Ci dispiace, Internet: la Grecia non è ‘crollata definitivamente’
6 min lettura(Illustrazione: Latuff)
È sulle vostre bacheche Facebook, sulla vostra timeline Twitter, esce dalle fottute pareti: sto parlando di un lungo articolo sulla Grecia (i titoli variano: «La Grecia è crollata, definitivamente. Stanno assaltando i supermercati!»; «Amnesty International denuncia il governo e la polizia greca. La Grecia è collassata. Ma a noi non lo dicono») che da ieri impazza sull’Internets.
Incuriosito dalle sconvolgenti «rivelazioni» - ovviamente censurate dai Poteri Forti Masso-Internazionali – su un Paese sotto i riflettori della stampa mondiale da almeno cinque anni, mi sono messo a leggere la fantomatica «inchiesta». Arrivato alla quinta riga ho capito: si tratta di quelle tipiche, ignobili accozzaglie complottiste che mescolano falsità, notizie inesistenti, mezze verità e inspiegabilmente diventano virali.
Il pezzo, scritto da Sergio Di Cori Modigliani, parte subito con la denuncia della difficoltà estrema a reperire le fonti (evidentemente non conosce pubblicazioni clandestine quali Guardian, Reuters, AP, New York Times, Wall Street Journal, Financial Times, ecc.):
Vengo a sapere da un neo-zelandese che abita in quel di Auckland, a 22.500 chilometri di distanza, 12 ore di fuso orario prima di noi, dall’altra parte del mondo, nel continente più lontano (in tutti i sensi) dalla nostra vecchia e cara Europa, che cosa sta accadendo a 1.000 chilometri da Roma, nel territorio che è stata la culla originaria della nostra civiltà.
Modigliani, da vero segugio, non si perde d’animo e fa quello che farebbe ogni buon giornalista nel 2013: alza la cornetta, fa cose e vede gente.
Faccio delle telefonate e mi butto in rete a caccia di notizie. In Italia, nulla. In giro per l’Europa, anche. Notizie strabilianti in Sudamerica, in Canada, in California e sembra dovunque tra i bloggers scandinavi e nord settentrionali che scrivono nelle loro lingue.
E cosa riferiscono queste «notizie strabilianti»? La fine del mondo, in pratica.
Una società ormai collassata, al limite della guerra civile, ormai precipitata nel baratro, sulla cui attuale realtà è stato steso un osceno velo di totale censura per impedire che le notizie vengano usate in campagna elettorale in Italia e diffuse in Spagna dove sta esplodendo la tangentopoli iberica delle banche corrotte e Rajoy ha già fatto sapere a Bruxelles che là a Madrid si corre il rischio di veder la situazione sfuggire al controllo.
Ma vediamo, secondo il Nostro Prode, cosa cela l’«osceno velo di totale censura». Si parte subito in quarta con una specie di remake versione austerity-complottarda di un film di Romero: l’Assalto Del Popolo Affamato Ai Supermercati.
Stanno assaltando i supermercati. Ma non si tratta di banditi armati. Si tratta di gente inviperita e affamata, che non impugna neanche una pistola, con la complicità dei commessi che dicono loro «prendete quello che volete, noi facciamo finta di niente».
Ovviamente non è indicata nessuna fonte - anche perché una simile notizia non esiste. In questi ultimi anni, infatti, gli unici «assalti» organizzati ai supermercati (leggi: «espropri proletari») sono stati compiuti da anarchici e autonomi. Lo raccontano loro stessi nel libro We are an image from the future (2010) e in questo post del 2011 pubblicato su ContraInfo.
Nei due paragrafi successivi, Modigliani riporta due notizie totalmente inventate. La prima parla di una
rivolta di 150 imprenditori agricoli, produttori di agrumi, che si sono rfiutati [sic] categoricamente di distruggere tonnellate di arance e limoni per calmierare i prezzi, come richiesto dall’Unione Europea. Hanno preso la frutta, l’hanno caricata sui camion e sono andati nelle piazze della città con il megafono, regalandola alla gente, raccontando come stanno le cose.
La seconda, ancora più strabiliante, tira in ballo il Sistema Imperiale delle Multinazionali Bavaresi dello Yogurt Tetesco.
200 produttori agricoli, ex proprietari di caseifici, […] da padroni della propria azienda sono diventati impiegati della multinazionale bavarese Muller che si è appropriata delle loro aziende indebitate, acquistandole per pochi euro sorretta dal credito agevolato bancario […].
La questione, in realtà, è più lineare: da 16 giorni gli agricoltori stanno protestando (anche con pesanti blocchi stradali) contro «la politica governativa nel settore per ottenere, fra l'altro, la riduzione del prezzo del gasolio per l'agricoltura, la riduzione dell'Iva sui loro prodotti e delle imposte sui terreni agricoli e la concessione dei prestiti da parte delle banche».
È vero che degli agricoltori, il 6 febbraio 2013, sono andati in piazza a regalare verdura e agrumi (più di 50 tonnellate, per la precisione): ma di tutto si è trattato fuorché di una «rivolta». Di seguito un breve resoconto in italiano della giornata:
In tempo di recessione e piena crisi economica, una numerosa folla si è accalcata davanti al Ministero dell'Agricoltura di Atene per prendere della frutta distribuita gratuitamente da alcuni agricoltori. La protesta è stata organizzata per sensibilizzare rispetto ai costi elevati di produzione incluso il carburante.
Modigliani prosegue raccontando di «due movimenti anarchici locali» (quali movimenti? in quale località?) che
si sono organizzati e sono passati alle vie di fatto: basta cortei e proteste, si va a rapinare le banche: nelle ultime cinque settimane le rapine sono aumentate del 600% rispetto a un anno fa. Rubano ciò che possono e poi lo dividono con la gente che va a fare la spesa. La polizia è riuscita ad arrestarne quattro, rei confessi, ma una volta in cella li hanno massacrati di botte senza consentire loro di farsi rappresentare dai legali. Lo si è saputo perché c’è stata la confessione del poliziotto scrivano addetto alla mansione di ritoccare con il Photoshop le fotografie dei quattro arrestati, due dei quali ricoverati in ospedale con gravi lesioni.
Il dato dell’aumento delle rapine del 600% (nelle ultime cinque settimane!) è pura fantasia, per non parlare del vaneggiamento fanciullesco sui ladri che «rubano ciò che possono» e lo «dividono con la gente che va a fare la spesa» (e perché non con quelli che prendono il caffè, allora?). È vero, tuttavia, che il crimine è in aumento in Grecia: secondo il quotidiano greco To Vima nel 2012 si sarebbero registrate 7mila rapine a mano armata, circa 20 al giorno.
Circa i maltrattamenti subiti dai giovani rapinatori anarchici di una banca di Kozani (città nel nord della Grecia), la circostanza è vera (vedi articolo riepilogativo della vicenda sul blog Keep Talking Greece) e doppiamente inquietante: ormai sembra che la tortura degli arrestati «politici» sia diventata la procedura standard all’interno della polizia. Non c’è mai stata, però, nessuna «confessione del poliziotto scrivano [il poliziotto scrivano!, nda] addetto alla mansione di ritoccare con il Photoshop le fotografie dei quattro arrestati», semplicemente perché la polizia stessa ha rilasciato le foto segnaletiche grossolanamente taroccate il giorno dopo l’arresto. Lo scandalo è nato proprio da questi pietosi fotoritocchi.
Non pago, Modigliani infila nel paragrafo successivo un capolavoro di fantagiornalismo difficilmente superabile:
E così, è piombata la sezione europea di Amnesty International, con i loro bravi ispettori svedesi, olandesi e tedeschi, che hanno realizzato una inchiesta, raccolto documentazione e hanno denunciato ufficialmente la polizia locale, il ministero degli interni greco e l’intero governo alla commissione diritti e giustizia dell’Unione Europea a Bruxelles, chiedendo l’immediato intervento dell’intera comunità continentale per intervenire subito ed evitare che la situazione peggiori.
Come facilmente intuibile da chiunque abbia più di 6 anni, Amnesty International non è mai «piombata» da nessuna parte con i propri «bravi ispettori» e non ha denunciato nessuno alla «commissione diritti e giustizia dell’Unione Europea» (che notoriamente non esiste). Nel caso concreto, Amnesty ha rilasciato un comunicato stampa in cui sollecitava «le autorità greche a indagare sulle denunce di tortura di quattro presunti rapinatori di banca, le cui foto sono state ritoccate per nascondere le ferite sui loro volti», criticando al contempo la «cultura dell’impunità» che serpeggia all’interno delle forze dell’ordine greche.
Il quadro di falsità e mistificazioni di questo “articolo” è già stato ampiamente tracciato, quindi non vado oltre – anche perché Modigliani continua a sbrodolare per migliaia e migliaia di caratteri e si lamenta di inesistenti censure, silenzi, mancate risposte e macchinazioni internazionali.
Ora, la situazione in Grecia è indubbiamente drammatica. Nessuno lo mette in dubbio, specialmente da queste parti. La disoccupazione è alle stelle, l’estremismo politico dilaga, l’economia è allo sbando e i vari pacchetti di austerità hanno massacrato una parte consistente della popolazione. È un Paese che dal 2008 danza pericolosamente sull’orlo del caos, ma che non ha ancora registrato episodi di cannibalismo.
Inondare l'Internet di schifezze complottiste, affondare il dito sul caps lock e aggiornare lo status sui social network con frasi del genere – «LA GRECIA È CROLLATA, ASSALTANO I SUPERMERCATI, SI MANGIANO PER STRADA E NESSUNO VE LO DICEEE PERCHÈ SIAMO IN CAMPAGNA ELETTORALE!!1 MONTI!! BILDERBERG! LE BANCHEEE!1! SVEGLIAAAAAA!!11!1» - è lontano anni luce dal dare quel «contributo al popolo greco» con cui gli alfieri della controinformazione italiana da tastiera si riempiono la bocca.
Per una volta, non fate girare.
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