MusicRaiser, il crowdfunding musicale made in Italy
3 min letturaGiusto un paio di settimane fa su Valigia Blu parlammo (con un'intervista, tra l'altro, al caposervizio musica del Mucchio Selvaggio Federico Guglielmi) dell'irruzione anche in Italia del crowdfunding nell'industria musicale. Un'irruzione che in parte c'era già stata (a partire dall'esperienza in provetta dei Tasaday che abbiamo raccontato) ma che ha avuto un'accellerata con la nascita, nel 2012, della piattaforma MusicRaiser che ad oggi conta 70.000 visualizzazioni, più di 40 progetti finanziati con oltre € 80.000 erogati complessivamente, 50 progetti in corso di finanziamento per un totale di 114 progetti online dal 22 ottobre 2012 ad oggi. Una piattaforma, quella fondata dal cantante dei Marta sui Tubi Giovanni Gulino e dalla dj e produttrice Tania Varuni, che ha subito fatto parlare di sé, per i progetti che sono nati - come vdb23/Nulla è andato perso, ovvero quello di Maroccolo e Rocchi (il progetto più di successo di MR con oltre 500 sostenitori e più di 20.000 euro raccolti), quello di Umberto Maria Giardini, o quello di Soltanto, ovvero un busker milanese che ha ottenuto circa €10.000 per realizzare il suo primo disco - ma anche per le polemiche che s'è portata dietro.
“L’idea è nata anni fa, girando in rete abbiamo scoperto un sito straniero che dava l’opportunità ai fan di investire nelle band acquistando una quota – spiega Tania Varuni (a cui dobbiamo anche i numeri sopra) a Valigia Blu -. L’idea di coinvolgere i fan ci piaceva molto, un po’ meno l’associazione tra musica e finanza”. Tempo di trovare i finanziamenti, quindi, ed è nato MR dedicata “interamente al popolo della musica con il valore aggiunto di essere ben integrata con i social networks, facebook in particolare”.
Un modello che ci tiene a fare una certa selezione basata sulla qualità e sulla credibilità dei progetti proposti sottollinea la Varuni: “Ci assicuriamo che chi propone un progetto abbia una certa credibilità e non sia del tutto alle prime armi” e a quel punto a ogni progetto viene assegnato un tutor che lo segue. MusicRaiser si mantiene prendendo una percentuale dalla somma totale del progetto, il quale però otterrà i soldi solo nel momento in cui si raggiunge l'obiettivo, in caso contrario ovvero “nel caso la campagna non andasse a buon fine, ovvero non raggiungesse il 100%, i soldi vengono automaticamente e interamente restituiti a chi aveva contribuito”.
Tante belle parole si sono scritte su questo progetto e sul crowdfunding in generale, ma non è mancata anche qualche critica. Una di quelle che si leggono maggiormente è quella per cui questo sistema rischia di favorire i gruppi o comunque quei progetti che possono godere di una base di fan (o un bacino d'utenza, in generale) di partenza più ampia. Una critica alla quale la Varuni risponde facendo notare come “l’obiettivo economico prefissato nella campagna deve essere commisurato alla fan base. Non avrebbe senso per un’artista che ha un giro di poche centinaia di fan, chiedere € 10.000. Dei progetti di successo sul sito molti comunque sono di giovani artisti che riescono perché evidentemente hanno saputo instaurare un buon legame con i fan”. Insomma tra i paramentri affinché un progetto sia accettato è bene segnarsi anche questo, ovvero il rapporto fama, budget richiesto. Se poi guardiamo a Kickstarter ci rendiamo conto che non sempre è così, al punto che Bjork ha dovuto bloccare il suo progetto di fare un'app di Biophilia perché non stava raccogliendo abbastanza fondi. Altra critica è quella che alla fine questa procedura non sia altro che l'evoluzione 2.0 dell'elemosina (sic!), che per la Varuni è una “visione ristretta e priva di fondamento” anche perché “partecipando ad una campagna di crowdfunding si possono ottenere in cambio diverse “chicche” pensate esclusivamente per i fan”. Insomma un do ut des, e soprattutto un rapporto orizzontale tra artista e fan che poco ha a che vedere col concetto di elemosina.
Uno dei meriti di MusicRaiser, checché uno possa pensarne, è stato, comunque, quello di far parlare di un fenomeno interessante come quello del crowdfunding, soprattutto in un periodo come questo e in un campo, quello musicale, in cui si cerca a tempo un modello alternativo che vada oltre la (scarsa) vendita dei cd e dia respiro al principale sostentamento di molte band, ovvero i tour (parliamo sempre di un ambito indipendente, ma non è che il mainstream se la passi molto meglio). Il punto se sia o meno un'alternativa valida all'attuale sistema è però un finto problema per la fondatrice di MR dal momento in cui “il crowdfunding è gia un mezzo di sostentamento alternativo in tutto il mondo ed è destinato ad espandersi velocemente anche qui in Italia” sottolineando come alla fine comunque non è neanche più una questione major contro indipendenti; anzi uno degli obiettivi della piattaforma è quello di permettere anche alle major di potersi avvalere “di questo strumento per mettere in piedi grandi progetti”.
Ma alla fine, alla luce di questi mesi di azione su campo qual è secondo la fondatrice di una delle principali piattaforme italiane il maggior pregio e il maggior difetto del crowdfunding?
“È uno strumento del tutto meritocratico e ci voleva! Al contrario non basta essere bravi musicisti, per fare una buona campagna di crowdfunding bisogna anche essere bravi comunicatori, di idee e di emozioni”.
A Morrissey nessuna label gli pubblicherebbe un album? La Palmer gli propone il crowdfunding | Valigia Blu
[...] di provare a registrare il prossimo album con il crowdfunding (di cui su VB ci siamo occupati qui, qui e qui). Sì, perché come ricordava la Dresden Doll, in un’intervista di marzo al [...]