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Che impatto avrebbe il riconoscimento della Palestina come Stato?

24 Maggio 2024 5 min lettura

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Che impatto avrebbe il riconoscimento della Palestina come Stato?

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di Cathrin Schaer (Deutsche Welle)

Di recente, gli appelli al mondo occidentale affinché riconosca la Palestina come Stato si sono fatti più consistenti.

Sebbene la Germania non consideri gli attuali territori palestinesi uno Stato unificato, così sono considerati dalla maggioranza dei paesi delle Nazioni Unite - 139 su un totale di 193. Ciò che è significativo questa volta, però, è che gli Stati Uniti sono sembrano propensi a riconsiderare il riconoscimento, mentre in precedenza hanno posto il veto a quasi tutti i tentativi di riconoscere una nazione palestinese.

Sembra che anche il Regno Unito ci stia pensando, sebbene in passato si sia opposto proprio come gli Stati Uniti.

"Quello che dobbiamo fare è dare al popolo palestinese un orizzonte verso un futuro migliore, il futuro di avere un proprio Stato", ha detto a febbraio il ministro degli Esteri britannico David Cameron.

Spagna, Norvegia e Irlanda si sono impegnate a riconoscere uno Stato palestinese.

"Oggi più che in qualsiasi altro momento che io ricordi, gli attori chiave del Medio Oriente hanno bisogno di muoversi verso uno Stato palestinese smilitarizzato", ha scritto a febbraio l'editorialista del New York Times Thomas Friedman.

Tuttavia, gli esperti hanno esortato alla cautela sulle dichiarazioni degli Stati Uniti e del Regno Unito, suggerendo che probabilmente sono state fatte trapelare o, nel caso del Regno Unito, apertamente espresse per fare pressione su un governo israeliano sempre più sfiduciato, incurante del crescente disagio degli stretti alleati per la sua condotta a Gaza.

Alla richiesta di chiarimenti, i portavoce statunitensi hanno affermato che le politiche del governo non sono cambiate per il momento.

Perché l'idea è controversa?

Per molti paesi occidentali, l'idea è sempre stata che il cambiamento di status dei palestinesi sarebbe avvenuto alla fine dei negoziati sulla cosiddetta soluzione dei due Stati, in cui Israele e una nazione palestinese esistono fianco a fianco.

È per questo che le ultime dichiarazioni e indiscrezioni hanno suscitato un grande dibattito. Alcuni sostengono che il riconoscimento di uno Stato palestinese sarebbe il primo passo verso una soluzione duratura e pacifica di questo conflitto pluridecennale.

Per altri, invece, a meno che non cambino le condizioni sul campo il riconoscimento sarebbe inutile, e servirebbe solo a ripulire la facciata dello status quo, continuando a lasciare allo Stato israeliano tutto il potere.

Quali sono i vantaggi?

Il riconoscimento darebbe a uno Stato palestinese più potere politico, giuridico e persino simbolico.

In particolare, l'occupazione o l'annessione israeliana del territorio palestinese diventerebbe una questione legale ancora più grave.

"Un tale cambiamento getterebbe le basi per i negoziati sullo status permanente tra Israele e Palestina, non come una serie di concessioni tra l'occupante e l'occupato, ma tra due entità che sono uguali agli occhi del diritto internazionale", ha scritto Josh Paul sul Los Angeles Times, all'inizio di quest'anno.

Fino a poco tempo fa, Paul era un funzionario del Dipartimento di Stato americano, dove lavorava nell'Ufficio responsabile dei trasferimenti di armi, ma si è dimesso perché in disaccordo sulla politica statunitense a Gaza.

"Le controversie, ad esempio sullo status di Gerusalemme o sul controllo dei confini, dei diritti idrici e delle linee aeree, possono essere risolte attraverso meccanismi di arbitrato globale", ha suggerito Paul, sottolineando che le regole accettate a livello internazionale in materia di diritto, aviazione civile o telecomunicazioni potrebbero essere utilizzate per aiutare a risolvere le controversie in corso.

Il vantaggio più grande per i palestinesi, tuttavia, è forse quello simbolico. Uno Stato palestinese potrebbe eventualmente portare Israele davanti a un tribunale internazionale di qualche tipo, ma questo sarebbe molto lontano nel tempo, ha affermato Philip Leech-Ngo, analista del Medio Oriente con sede in Canada e autore del libro The State of Palestine A critical analysis, uscito nel 2016.

Per l'Autorità Palestinese, che governa parte della Cisgiordania occupata e fa parte della rappresentanza ufficiale del popolo palestinese, "la vera ragione d'essere è il riconoscimento", ha detto Leech-Ngo a Deutsche Welle. "Non possono offrire al pubblico palestinese molto altro. Non possono confrontarsi con Israele, non sono in grado di migliorare la vita dei palestinesi sotto la loro giurisdizione e sono anche corrotti e non democratici. Quindi l'unica cosa che possono offrire è la promessa di un riconoscimento internazionale".

"Dopo tutto", ha continuato Leech-Ngo, "il riconoscimento come Stato sarebbe un modo per dire che la comunità internazionale accetta che la causa palestinese è legittima. Nel contesto di una prolungata occupazione belligerante da parte di Israele, questo offre un notevole capitale politico".

Quali sono gli svantaggi?

Recenti sondaggi mostrano che la maggior parte degli israeliani non vuole vedere uno Stato palestinese. Il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu lo dice da anni. Inoltre, gli israeliani e i loro sostenitori internazionali temono che il riconoscimento di uno Stato palestinese possa rappresentare una vittoria per i sostenitori della violenza.

L'ultimo conflitto a Gaza è iniziato il 7 ottobre, quando il gruppo militante di Hamas ha attaccato Israele, uccidendo circa 1200 persone. Da allora, la campagna militare in corso nella Striscia di Gaza ha causato circa 36 mila morti.

Se il riconoscimento avviene ora, Hamas "probabilmente se ne prenderà il merito", ha scritto Jerome Segal, direttore dell'International Peace Consultancy, nella rivista Foreign Policy a febbraio. "Hamas sosterrà che questo riconoscimento dimostra che solo la lotta armata produce risultati".

La differenza tra il riconoscimento e la soluzione a due Stati

Nonostante i vantaggi legali e simbolici, il riconoscimento di uno Stato palestinese non cambierebbe immediatamente nulla sul territorio.

"I maggiori ostacoli alla creazione di uno Stato palestinese nel febbraio 2024 sono simili ai maggiori ostacoli che esistevano prima del 7 ottobre", ha scritto a febbraio Dahlia Scheindlin, ricercatrice a Tel Aviv presso il think tank statunitense Century International.

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.In primo luogo, la leadership politica israeliana è impegnata a impedire l'indipendenza palestinese a tutti i costi. In secondo luogo, la leadership palestinese è completamente divisa e non ha quasi alcuna legittimità interna. Tutti questi ostacoli si sono aggravati dopo il 7 ottobre", ha scritto Scheindlin.

"Se si usasse la proverbiale bacchetta magica per avere dal nulla il riconoscimento di uno Stato palestinese, ci sarebbero ancora enormi problemi da affrontare", ha sottolineato Leech-Ngo. "C'è l'occupazione, ci sono gli insediamenti [illegali], la devastazione di Gaza, la mancanza di controllo sui confini e la questione di chi controlla Gerusalemme. Ci sono numerose questioni di status che non si risolverebbero all'improvviso".

(Immagine in anteprima via Flickr)

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