Non ci sono prove contro Imane Khelif e Lin Yu-ting, le due pugili accusate di avere un “vantaggio genetico” alle Olimpiadi
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Giovedì primo agosto 2024 è stato il giorno dell’incontro tra Imane Khelif e Angela Carini. Il match, valevole per gli ottavi di finale dei pesi welter (69kg) della categoria femminile ai Giochi Olimpici di Parigi 2024, ha avuto i riflettori puntati non solo dall’Italia. Nei giorni precedenti alla sfida, infatti, si erano riaccese le polemiche sulla partecipazione dell’algerina Imane Khelif e della taiwanese Lin Yu-ting alle Olimpiadi in corso vista la loro esclusione dagli ultimi mondiali di pugilato del 2023 per non aver, come si riporta, superato i ‘‘test di genere’’.
Il match tra le due è durato 46 secondi, visto il ritiro dell’italiana Carini che si è detta impossibilitata a continuare per via di un pugno troppo violento che le avrebbe causato un forte dolore al naso. La vittoria è andata così all’algerina Imane Khelif che è approdata in semifinale dopo aver battuto l’ungherese Luca Hanna Hamori. Martedì 6 agosto sfiderà la thailandese Janjaem Suwannapheng.
L’uscita di scena di Angela Carini è stata accolta e celebrata da diversi esponenti del governo italiano. Già prima dell’incontro la maggioranza - anche in sede istituzionale - aveva definito Imane Khelif ‘‘oggi donna, nata uomo” (Sasso, Lega), ‘‘trans’’ (Salvini), “con caratteristiche genetiche maschili” (Meloni), e accusato il CIO (Comitato Olimpico Internazionale) di aver reso impari la competizione permettendole di gareggiare alle gare femminili di Parigi. Le accuse si sono basate in modo strumentale sulla squalifica di Khelif e Lin Yu-ting ai mondiali femminili di boxe del 2023. Ma l'intero caso presenta molti dubbi di cui in larga parte non si è tenuto conto, alimentando un dibattito in cui a farne le spese è stata prima di tutto la dignità delle due atlete, sottoposte a un trattamento disumanizzante.
Di cosa parliamo in questo articolo:
Cosa sappiamo realmente della situazione di Imane Khelif?
Non risulta alcun documento che attesti che Imane Khelif sia una persona transgender, tra l’altro sarebbe illegale e non tollerata nel suo paese. Non è infatti possibile secondo le leggi algerine identificarsi in un genere non conforme al sesso indicato al momento della nascita e neanche sottoporsi a interventi chirurgici per modificare i caratteri sessuali responsabili della discordanza tra identità di genere e sesso.
Quello che invece si conosce di Imane Khelif è la sua storia di persona a cui è stato assegnato il sesso femminile alla nascita, che è cresciuta e si è sempre identificata come donna e come tale è stata socializzata.
Nel suo villaggio a Tiaret, nell’Algeria settentrionale, Imane da adolescente giocava a calcio e riusciva anche bene, tra le gelosie dei ragazzini suoi coetanei. Ma se il calcio era, e spesso è, considerato uno sport maschile, la boxe lo è ancora di più, tanto che anche suo padre inizialmente si mostra restio alla sua passione non finanziando gli spostamenti settimanali a 10 km da casa. La giovane, con l’aiuto della madre che vendeva cuscus, è riuscita a pagare l’autobus per gli allenamenti vendendo rottami di metallo. Il coraggio di quelle scelte l’ha portata a rappresentare la sua nazionale alle Olimpiadi di Parigi, come era successo a Tokyo quattro anni fa.
‘‘Il mio sogno è vincere una medaglia d'oro - dichiarava lo scorso marzo all’UNICEF di cui è diventata ambasciatrice nazionale il 31 gennaio del 2024 - Se vinco, madri e padri possono vedere quanto lontano possono arrivare i loro figli. Voglio in particolare ispirare le ragazze e i bambini che sono svantaggiati in Algeria". Lo svantaggio di cui Khelif parla è legato alle condizioni del suo paese dove i ragazzi e le ragazze specialmente hanno opportunità sportive limitate. Mette anche in evidenza il tema poco dibattuto dell’obesità, molto diffusa in Algeria, e riconosce nella pratica sportiva una possibile soluzione per invertire la tendenza e salvare bambini e bambine in pericolo già in tenera età.
Da giorni però, parte dell'opinione pubblica, specialmente in Italia, le attribuisce dei vantaggi nelle competizioni sportive che sarebbero dovuti a livelli troppo alti di testosterone o a cromosomi XY.
Nel 2018 Imane Khelif è arrivata diciassettesima al campionato del mondo a Nuova Delhi, nel 2019 invece trentatreesima in Russia e nel 2022 seconda in Turchia. Nell'edizione 2023 è stata invece squalificata, insieme alla taiwanese Lin Yu-ting, a torneo in corso, per non aver ‘‘soddisfatto i requisiti di ammissibilità’’. In realtà le linee guida IBA (International Boxing Association), in vigore dal 24 ottobre 2020, non presentano dei veri e propri requisiti di ammissibilità per le donne. In maniera specifica si fa riferimento, oltre al libretto da pugile per ogni atleta, solo alla presentazione di un certificato che attesti una non gravidanza.
In generale si legge invece che tra le richieste mediche può esserci quella di una storia mestruale e che, sia per uomini che per donne, sono previste analisi dell’apparato genitale e urinario, di solito non esami fisici; si specifica però che qualora l'anamnesi presentasse problemi ulteriori, il dottore può richiedere altri test. Nelle regole effettive dal 3 marzo 2024 si legge che si considera donna ‘‘un individuo con cromosomi XX. A tal fine, I pugili potranno essere sottoposti a un test di genere casuale e/o mirato per confermare quanto sopra, che sarà utilizzato per i criteri di idoneità di genere per le competizioni IBA’’
Nei verbali della riunione del consiglio di amministrazione dell’IBA del 25 marzo 2023 non è specificato quale sia il vero motivo dell’esclusione delle atlete, si parla di test eseguiti in laboratori indipendenti i cui dettagli rimangono riservati. Lo stesso giorno Umar Kremelev, segretario generale dell'IBA, parlava di un’anomalia cromosomica all’agenzia russa TASS: “Sulla base dei risultati dei test del DNA, abbiamo identificato un certo numero di atleti che hanno cercato di ingannare i loro colleghi spacciandosi per donne donne. Sulla base dei risultati dei test, è stato dimostrato che avevano i cromosomi XY tali atleti sono stati esclusi dalla competizione.’’
Il 31 luglio scorso, dopo che diversi media avevano parlato dell’esclusione di Khelif per il superamento della soglia di testosterone consentito, l’IBA ha diramato un comunicato in cui afferma di non aver effettuato esami dei valori di testosterone, ma un test ‘‘che ha indicato con certezza che entrambe le atlete non soddisfacevano i necessari criteri di idoneità e sono risultate in possesso di vantaggi competitivi rispetto alle altre concorrenti femminili”. La squalifica, secondo l’IBA, si è basata su test da loro condotti nel Campionato Modiale Femminile a Instabul, nel 2022, e per l’appunto di Nuova Deli nel 2023. Chris Roberts, direttore esecutivo dell'IBA, intervistato dalla BBC Sports ha dichiarato che per entrambe le atlete i test avrebbero rivelato la presenza di cromosomi XY, ma poiché "erano coinvolti diversi filamenti", l'organizzazione non ha potuto riferirsi alle atlete come "biologicamente maschi".
Oltre alla natura dei test non resa pubblica, anche le tempistiche della squalifica di Khelif e Lin Yu-ting nel 2023 presentano criticità. Nel verbale dell’IBA già citato è riportato che il consiglio direttivo ha chiesto di chiarire perché i test siano stati effettuati a competizione in corso, quasi alla fine, dopo che le atlete erano state ammesse regolarmente a partecipare al torneo. Il Segretario Generale e CEO dell’IBA, autori della decisione, nel documento poi ratificato dal direttivo, hanno affermato che i test, i cui risultati sono stati resi disponibili in sette giorni, sono stati condotti su richiesta del delegato tecnico della giuria medica del campionato.
Controlli del sesso e vantaggi biologici
Quello che ha portato alla squalifica di Imane Khalifi e Lin Yu-ting ha le caratteristiche di un controllo a chiamata. Come scrivono Alessia Tuselli - ricercatrice del dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Trento - e Carla Maria Reale - docente del dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Trento -, dopo la caduta dell’obbligo del sex testing (1999) ‘‘i controlli di verifica del sesso/genere si attivano per i casi “sospetti”: atlete vincenti, tendenzialmente segnalate alla Federazione da colleghe/avversarie e/o da nazionali concorrenti, che per i loro risultati destano dubbi sul ‘vero’ sesso di appartenenza.’’
Oggi in tema di controlli del sesso punto di riferimento è il Framework on Fairness, Inclusion and Non-discrimination on the basis of gender identity and sex variations pubblicato nel 2021. Tramontato il criterio ormonale del testosterone, a cui il Comitato Olimpico aveva fatto espressamente riferimento nel 2015 nell’‘‘IOC Consensus Meeting on Sex Reassignment and Hyperandrogenism November 2015’’ , secondo le linee guida del CIO le atlete dovrebbero aver accesso alle categorie più affini al loro genere. Il controllo delle capacità fisiche resta possibile per eventuale verifica di vantaggi in gara, ma non è possibile effettuare controlli con lo scopo di determinare sesso, variazioni o identità di genere. Il presunto vantaggio dovrà inoltre essere documentato scientificamente e non assunto come conseguenza di caratteristiche fisiche o transizioni.
Questo è quanto accaduto invece a Imane Khelif e a Lin Yu Ting di cui abbiamo parlato meno solo perché non ha combattuto contro un’azzurra. L’atleta algerina è stata accusata da media, colleghe, politici e opinione pubblica di avere dei vantaggi sul ring per via del suo aspetto, anche perché, sempre ammesso che non è detto che implichi vantaggi, non esistono documenti che attestino la presenza di tratti intersex e lei non lo ha mai dichiarato. Una persona intersex nasce con una variazione delle caratteristiche sessuali che possono essere cromosomiche, ormonali, gonadiche o legate agli organi genitali esterni. Tali variazioni, seppur presenti dalla nascita, non è detto che siano visibili o che diano vantaggi competitivi.
In che modo la presenza di tratti intersex possa costituire un vantaggio in gara non è scientificamente provato, ma i vantaggi biologici nello sport sono frequenti. La domanda giusta da porsi allora sarebbe: quando un vantaggio è considerato un vantaggio? O meglio: quando un vantaggio biologico è considerato legittimo? Il cortocircuito sembra avvenire e resistere quando si tirano in ballo categorie sessuali.
La carriera di Imane Khelif, da sempre atleta nella categoria donne, è una carriera come tante altre, fatta di alti e bassi: alle olimpiadi del 2021 a Tokyo era riuscita ad arrivare ai quarti di finale dove è stata battuta con un netto 5-0 dall’irlandese Kellie Harrington che agli ottavi aveva battuta con lo stesso punteggio l’italiana Rebecca Nicoli. Nella corrente edizione dei giochi ad aver combattuto contro Kellie Harrington è stata Alessia Mesiano, sconfitta anche lei per 5-0 agli ottavi di finale della categoria 60kg donne. L’azzurra ha combattuto anche contro Imane Khelif, in un torneo nel 2021 in un match 60kg a Debrecen, in Ungheria, come racconta a LaPresse. "È forte come atleta ma ci sono ragazze più brave di lei. Mi sembra una donna a tutti gli effetti. (…) Io mi adeguo a quello che mi dicono di fare e nel caso ci combatto. È un po’ mascolina, ma ce ne sono tante".
Nel marasma generale di giudizi senza certezze è intervenuta anche la SIE (Società italiana di Endocrinologia) che ha descritto, ipotizzando, quale potrebbe essere la condizione di Imane Khelifi. Un caso di questo tipo è, ad esempio, quello di María José Martínez-Patiño. A ventidue anni, per partecipare a gare di atletica nazionale, si sottopone a test di verifica della sessualità e ottiene il certificato di femminilità valido fino al 1985 quando, in occasione dei Giochi Mondiali Universitari in Giappone, da nuovi test risulta un corredo cromosomico XY, e quindi un genotipo maschile. A Martínez-Patiño è stata diagnosticata una sindrome da insensibilità agli androgeni che l’ha esclusa dalle gare, fino al 1988. La sua storia, divenuta letteratura sia scientifica che sportiva, è stata diffusa e raccontata in lungo e in largo, aiutando persone come lei, non senza un suo sacrificio dal punto di vista psicologico.
Proprio in questa direzione va la conclusione del breve comunicato della SIE:
In mancanza di adeguate informazioni cliniche non è possibile essere certi che sia questo il caso di Imane Khelif, l’atleta algerina che si sarebbe dovuta confrontare con la pugile italiana Angela Carini alle Olimpiadi in corso a Parigi, anche se è assai probabile. Non dovrebbe essere necessario ricordare che questioni di tale delicatezza dovrebbero essere affrontate solo su basi scientifiche e culturali adeguate, rinunciando a pregiudizi e posizioni ideologiche e non rendendole oggetto di speculazioni politiche. Ogni individuo con problemi di salute ha diritto al rispetto; tale considerazione è ancora più forte se si considerano patologie genetiche e croniche.
Lo scontro CIO - IBA
Dopo decenni di sex testing invasivo e talvolta invalidante, anche psicologicamente, il Comitato Olimpico Internazionale ha tracciato delle linee guida chiare volte al rispetto del diritto di tutti senza sacrificare il fair play, come dichiarato nel Framework, ma le disposizioni del CIO non hanno carattere normativo, non sono vincolanti e lasciano un ampio raggio d’azione alle federazioni. Proprio in questo contesto nascono controversie come tra CIO e IBA sul caso di Khelif e Lin Yu-ting.
Dal 2019, dopo uno scandalo di corruzione risalente alle Olimpiadi di Rio 2016, il CIO ha infatti sospeso l’IBA. Dal 7 giugno 2023 il Comitato Olimpico, dopo aver organizzato le competizioni di pugilato sia a Tokyo 2020 che a Parigi 2024, ha ritirato il riconoscimento all’ IBA mettendo a rischio la presenza dell’antico sport a Los Angeles 2028. Attualmente alla presidenza della federazione che gestisce i mondiali di pugilato c’è Umar Kremlev, oligarca vicino a Putin forte dell’appoggio di Gazprom, la multinazionale russa dell’energia controllata dal governo russo. Il primo agosto, dopo lo scoppio del caso Khelif, il CIO ha pubblicato una dichiarazione congiunta dell’unità di pugilato di Parigi in aperto contrasto con l’IBA:
L'attuale aggressione contro queste due atlete si basa interamente su questa decisione arbitraria, presa senza alcuna procedura adeguata, soprattutto considerando che gareggiavano ad alti livelli da molti anni. (...) Il CIO si impegna a proteggere i diritti umani di tutti gli atleti che partecipano ai Giochi Olimpici (...) Il CIO è addolorato per gli abusi che le due atlete stanno attualmente subendo. (...) Il CIO ha chiarito che, affinché la boxe possa essere inclusa nel programma sportivo dei Giochi Olimpici LA28, è necessario che le Federazioni Nazionali di Pugilato raggiungano un consenso attorno a una nuova Federazione Internazionale.
L’IBA, dal canto suo, ha annunciato nella giornata di sabato 3 agosto un premio in denaro per la pugile italiana Angela Carini, il suo allenatore e la federazione italiana, che poco più di una settimana fa ha lasciato l’IBA per diventare membro della World Boxing. ‘‘Per noi’’ ha dichiarato l’IBA, ‘‘è come se avesse vinto l’oro’’. Dall’Italia è arrivato il rifiuto del premio da parte di Carini e della Federboxe. Da Parigi la repilca del portavoce del CIO, Mark Adams: "Questo la dice lunga sulla credibilità dei responsabili dell'IBA. Non vogliamo dare loro alcuna attenzione". Ieri, sempre Adams è tornato sui test, dichiarando l'intero processo viziato: "Dal concepimento del test, al modo in cui il test è stato condiviso con noi, al modo in cui i test sono diventati pubblici, è talmente viziato che è impossibile confrontarsi con esso".
Bisogna perciò partire dall'assenza di prove per sostenere che le due atlete non siano donne cisgender (ossia in cui sesso assegnato alla nascita e identità di genere coincidono), come riscontrato anche dal Times e da BBC Sport, e dalla natura speculativa o intenzionalmente denigratoria delle voci circolanti. ‘‘Un uomo biologico’’ non ha picchiato una donna, come parte dell'opinione pubblica ha scritto per l'incontro tra Imane Khelif e Angela Carini. Uno slogan che sarebbe stato strumentale anche se riferito ad atlete transgender o con tratti intersex. Il caso si è concentrato soprattutto su Khelif per via del suo aspetto fisico, perché rispetto al peso piuma Lin Yu-ting è stato più facile rafforzare stereotipi sessisti o razzisti sul corpo "troppo maschile per una donna", trattamento che in passato è toccato ad altre atlete razzializzate, come ad esempio Serena Williams.
Quale futuro (non solo per il pugilato)?
Questa vicenda riaccende i riflettori anche su una questione molto importante da affrontare nel mondo dello sport. Femmina e maschio sono due poli di uno spettro più ampio di possibilità biologiche della sessualità. Rendere una realtà complessa diventa complicato tenendo come principio fondante di organizzazione il binarismo perfetto. Come notava già Darwin ne L’Origine dell’uomo e riporta Elena Casetta in Filosofia della biologia il confine tra i caratteri sessuali è sfumato, è complicato stabilire quali siano caratteri primari e quali secondari o terziari, e spesso caratteri considerati maschili o caratteri considerati femminili sono presenti nello stesso individuo in gradi e numeri diversi. Nell’universo sportivo la querelle è aperta: accorpare atlete e atleti a una categoria affine o istituirne una terza? E chi dovrebbe parteciparvi, e in base a quali criteri?
Gli attuali Giochi di Parigi, presentati come quelli della parità di genere, sono un’edizione olimpica sotto il profilo dell’inclusione LGBTQIA+ che passerà alla storia. Come riporta Outsports, che si occupa di monitorare quanto accade intorno alla diversity nello sport, si contano 195 atlet* LGBTQIA+. Mancano però atlete trans. Aumenta l'inclusione, ma continuano a essere fisse le due categorie in cui si può gareggiare: maschile e femminile. La partecipazione di persone trans o con tratti intersex è regolata ancora da criteri che possono essere particolarmente restrittivi e discriminanti, specialmente per le donne.
Come ricordava Silvia Camporesi in questi giorni, commentando proprio le polemiche sorte intorno all’incontro tra Khelif e Carini, una possibile via che gli esperti di bioetica stanno vagliando consiste nel suddividere gli atleti “in categorie a seconda dei livelli di alcune proprietà biologiche e genetiche, connesse a vantaggi di performance nello sport”. Tuttavia, guardando al trattamento riservato da parte dei media e della politica a Imane Khelif e Lin Yu-ting, è difficile pensare che il mondo sia pronto a superare i limiti del binarismo.
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