Come stanno le ragazze e i ragazzi dopo la pandemia? I risultati dello studio internazionale sulle condizioni di salute dei giovani in età scolare
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L’inquinamento dell’informazione sul benessere psicologico degli adolescenti può essere misurato dallo scarto tra il ciclico clamore suscitato da notizie tendenziose che lo danno per gravemente compromesso e la sporadica diffusione di notizie che riportano dati istituzionali inseriti in una serie storica.
Nei tre anni di pandemia abbiamo assistito a un’abietta gara tra esperti mediatici e rappresentanti di enti e istituzioni sulle percentuali più strampalate attestanti lo stato di malattia di “questi giovani d’oggi” senza che si premurassero di dichiarare i propri scopi né, casomai, di inserire quelle percentuali in uno specifico contesto. La salute mentale dei giovani è divenuta uno slogan per promuovere iniziative, corsi, prodotti, progetti di ogni provenienza nelle scuole, campagne elettorali, insomma una costellazione di discutibili proposte per dare l’impressione che ci si stia occupando del problema, senza definirlo ma facendolo fruttare.
Le notizie accurate hanno rappresentato una minoranza e hanno contribuito a sensibilizzare tutta la popolazione sulla salute psicologica e sulla legittimità di chiedere aiuto in situazioni di difficoltà. L’effetto di questa sensibilizzazione, se pur attenuato, continua ed è una delle poche conseguenze positive della tragica pandemia di COVID-19. Tuttavia, hanno continuato a restare invisibili le condizioni psichiatriche dall’età evolutiva a quella adulta che richiedono cure di lunga durata, servizi e personale dedicati. Lo stigma in questo caso resta, così come le disuguaglianze nell’accesso alla diagnosi, alle cure e all’assistenza individuale e familiare.
In questo panorama, la fotografia dei comportamenti delle ragazze e dei ragazzi nel periodo post pandemia è passata quasi inosservata.
Lo scorso 8 febbraio, l’Istituto Superiore di Sanità ha reso noti i dati italiani raccolti nel 2022 nell’ambito del progetto internazionale HBSC (Health Behaviour in School-aged Children - Comportamenti collegati alla salute in ragazzi di età scolare). A partire dal 1982, tale progetto ha coinvolto sempre più paesi nord-occidentali fino ad arrivare a 50 Stati tra Europa e Nord America ed è svolto in collaborazione con l’Ufficio Regionale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). L’HBSC si basa su un protocollo comune per monitorare attraverso studi trasversali i comportamenti correlati alla salute nella popolazione preadolescente e adolescente. L’indagine è svolta ogni quattro anni su campioni di studenti e studentesse delle classi prima e terza secondaria di primo grado e di seconda della scuola secondaria di secondo grado che compilano i questionari a scuola in modo autonomo. Si tratta quindi di uno strumento che permette di studiare i comportamenti autoriferiti da ragazze e ragazzi, di individuare comportamenti a rischio e di indirizzare eventuali politiche di intervento.
L’Italia partecipa al progetto dal 2001 e quella appena pubblicata è la sesta indagine nazionale. In quest’ultima indagine, ai campioni di età di 11, 13 e 15 anni è stato aggiunto quello dei 17enni. Dal 2010 il campione è stato esteso a tutte le Regioni e Province Autonome, diventando rappresentativo della popolazione preadolescente e adolescente italiana. I dati epidemiologici che si ottengono possono essere confrontati oltre che nel tempo, a livello regionale, nazionale e internazionale.
La raccolta dei dati HBSC-Italia 2022 si è svolta attraverso questionari online compilati nelle classi campionate nel periodo da febbraio a giugno del 2022. Le classi che hanno aderito sono state in totale 5.673 con un tasso di adesione nazionale dell’88,8% che varia dal 99,1% dell’Emilia al 46,6% della Valle d’Aosta, per un totale di 89.321 ragazze e ragazzi.
Le aree indagate hanno riguardato: Alimentazione e attività fisica; Alcol, fumo, gioco d’azzardo; Scuola, famiglia, rapporto tra pari; Bullismo e cyberbullismo; Uso dei social media; Salute e benessere; Impatto della pandemia da SARS-CoV-2.
Ne andremo ad approfondire alcune, rinviando al rapporto completo per gli altri dati.
Peso corporeo
La quota di ragazze e ragazzi che si dichiara sottopeso è del 2,9%, stabile rispetto al 2,7% del 2017/2018. Il 22,6% delle ragazze e dei ragazzi che hanno compilato i questionari riferisce un eccesso ponderale (sovrappeso 18,2% e obesità 4,4%), con un incremento rispetto all’indagine del 2017/2018 (sovrappeso 16,6% e obesità 3,2%) per tutte le fasce d'età e per entrambi i generi. Le quote più elevate di eccesso ponderale sono state riportate in Campania, Molise, Sicilia, Puglia.
Sedentarietà
La definizione di sedentarietà nell’indagine è piuttosto datata dal momento che considera comportamenti come “guardare la TV o utilizzare il computer e dispositivi elettronici sia per giocare che per stare sui social networks, riconosciuti come fattori di rischio per la salute che, se protratti nel tempo, possono avere ripercussioni sul loro benessere. L’utilizzo dei media tra gli adolescenti ha continuato a crescere negli ultimi dieci anni, facilitato dall’aumento dell’uso del telefono cellulare costantemente connesso a Internet. Le raccomandazioni suggeriscono invece di limitare l’utilizzo di schermi”.
Si tratta di una definizione datata perché non considera il tipo di interazione con i diversi dispositivi e ne restringe l’uso a due ore al giorno. In realtà, è la limitata attività motoria quotidiana, svolta da meno di 1 adolescente su 10, e settimanale, svolta dalla metà delle ragazze e soprattutto dai ragazzi per tre volte a settimana, a restare problematica. La promozione dell’attività fisica in spazi pubblici accessibili – non solo in strutture e per attività sportive a pagamento – dovrebbe essere una priorità per la salute pubblica e non solo in età adolescenziale, considerando anche i dati sullo stato ponderale.
Rispetto all’uso dei dispositivi, le ragazze di tutte le fasce d’età trascorrono più tempo sui social network e meno con i videogiochi, a differenza dei ragazzi che passano più tempo a videogiocare. La scelta delle attività ricreative riflette gli stereotipi di genere che sono rinforzati dal contesto culturale, sociale ed educativo, e ancora restringono la quota di bambine e ragazze che videogiocano.
Un ulteriore limite dell’indagine è che non include una distinzione tra utilizzo attivo (ad es., interazioni, lettura, studio, scrittura di post) e passivo (ad es., scorrimento della timeline e visite a profili senza interazioni) dei dispositivi.
Uso problematico dei social media
Il rapporto 2022 riconosce l’impatto positivo dell’uso responsabile dei social media sulla percezione di supporto sociale e quindi sul benessere. L’uso problematico dei social media è invece definito dalla presenza di almeno sei tra i seguenti criteri: “Ansia di accedere ai social, volontà di passare sempre più tempo online e sintomi di astinenza quando offline, fallimento nella gestione del tempo speso online, disinteresse verso le altre attività, liti e bugie con genitori a causa dell’uso eccessivo, problemi con i pari, utilizzo dei social per scappare da sentimenti negativi”.
L’uso problematico dei social media è maggiormente riferito dalle ragazze in tutte le fasce d’età. La distribuzione nazionale vede in quattro regioni del Sud (Campania, Puglia, Basilicata e Calabria) le quote più elevate, mentre il fenomeno è meno diffuso in Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e nelle province autonome di Trento e Bolzano. Rispetto ai dati del 2017/2018, nel 2022 le ragazze hanno riportato un uso problematico dei social media aumentato del 5% (da 11,8% a 16,9%, rispetto ai ragazzi che passano dal 7,8% al 10,3%) ma una quota maggiore è riferita in particolare per le ragazze di 15 e i ragazzi di 11 anni.
L’interpretazione di questi dati in termini di diagnosi clinica richiede molta cautela dal momento che l’autopercezione di uso problematico dello smartphone non corrisponde necessariamente a un maggiore uso effettivo rispetto a un’autopercezione di uso responsabile. In altri termini, se si va a tracciare l’utilizzo dello smartphone e se ne confrontano i tempi e i contenuti di utilizzo effettivo con una valutazione soggettiva di uso eccessivo, non è detto che si osservi una corrispondenza. È quanto hanno riportato Kristoffer Geyer e collaboratori in uno studio del 2021: nessun comportamento distingueva chi valutava il proprio uso dello smartphone come problematico rispetto a chi lo valutava come responsabile. Pertanto, un questionario di autovalutazione permette di intercettare la percezione soggettiva di utilizzo sano, problematico o dipendente ma non riflette un uso oggettivo e quindi non può essere utilizzato come strumento per identificare comportamenti problematici nell’uso dei dispositivi.
Un altro aspetto che è stato dimostrato in una recente analisi di alcuni dati dell’indagine HBSC 2017/18 è che ragazzi e ragazze che vivono in contesti con forti disuguaglianze scolastiche e socioeconomiche tendono a riportare più frequentemente un uso problematico dei social media. Se appartenenti a livelli socioeconomici bassi, ragazze e ragazzi tendono a riferire maggiormente un uso problematico dei social media. Secondo l’autrice dell’analisi e i suoi collaboratori, questo effetto può dipendere dal confronto sociale e dalle maggiori preoccupazioni rispetto al proprio stato, con conseguente incremento di ansia e sentimenti di inferiorità. L'uso problematico dei social media può rappresentare un mezzo per attenuare le conseguenze negative del vivere in condizioni di deprivazione, per cercare approvazione e per identificarsi con modelli ispiratori.
Alla luce della necessaria cautela nell’interpretazione dell’autovalutazione di utilizzo di smartphone e dispositivi, una dichiarazione di uso problematico potrebbe rivelare emozioni negative autoriferite non specifiche del mezzo ma dipendenti dal confrontare la propria condizione di svantaggio con quella altrui. Inoltre, non si può escludere che l’autovalutazione possa essere condizionata dall’interiorizzazione del diffuso giudizio morale negativo nei confronti dell’uso dei dispositivi da parte di ragazze e ragazzi. È così diffuso il biasimo nei loro confronti che se ne sono fatti una ragione e una propria percezione. Questo non minimizza l’importanza di intercettare l’uso problematico dei social media ma occorrono altri indicatori funzionali (rendimento scolastico, relazioni sociali, attività quotidiane) che permettano di rilevarne l’impatto anche nei casi in cui il comportamento problematico sia presente, abbia ristretto significativamente le abitudini di vita, ma non sia autovalutato come tale.
Bullismo e cyberbullismo
In questo caso viene esplorato soltanto il bullismo/cyberbullismo subito e non quello perpetrato o osservato. Per quanto riguarda il cyberbullismo non vi sono dati che indichino la provenienza dalla propria cerchia (scuola, gruppi sportivi, ecc.), da altre cerchie coetanee oppure da persone sconosciute.
Senza rilevanti differenze tra le varie regioni, il 14,9% delle ragazze e dei ragazzi ha dichiarato di essere stata vittima di bullismo e il 15% di cyberbullismo, con un incremento rispetto al 2017/2018 soprattutto di quest’ultimo (13,6% bullismo e 9% cyberbullismo). I due fenomeni, secondo l’ultima indagine, tendono a presentarsi con la stessa prevalenza.
Abuso di alcol
Circa il 18% dei ragazzi e delle ragazze quindicenni ha dichiarato almeno 2 esperienze di ubriachezza nella vita, con prevalenze superiori al 20% in Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Abruzzo, Molise, Calabria, Sardegna e provincia autonoma di Bolzano. Rispetto alle indagini precedenti, l’abuso resta basso per la fascia degli 11 anni ma è maggiormente riferito nelle età successive fino a raggiungere il 16% fra i ragazzi e il 21% fra le ragazze nella fascia dei 15 anni (nel 2017/2018 era il 19% fra i ragazzi e il 16% fra le ragazze a 15 anni).
Gioco d’azzardo
Diminuiscono i ragazzi che hanno scommesso o giocato del denaro almeno una volta nella vita: lo hanno riferito il 47,2% dei ragazzi e il 21,5% delle ragazze. Nel 2017/2018, il 62,5% dei ragazzi aveva giocato d’azzardo almeno una volta nella vita.
Impatto della pandemia
Dai dati dell’indagine emerge che il 44% dei ragazzi e delle ragazze ha contratto la COVID-19, il 75% ha avuto familiari positivi e di questi il 14% è stato ricoverato in ospedale.
I ragazzi e le ragazze dimostrano di avere aderito alle misure di protezione adottate durante la pandemia: indossando la mascherina (87%), lavandosi regolarmente le mani (73%), restando a casa in presenza di sintomi (75%) ed evitando contatti a rischio (66%).
Il 54% delle ragazze e dei ragazzi ha riferito un impatto positivo della pandemia sui rapporti famigliari (dal 67% della fascia di 11 anni al 45% della fascia di 17 anni) e il 42% sul rendimento scolastico (dal 50% della fascia di 11 anni al 37% della fascia di 17 anni).
Al crescere dell’età, cresce l’impatto riferito sulla propria salute mentale, maggiormente per le ragazze (dal 33% a 11 anni al 66% a 17 anni) rispetto ai ragazzi (dal 25% a 11 anni al 41% a 17 anni). Non sappiamo se questi gruppi includano casi di diagnosi clinica di psicopatologia o se esprimano l’autopercezione di disagio in assenza di impatto funzionale.
La pandemia non ha peggiorato la salute di ragazze e ragazzi
La fotografia che emerge dai dati HBSC mostra un buono stato di benessere globale riferito da ragazze e ragazzi. Trattandosi di una popolazione cresciuta con i dispositivi digitali, si può affermare che le nefaste previsioni sulla sua degenerazione e sul suo declino cognitivo risultano elegantemente smentite da dati rappresentativi.
Si sgretolano ancora una volta i presagi più oscuri sugli effetti del lockdown che erano serviti a condizionare ideologicamente le scelte governative (sull’apertura delle scuole, sulla DaD, sulle misure di protezione in classe) nei mesi più difficili, dal momento che i dati HBSC 2022 relativi alla pandemia mostrano un miglioramento dei rapporti familiari e del rendimento scolastico.
Come riassunto nel comunicato dell’ISS, "nel complesso, gli adolescenti italiani si sentono supportati da amici e compagni di classe, si fidano degli insegnanti ma sono spesso stressati dagli impegni scolastici. Un adolescente su due ha dichiarato un impatto positivo della pandemia sui propri rapporti familiari e due su cinque sul rendimento scolastico. Pur dichiarando, sempre due adolescenti su cinque, che la propria salute mentale e la propria vita in generale ne abbiano risentito negativamente".
La maggiore coesione sociale e solidarietà vissuta durante il lockdown, la sensibilizzazione e la legittimazione riguardanti la possibilità di esprimere il disagio psicologico, il ritorno a scuola e alle attività senza adattamenti e spazi di ascolto hanno conferito i chiaroscuri alla fotografia di comportamenti emersa dall’indagine.
Le indagini come la HBSC sono di grande importanza per farci osservare eventuali cambiamenti nei comportamenti di ragazze e ragazzi e sono inseriti in una rete internazionale estesa che permette di far emergere differenze legate ai contesti di vita. Occorre tenere conto che i dati si riferiscono prevalentemente alla popolazione europea e ad alcuni stati nordamericani e questo limita la generalizzazione dei risultati e delle interpretazioni a adolescenti che vivono in altre aree del mondo.
I dati di queste indagini, le cui rilevazioni vengono aggiornate ad ogni raccolta, costituiscono la mappa più chiara per dissipare le ondate disinformative, allarmistiche e sciatte sul benessere delle giovani generazioni.
In conclusione, i ragazzi e le ragazze stanno bene, a meno che non stiano vivendo in condizioni di deprivazione e di svantaggio educativo, sociale ed economico. Sono ragazze e ragazzi che nelle loro modalità lo stanno comunicando. Sono questi i gruppi a cui dovremmo dirigere attenzione e azioni per ridurre i rischi di abbandono scolastico, isolamento, comportamenti lesivi e autolesivi e progressiva marginalizzazione accentuata dalla crisi economica e dalle spinte a una società che diventa sempre più differenziata.
Immagine in anteprima via ticinonotizie.it