Perché Iran e Pakistan si colpiscono a vicenda – e cosa c’entra con il Medio Oriente?
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Dopo gli attacchi aerei di Stati Uniti e Regno Unito, in Yemen, in risposta ai missili lanciati da parte degli Houthi contro le navi che percorrono la rotta commerciale del Mar Rosso, e mentre continuano incessanti gli assalti di Israele nella Striscia di Gaza, dopo l’azione terroristica di Hamas del 7 ottobre, un’altra area del Medio Oriente è stata scossa dal riaccendersi di ostilità che sembravano almeno sopite. Tra il 16 e il 17 gennaio c’è stato uno scambio di attacchi tra Iran e Pakistan.
Prima, il 16 gennaio, gli iraniani hanno lanciato dei missili nel Belucistan pakistano, in una regione montuosa del Pakistan vicino al confine con l’Iran, con l’obiettivo dichiarato di colpire alcune basi del gruppo sunnita Jaish al-Adl, considerato terroristico sia dal governo iraniano che quello statunitense. La task force di frontiera del Corpo delle Guardie rivoluzionarie islamiche ha detto, infatti, di aver intercettato i piani del gruppo che intendeva infiltrarsi dal Pakistan per compiere un attacco terroristico. Ma il Pakistan ha fatto sapere che nell’attacco c’erano state vittime civili, tra cui anche bambini, e che “si riservava il diritto di rispondere”.
Cosa puntualmente accaduta. Dopo aver espulso l’ambasciatore iraniano a Islamabad e richiamato il proprio ambasciatore dall’Iran, il 17 gennaio il Pakistan ha colpito con attacchi aerei le province del Sistan e del Belucistan iraniano, abitate da una minoranza etnica baluci e sunnita, tra le aree più impoverite dell'Iran. L’obiettivo, secondo quanto riferito dal Ministero degli Esteri pakistano, era colpire “nascondigli di gruppi terroristici anti-pakistani che operano in Iran”. Un alto funzionario della sicurezza pakistan ha parlato al New York Times di almeno sette basi utilizzate dai separatisti del Belucistan iraniano.
Gli attacchi aerei hanno colpito alcune aree intorno alla città di Saravan, uccidendo nove persone, tra cui quattro bambini e tre donne, ha comunicato il ministro degli Interni iraniano, Ahmad Vahidi, mentre il Ministero degli Esteri iraniano ha parlato di un’azione “sproporzionata e inaccettabile”, aggiungendo al tempo stesso che l'Iran non vuole “permettere ai nemici di mettere a dura prova le relazioni amichevoli e fraterne di Teheran e Islamabad” e di distinguere tra il governo del Pakistan, un alleato, e i gruppi terroristici che operano all'interno dei suoi confini. Evidente il tentativo di allentare le tensioni. Anche il Pakistan ha definito i due vicini “paesi fratelli” e ha dichiarato di non volere un'ulteriore escalation degli scontri con l'Iran. Nella serata del 19 gennaio, poi, i ministeri degli Esteri dei due Stati hanno trovato un accordo “per rafforzare la cooperazione a livello operativo e lo stretto coordinamento in materia di antiterrorismo e altri aspetti di interesse reciproco”.
Nel corso degli anni sia l'Iran che il Pakistan si sono accusati reciprocamente di dare rifugio a gruppi terroristici lungo il loro confine condiviso di quasi 900 chilometri. L’Iran, paese a maggioranza sciita, ha accusato più volte Jaish al-Adl di attacchi in territorio iraniano. Fondato nel 2012, il gruppo è nato dai resti di Jundallah, un'organizzazione militante sunnita che si era ridotta dopo che l'Iran aveva catturato e ucciso il suo leader, Abdolmalek Rigi, nel 2010. Lo scorso 15 dicembre, Jaish al-Adl ha attaccato una stazione di polizia nel sud-est dell'Iran, uccidendo 11 agenti. Subito dopo l'attacco, i funzionari iraniani avevano affermato che il gruppo aveva attraversato il Pakistan per compiere l’assalto e accusato i vicini pakistani di non controllare adeguatamente il confine.
Il Pakistan, a sua volta, ha accusato l'Iran di sostenere i separatisti del Belucistan, una provincia pakistana sudoccidentale ricca di petrolio e altre risorse naturali che da decenni è teatro di un'insurrezione da parte dei separatisti baluci. Secondo i funzionari pakistani, i baluci avrebbero dei nascondigli oltre il confine in Iran e la stessa Repubblica Islamica sosterrebbe tacitamente l’insurrezione dei separatisti.
Non è la prima volta che le forze iraniane colpiscono in territorio pakistano. Resta da capire perché abbiano deciso di agire proprio in questo momento. Appena poche ore prima dell’attacco iraniano, Iran e Pakistan avevano tenuto un’esercitazione navale congiunta e i ministri degli Esteri dei due paesi avevano parlato a Davos, a margine del World Economic Forum.
Secondo Ahmed Quraishi, un analista di Islamabad che si occupa di Medio Oriente, probabilmente l’Iran ha voluto colpire in un momento di particolare debolezza del Pakistan, al centro di “una crisi politica che si trascina da tempo e che ha stremato le istituzioni statali” e di rapporti sempre più complicati con altri paesi vicini, come India e Afghanistan, le cui relazioni si sono inasprite negli ultimi mesi dopo l’espulsione di afgani privi di documenti nonostante risiedessero nel paese da oltre 40 anni.
Per Maziar Motamedi, giornalista di Al Jazeera di base a Teheran, probabilmente l’Iran ha voluto dare una dimostrazione di forza militare a Stati Uniti, Regno Unito e Israele. Gli attacchi sono arrivati a un giorno di distanza dal lancio di missili in Iraq (contro presunte basi spionistiche di Israele) e in Siria (contro “gruppi terroristici anti-iraniani”).
I missili hanno percorso quasi 1.300 km per colpire obiettivi precisi. Questo significa che l'intero territorio di Israele e i territori palestinesi occupati sono alla portata dei missili iraniani e che la minaccia di Teheran di “radere al suolo Tel Aviv e Haifa” potrebbe essere reale. Se l’obiettivo era aumentare la propria deterrenza senza spingere il paese a una guerra totale, l’Iran ci è riuscito, conclude Motamedi.
Immagine in anteprima: frame video DW via YouTube