Scienza, democrazia e (dis)informazione – Conversazione con Elisabetta Tola e Massimo Polidoro [podcast]
3 min letturaLa scienza permea tutta la società contemporanea ed entra in tantissimi aspetti della nostra vita quotidiana. Non solo per le sue applicazioni, certo importanti. Se oggi possiamo fare modelli che ci aiutano a capire l’evoluzione del clima o a mettere a punto nuovi farmaci, vaccini e terapie; se possiamo collegarci in tempo reale con amici parenti e colleghi dall’altra parte del mondo via rete; se possiamo usare l’energia del sole e del vento per soddisfare i nostri fabbisogni elettrici, lo dobbiamo alla scienza. Queste e moltissime altre sono le applicazioni rese possibili dallo sviluppo delle conoscenze scientifiche, in qualche caso più lento e in altri letteralmente tumultuoso, se pensiamo ad esempio alla rivoluzione digitale che ha cambiato il nostro modo di lavorare, studiare, gestire l’economia, interagire con le istituzioni e via dicendo. Ma la scienza non è certo solo applicazione. Anzi, prima di tutto, la scienza è conoscenza del mondo, è uno dei modi di esplorare e capire come funziona il nostro universo, il mondo che abitiamo, le altre specie con cui coabitiamo e poi naturalmente il nostro organismo, le sue funzioni, la sua evoluzione. E molto molto altro. Sappiamo di non sapere, perché ogni piccolo pezzetto di conoscenza, oggi, è ancora solo un granello nella conoscenza complessiva del mondo che continuiamo a studiare e a ricercare. E lo strumento principale, il primo che ci serve, per costruire conoscenza scientifica è la curiosità, la voglia di sapere, di scoprire, di analizzare, di ragionare, di confrontare, di provare a dare una spiegazione e, semmai, di smontarla del tutto quando arrivano nuove evidenze che sembrano dare un’altra spiegazione, migliore e più solida.
Per questo, oggi, non ci può essere democrazia se non c’è conoscenza scientifica. Per questo l’informazione e la comunicazione scientifica sono strumenti chiave per l’espressione del proprio diritto di cittadinanza piena, della propria capacità di fare una scelta sia a livello personale che collettivo per affrontare le grandi crisi del presente. Ma l’informazione scientifica non è esente dai problemi di confusione, misinformazione e disinformazione che caratterizzano lo spazio della comunicazione pubblica. Anzi, negli ultimi anni abbiamo visto che a fronte di una crescita delle conoscenze scientifiche, in molti settori, dallo sviluppo farmacologico alle questioni climatico-ambientali, crescono anche nuove paure, nuove teorie e credenze false, che possono anche diventare pericolose, perché per esempio riducono l’efficacia di una corretta prevenzione sanitaria o rischiano di compromettere gli sforzi per combattere la crisi climatica.
Non basta presentare i dati nudi e crudi della scienza per convincere chi legge, guarda e ascolta. Anzi. E non aiuta avere un approccio aggressivo alla comunicazione, accusando di irrazionalità, poca intelligenza o ignoranza chi esprime una paura, un dubbio, una esitazione. Al contrario, l’informazione scientifica può essere più efficace se punta da un lato ad accendere la curiosità delle persone e dall’altro a costruire un terreno di dialogo, a superare le difficoltà e la diffidenza attraverso la condivisione trasparente del processo scientifico, di come sono raccolti e analizzati i dati, di quali ragionamenti sono stati fatti. Spiegare la scienza non solo nei suoi esiti finali ma soprattutto nei suoi processi è dunque un metodo che aiuta a rendere la cultura scientifica più condivisa e comprensibile.
Ci sono molti modi, alcuni più consolidati e altri in fase di sperimentazione, per provare a raccontare la scienza con linguaggi, formati, modalità diverse, che avvicinino persone che hanno la curiosità ma non la competenza specifica. E ci sono molti modi per cercare di capire se l’informazione che circola è affidabile o se siamo di fronte a una notizia inaccurata o del tutto falsa. Non c’è una ricetta unica per risolvere il problema della disinformazione, ma ci sono alcuni approcci e strumenti utili a capire come valutare una informazione che leggiamo, vediamo in TV o che circola sui vari media digitali, prima di condividerla, prima di amplificarne l’impatto e l’effetto. Alcuni di questi approcci sono più specifici per chi l’informazione la fa, altri sono alla portata di tutte le persone che l’informazione la ricevono, da molti canali e in molti modi diversi.
Di come attrezzarci a capire la qualità, e la validità delle informazioni scientifiche e di come ragionare, insieme, per trovare soluzioni alla circolazione caotica di informazioni sbagliate, nocive, pericolose, abbiamo parlato, durante il Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia, con Massimo Polidoro, giornalista, saggista, divulgatore molto attivo anche sulle piattaforme social, co-fondatore assieme a Piero Angela del CICAP, il comitato italiano per il controllo delle affermazioni pseudoscientifiche, e autore di più di 60 libri, l’ultimo dei quali è “La scienza dell’incredibile”, appena uscito per Feltrinelli editore.
Immagine anteprima: foto di Diego Figone - Festival Internazionale del Giornalismo 2023