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Migliaia di manifestanti protestano in Israele contro il governo di Netanyahu

23 Gennaio 2024 5 min lettura

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Migliaia di manifestanti protestano in Israele contro il governo di Netanyahu

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Tel Aviv, i manifestanti bloccano l'autostrada

Aggiornamento del 26 gennaio 2024: Mercoledì sera migliaia di manifestanti hanno bloccato la principale autostrada di Tel Aviv, chiedendo un accordo per la liberazione degli ostaggi. Era dalle proteste dello scorso anno contro la riforma giudiziaria che la capitale israeliana non vedeva manifestazioni di questo tipo. Il blocco è arrivato alla fine di una giornata che ha visto numerose proteste analoghe guidate in larga parte da donne.

Come riporta Times of Israel, i circa 5 mila manifestanti si sono riuniti sull’autostrada, bloccando poi il percorso verso sud. I manifestanti si sono scontrati con la polizia, e dopo mezz’ora la strada è stata riaperta al traffico. Sempre nella giornata di mercoledì ci sono state inoltre manifestazioni minori a Gerusalemme, al grido di "Le nostre sorelle sono tenute in ostaggio, le donne scendono in strada".

Nei giorni scorsi proteste e manifestazioni hanno portato migliaia di cittadini israeliani per le strade di Tel Aviv, Haifa e Gerusalemme. Lo riporta il sito del quotidiano Hareetz. I manifestanti si sono radunati per chiedere elezioni anticipate e le dimissioni del Primo Ministro Benjamin Netanyahu. 

Nella giornata del 22 gennaio, invece, le famiglie degli ostaggi ancora prigionieri a Gaza dopo gli attacchi del 7 ottobre hanno interrotto una seduta di una commissione parlamentare a Gerusalemme. L’azione di protesta è stata condotta da una ventina di persone che hanno impugnato cartelli con scritto “Non ve ne starete seduti qui mentre loro muoiono laggiù”, gridando “Rilasciateli ora!”.

Lo scorso fine settimana ci sono stati sit-in di protesta di fronte all’abitazione privata di Nethanyahu, a Cesarea. Decine di persone, tra cui i parenti degli ostaggi, hanno chiesto il rilascio di questi ultimi. I manifestanti sono rimasti accampati a 100 metri dall’abitazione, venendo allontanati dalla polizia intorno alle 3 del mattino.

“Finché sarò in vita, l’unica cosa che sarà intitolata a Netanyahu saranno i cimiteri. Non scuole, o strade, o vie, od ospedali. Così come Siwar [Yahya Siwar, leader di Hamas a Gaza, NdT] non si preoccupa del popolo, il nostro Siwar fa altrettanto. Non voglio bloccare l'autostrada a Tel Aviv, voglio un blocco qui in modo che non possa andarsene finché i nostri figli non se ne andranno", ha dichiarato Eli Elbag, padre di un ostaggio.

Karmit Palty Katzir, un altro parente di un ostaggio nelle mani di Hamas, ha invece dichiarato alla stampa: “Ci stanno mentendo, dicono che la pressione militare farà ritornare gli ostaggi, ma possiamo vedere come li sta uccidendo”, ha detto la donna. “È una bugia, Netanyahu si preoccupa solo di dire quello che vogliamo sentire, ma le sue azioni vanno in direzione opposta”. 

Durante le manifestazioni di questo fine settimana, altre persone hanno preso la parola per criticare apertamente Netanyahu e la condotta del governo. Noam Alon, sorella di un soldato ucciso il 7 ottobre, ha dichiarato durante  la manifestazione di Tel Aviv:

Nostro nonno Yitzhak è stato un medico militare nei corpi armati, l’hanno ucciso nella Guerra del Kippur. Sono passati esattamente 50 anni, e ancora ci troviamo di fronte a un attacco “a sorpresa”. Ancora di fronte ai “non potevamo saperlo”, “non ci avevano avvertiti”. Il valore che animava mio fratello e mio nonno, il valore su cui è stata costruita questa nazione è stato abbandonato. Al loro posto troviamo sopravvivenza politica, dissidi e incitamento. Ma questo non è il nostro destino, abbiamo il potere di cambiarlo e di mettere le cose a posto. Questo governo deve andarsene ora.

Degli ostaggi catturati da Hamas, più di cento sono stati liberati durante il cessate il fuoco di novembre. Secondo le autorità israeliane, attualmente a Gaza rimangono 132 ostaggi: di questi, 27 sono stati uccisi durante la prigionia. Secondo il sito Axios, Israele sarebbe propenso a sospendere le ostilità contro Hamas per un periodo fino a due mesi, in cambio di un rilascio graduale dei 136 ostaggi rimasti a Gaza. Secondo un accordo proposto, che risale a circa dieci giorni fa, Israele e Hamas si accorderebbero in anticipo sul numero di prigionieri palestinesi da rilasciare per ogni ostaggio israeliano, svolgendo poi negoziati separati sui nomi di questi prigionieri.

Il 21 gennaio Netanyahu ha rifiutato un'offerta di Hamas (definita "termini di resa"), dichiarando che avrebbe significato lasciare "intatto" il gruppo armato. "I nostri soldati", ha aggiunto il Primo Ministro israeliano "sarebbero morti per nulla". La proposta di Hamas prevedeva la fine della guerra e il rilascio degli ostaggi, in cambio del ritiro delle truppe israeliane, del rilascio dei prigionieri palestinesi e del riconoscimento di Hamas come autorità di Gaza.Un ufficiale di Hamas, Sami Abu Zuhri ha dichiarato a Reuters che dopo le parole di Netanyahu "non c'è alcuna possibilità che i prigionieri vengano rilasciati".

Secondo un sondaggio condotto lo scorso dicembre dall’Israel Democracy Institute, il 65% degli ebrei israeliani non vuole ridurre l'intensità dei combattimenti, lasciando che sia l’esercito a liberare gli ostaggi. Il 16% vorrebbe invece il rilascio di tutti i prigionieri palestinesi in cambio degli ostaggi in mano ad Hamas, anche attraverso un cessate il fuoco. Tra gli arabi israeliani, invece, le percentuali sono quasi invertite: l’11,5% vorrebbe continuare i combattimenti, mentre il 63% chiede il rilascio degli ostaggi. Per quanto riguarda invece Netanyahu, solo il 15% degli intervistati lo vorrebbe alla guida del paese una volta terminata la guerra.

Israele-Palestina: contro la disumanizzazione

 

Tra le manifestazioni avvenute negli scorsi giorni e nel corso del mese, quelle apertamente contrarie alla guerra hanno incontrato maggiori ostacoli. Sabato scorso ad Haifa c’è stata la prima manifestazione di questo tipo, dopo il 7 ottobre, dopo l’intervento dell’Alta Corte. Nel corso del mese, infatti, la polizia aveva in precedenza respinto le richieste di organizzare raduni contro la guerra, spingendo gli organizzatori a richiedere l’intervento della Corte, accusando le forze dell’ordine di impedire l’esercizio della libertà di espressione. La manifestazione ha visto alcuni momenti di tensione a causa dell'uso di slogan e canti contestati da contro-manifestanti.

A Tel Aviv, gli avvocati dell’Associazione per i Diritti Civili in Israele (ACRI) si sono dovuti rivolgere al tribunale per organizzare le proteste, dopo il rifiuto della polizia a rilasciare i permessi. Nelle scorse settimane, in manifestazioni minori le forze dell’ordine hanno arrestato e picchiato manifestanti. 

Per Noa Sattah, direttrice esecutiva dell’ACRI, Israele sta andando incontro a una repressione “senza precedenti” della libertà di espressione.

Immagine in anteprima: grab via YouTube

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