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Il linguaggio violento di Bandecchi, Gramellini e il politicamente corretto

24 Gennaio 2024 6 min lettura

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Il linguaggio violento di Bandecchi, Gramellini e il politicamente corretto

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Quando leggiamo o vediamo o ascoltiamo qualcosa che ci suscita un’irritazione istantanea, è buona norma imparare a stare per un po’ dentro quell’irritazione, e domandarsi da dove venga. Quando la mattina del 23 gennaio mi sono imbattuta nel Caffè di Massimo Gramellini sul Corriere della Sera, il fastidio e il nervosismo che ho avvertito mi hanno costretta a interrogarmi: ma non è che Gramellini ci ha preso? Non è che davvero Stefano Bandecchi, il sindaco di Terni diventato una celebrità sulla scorta di una volgarità esibita e rivendicata, fa così per colpa del “politicamente corretto”?

La risposta è: forse sì. Ma non nel senso in cui lo intende Gramellini.

Riavvolgiamo un attimo, se no non si capisce niente (e un po’ vi invidio, voi che non sapete cosa sia successo). Stefano Bandecchi, ex militare nei paracadutisti, ex proprietario della Ternana Calcio e dell’attinente Ternana Women, nonché fondatore dell’Università telematica Niccolò Cusano (presso la quale si è laureato, fra gli altri, il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida), è diventato sindaco di Terni nel 2023 in barba a qualsiasi conflitto d’interessi. Il 22 gennaio 2024, sui media nazionali approda un video del consiglio comunale in cui Bandecchi si lancia in una tirata maschilista che può sorprendere solo se non si conosce il pregresso, ma di cui vale la pena parlare. 

Il contesto, per capirci meglio, era la discussione di una proposta di legge per il contrasto della violenza di genere. Also sprach Bandecchi (attenzione, il linguaggio è un po’ forte: se state ascoltando l’articolo in versione audio, questo è il momento di mettersi le cuffie): “Un uomo normale guarda il bel culo di un’altra donna e forse ci prova anche. Poi, se ci riesce, se la tromba anche. Se poi non ci riesce, invece, torna a casa.” Qui scatta, giustamente, la rivolta del Consiglio Comunale: Bandecchi, che poco prima aveva dato degli “imbecilli” a chi non riteneva in grado di comprendere le sue parole, sbotta: “Offendetevi quanto cazzo volete, ma questa è la mia idea.”

Nel suo pezzo di commento, Gramellini rinuncia ad analizzare le affermazioni di Bandecchi e anche a riportarle nella sua interezza: le censura, ammorbidendole. È evidente che si preoccupa di non offendere i suoi lettori, e per farlo usa delle espressioni che gli sembrano equivalenti: “sedere” al posto di “culo”, “fare l’amore” al posto di “se la tromba”. È una scelta interessante, alla luce delle sue conclusioni: pare evidente che per Gramellini la sensibilità borghese dei suoi lettori sia degna di rispetto al punto da fare scelte linguistiche che addomesticano il linguaggio volgare del sindaco. 

Una forma di correttezza politica, se vogliamo, che modifica la sostanza del messaggio: se Bandecchi, in una sede istituzionale, sente di poter utilizzare termini e immagini volgari, è perché è conscio del potere che è legittimato a esercitare. E non esiste universo in cui “fare l’amore” sia equivalente di “se la tromba”: la prima espressione prevede la reciprocità dell’azione, mentre nella seconda è implicita la passività della titolare del “bel culo”, che può al massimo respingere le avance indesiderate del cosiddetto “uomo normale”. Una visione predatoria del sesso e dei rapporti fra uomini e donne, ma qui entriamo davvero in territori di finezza che né Bandecchi né Gramellini dimostrano di saper comprendere.

Gramellini, com’è noto, conduce una trasmissione che si occupa di parole. Ne conosce, o dovrebbe conoscerne, dato il mestiere che esercita, il peso e l’incidenza sulla realtà. Il suo generico fastidio verso le parole “corrette”, che a suo dire risultano “irritanti e insipide” sembra piuttosto essere indirizzato verso chi quelle parole le usa perché ritiene giusto fare un utilizzo del linguaggio rispettoso delle differenze (questa è un’ipotesi, per quanto piuttosto plausibile). Per farla breve: esistono persone che Gramellini rispetta, perché le considera simili a sé, al punto di proteggerle dalla volgarità di Bandecchi, e altre persone che Gramellini non ritiene essere degne di un adeguamento del linguaggio. E che accusa apertamente di aver causato l’esternazione di Bandecchi, e tutte le altre esternazioni simili. Insomma, fratelli e sorelle: ce la siamo cercata. È colpa nostra.

Purtroppo per Gramellini (e pure per noi) Bandecchi è tutt’altro che figlio del “politicamente corretto”. È piuttosto figlio di un sistema mediatico alla canna del gas, che ha rinunciato a fare informazione e si è votato all’audience, ai clic, all’engagement da rivendere agli inserzionisti: e così ha creato il personaggio Bandecchi, come ne aveva già creati altri in precedenza. Gli uomini volgari e aggressivi sono sempre esistiti, esistono da ben prima che qualcuno cominciasse a parlare di “correttezza politica” e linguaggio inclusivo e di tutte queste cose che Gramellini ritiene siano la causa di ogni nostro male.

Stefano Bandecchi era un personaggio da ben prima di diventare sindaco, da quando, come presidente della Ternana, era solito dare in escandescenze durante le conferenze stampa. Questo l’ha reso virale, e fatto diventare un boccone ghiotto per le testate giornalistiche, per le quali questi personaggi sono un filone d’oro nel freddo Yukon in cui tirano a campare. Quando i ternani (e le ternane, evidentemente indifferenti al disprezzo che Bandecchi nutre per loro: del resto, la misoginia è normalizzata) l’hanno votato, era già noto per aver sputato contro la tifoseria della squadra di cui era presidente. Da allora non è migliorato. Basta cercare il suo nome su YouTube per avere una panoramica degli episodi di squallore di cui si è reso protagonista, nonché verificare lo spessore delle sue opinioni, sintetizzabili in “le donne hanno più diritti di me”, detto non più tardi del 23 gennaio alla trasmissione L’aria che tira (ci risparmieremo le battute sugli aromi della suddetta aria).

In questo sta, credo, la ragione di Gramellini: se non esistesse un dibattito intorno al linguaggio, forse non esisterebbe nemmeno l’opportunità per i media di tenersi a galla, portando in video questi personaggi per farli scontrare con gente che si colloca all’altro capo dello spettro ideologico, o anche solo possiede un’idea minima di decenza. Bandecchi rappresenta l’uomo verace, autentico, forte, in cui il maschio medio (o dovremmo dire: il medione) si riconosce e dal quale vuole sentirsi vendicato. Per le donne, Bandecchi è “l’uomo di una volta” che sembra essere scomparso dalle loro vite, quello che corteggia, paga, decide, fa tutto lui, e ti lascia in una condizione di riposante mollezza femminile. È anche un imprenditore di successo nel paese in cui la lotta di classe è finita con l’instaurazione del culto del padrone, culminata nel 1994 con la vittoria di Silvio Berlusconi alle elezioni. Chi prima sognava il diritto di vivere in una società equa in cui l’operaio contava, ora sogna di diventare ricco come chi fa margine sulla sua fatica e la sua sicurezza.

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È vero, come dice Fabio Salamida nel suo editoriale uscito su Today, che i Bandecchi (perché magari ce ne fosse solo uno) dilagano nel vuoto lasciato dalla politica e dal fallimento di una sinistra che si è adagiata sulle sue sicurezze. Terni è stata a lungo un feudo rosso, ma tutti i feudi, prima o poi, subiscono la rivolta di un popolo che si sente abbandonato da signori autocompiaciuti e incapaci di mettersi in discussione. La politica è fatta di cicli, e quello attuale è dominato da una classe dirigente priva di spessore o competenze, ma bravissima a parlare con una fetta molto vasta della popolazione.

Tornando a Bandecchi: è chiaro alla maggior parte delle persone mediamente evolute (incluso Gramellini) che quelle frasi sono irricevibili, e lo sarebbero anche al di fuori del contesto in cui sono state pronunciate. L’errore che non bisogna fare è pensare che esistano i Bandecchi ed esistano gli uomini “per bene”, e che non ci sia niente in mezzo. Invece esistono i Bandecchi, persone che rivendicano apertamente il diritto alla violenza (non solo verbale) ed esistono gli uomini e le donne che si impegnano ogni giorno per contrastare quella violenza su ogni fronte. 

In mezzo ci sono i Gramellini, la colla perbenista che tiene insieme il sistema scaricando la responsabilità su chi quegli atti di violenza li subisce, e che coglie ogni occasione utile a ribadire la sua distanza dai violenti, in un esercizio di sbandieramento dell’ego che serve solo a rassicurare i suoi simili. Voi siete bravi, voi andate bene così, i violenti sono “gli altri”. L’esatto contrario di quello che ha detto Gino Cecchettin nella sua prima intervista a Che tempo che fa, l’esatto contrario di quello che sostengono gli uomini che hanno deciso di diventare soggetti attivi in questa lotta. Non ci sono medaglie per gli ignavi, e tantomeno per chi pensa che la violenza di genere si combatta prendendosela con chi sta in prima linea in modi che lui non comprende.

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