con una disposizione oltremodo generica, prescrive che “il dipendente si astiene dal pubblicare, tramite l’utilizzo dei social network, contenuti che possano nuocere all’immagine dell’Amministrazione” (art. 13, comma 4).
Tale Codice attua la norma del Testo unico del pubblico impiego (decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, art. 54, comma 5), ai sensi della quale “ciascuna pubblica amministrazione definisce (…) un proprio codice di comportamento che integra e specifica” quello definito a livello centrale dal Governo per tutti i dipendenti delle pubbliche amministrazioni. Quest’ultimo, adottato nel 2013 (DPR n. 62/2013), è stato aggiornato nel giugno del 2023 (DPR n. 81/2023) con una specifica sezione dedicata all’uso dei mezzi di informazione e social media.
In particolare, l’art. 11-ter prevede che “nell'utilizzo dei propri account di social media, il dipendente utilizza ogni cautela affinché le proprie opinioni o i propri giudizi su eventi, cose o persone, non siano in alcun modo attribuibili direttamente alla pubblica amministrazione di appartenenza” (comma 1). La disposizione prosegue affermando che “in ogni caso il dipendente è tenuto ad astenersi da qualsiasi intervento o commento che possa nuocere al prestigio, al decoro o all'immagine dell'amministrazione di appartenenza o della pubblica amministrazione in generale” (comma 2). Si fa, altresì, divieto al dipendente di trattare comunicazioni “afferenti direttamente o indirettamente il servizio” attraverso “conversazioni pubbliche mediante l'utilizzo di piattaforme digitali o social media”, ciò al fine di garantire i necessari profili di riservatezza (comma 3).
Le disposizioni del Codice definito dal Governo, da leggere unitamente a quelle del MIM, sono più dettagliate rispetto a queste ultime, ma restano comunque oltremodo generiche, come aveva evidenziato da subito il Consiglio di Stato (CdS).
Il parere del Consiglio di Stato
Nel gennaio 2023, il CdS si era espresso negativamente sulla bozza del testo relativo al Codice di comportamento (parere interlocutorio n. 93) e poi, a fronte della ripresentazione del testo senza che i suoi rilievi su specifici punti fossero stati recepiti, non aveva potuto fare altro che ribadirli (parere definitivo n. 584 del 14 aprile 2023).
Tra le altre cose, i giudici di Palazzo Spada evidenziavano come le nuove disposizioni sull’utilizzo delle tecnologie informatiche, nonché dei mezzi di informazione e social media, pur essendo “connotate da un elevato dettaglio casistico”, lasciassero comunque indeterminate le condotte sanzionabili. Tale indeterminatezza espone conseguentemente “i pubblici dipendenti agli eccessi degli spazi interpretativi d’intervento” da parte di chi ha il potere di sanzionarne i comportamenti. In altre parole, le regole appaiono così generiche da essere troppo discrezionalmente applicabili, risultando idonee a determinare disparità di trattamento tra gli eventuali destinatari di provvedimenti disciplinari, sia nell’ambito di amministrazioni differenti, sia all’interno della medesima amministrazione.
Le nuove disposizioni – affermava il CdS - “per la loro capacità di incidere come fonti di nuove responsabilità disciplinari e anche, a determinati effetti, penali, civili, amministrative e contabili sulla sfera dei diritti e delle libertà dei singoli”, avrebbero meritato una più attenta ponderazione da parte dei proponenti, al fine di valutarne meglio i requisiti di “necessità” e “adeguatezza”. Sarebbe servito, altresì, motivare in modo più idoneo l’introduzione di “limitazioni all'uso di mezzi di comunicazione che sono funzionali alla manifestazione del pensiero”, considerato il rischio di ledere diritti costituzionalmente tutelati.
Come detto, il medesimo schema di decreto era stato poi, in modo del tutto anomalo, ripresentato al Consiglio di Stato senza variazioni sui punti indicati, con la rassicurazione circa il fatto che i rilievi già formulati dal CdS nel primo parere sarebbero stati oggetto di verifica successiva in Consiglio dei Ministri. Pertanto, il parere definitivo del 14 aprile 2023 ha sostanzialmente ribadito quanto già evidenziato in quello precedente.
Nonostante le numerose criticità rilevate dai giudici amministrativi circa l’impatto della nuova disciplina su libertà tutelate costituzionalmente, il Codice di condotta è stato approvato.
Conclusioni
In conclusione, l’indeterminatezza delle regole dei Codici di condotta si traduce in un amplissimo potere discrezionale in capo all’amministrazione cui appartiene il dipendente. E l’eccesso di discrezionalità rischia di sfociare in arbitrio. La normativa non prevede criteri precisi cui ancorare le relative valutazioni, né c’è una qualche tipizzazione delle condotte sanzionabili o, almeno, la precisazione del tipo di azioni cui le disposizioni si riferiscono (ad esempio, like, retweet, emoji sono ricompresi?). Ciò appare particolarmente grave, in quanto le nuove disposizioni incidono sulla libertà di manifestazione del pensiero.
La vicenda di cui è protagonista Christian Raimo rende concreti gli impatti di tale disciplina. Nel marzo 2023, il ministero per la pubblica amministrazione aveva reso noto al CdS di voler apportare modifiche al testo, “al fine di risolvere le criticità legate all’indeterminatezza delle condotte sanzionabili”, ma poi non vi ha provveduto. Si dubita che lo farà in prosieguo.