#ACTA, la trasparenza, la pubblica opinione europea e la miopia di Confindustria
4 min letturaBruno Saetta
Il voto del 4 luglio è stato davvero molto importante perché, per dirla con le parole del Presidente del Parlamento Martin Schulz, si tratta di una decisione che viene da un intenso e trasparente dibattito con la società civile, le aziende e tutti gli stakeholders.
Il voto contro ACTA non deve essere considerato un voto contro la lotta alla pirateria e alle violazioni alla proprietà intellettuale, bensì la presa di coscienza che ACTA era la soluzione sbagliata ad un problema complesso, più complesso di quanto le lobby ci hanno voluto far credere. Schulz evidenzia che le negoziazioni su ACTA sono state caratterizzate da carenza di trasparenza, per questo il Parlamento ha voluto portare avanti varie iniziative proprio per coinvolgere tutte le parti in causa, anche quei cittadini sempre estromessi dalle decisioni fondamentali.
“Il dibattito su ACTA”, prosegue il Presidente, “ha dimostrato l'esistenza in Europa di una pubblica opinione che va oltre i confini nazionali. In tutta l'Europa la gente è stata coinvolta in proteste e dibattiti. La mobilizzazione della pubblica opinione è stata senza precedenti. Come Presidente del Parlamento europeo, mi sono impegnato a dialogare coi cittadini e a rendere l'Europa più democratica e comprensibile”.
Non serve altra risposta alle violente accuse di Confindustria Cultura, rivolte tramite un comunicato proprio in direzione del Parlamento europeo, organo rappresentativo e responsabile politicamente, comunicato che evidenzia un distacco abissale rispetto alle democratiche ed equilibrate parole di Schulz.
Come abbiamo già evidenziato, le stesse Commissioni che si sono occupate di ACTA alla fine ne hanno chiesto il rigetto, chiarendo che con la sua approvazione non si sarebbe potuta garantire un'adeguata protezione per i diritti dei cittadini d'Europa.
In quest'ottica dobbiamo registrare che il voto su ACTA ha allargato il solco tra la Commissione europea, organo esecutivo, e lo stesso Parlamento. È stata la Commissione, infatti, a trattare su ACTA in tutti questi anni, a partecipare ai negoziati che il Parlamento ha sostenuto essere carenti di trasparenza, a invitare il Parlamento a non farsi distrarre dalla disinformazione degli oppositori al trattato, portando argomentazioni palesemente strumentali, al punto che anche l'Autorità Garante per la Privacy pervenne alla bocciatura del trattato. E sempre quella Commissione ha chiesto, per fortuna senza successo, di posporre il voto per guadagnare tempo e far placare le polemiche. È la stessa Commissione che ha dichiarato che il voto negativo su ACTA non fermerà il cammino del trattato.
C'è del marcio in Europa, se un organo esecutivo può permettersi di ignorare il voto del legislatore europeo e dichiarare che ripresenterà comunque ACTA, ed ecco perché occorre non abbassare la guardia, una battaglia è vinta, ma la guerra non è ancora finita. In ogni caso non sarà possibile ripresentare ACTA se non dopo delle modifiche, e in caso di cambiamenti occorrerà ritornare a chiedere le firme anche degli Stati che hanno già approvato il trattato. Un processo lungo, quindi.
Purtroppo, la Commissione non ha ancora assorbito la sconfitta su ACTA e già è sulle tracce del prossimo accordo o trattato in materia di protezione della proprietà intellettuale. Ne sentiremo parlare, probabilmente, e si tratta di CETA, un accordo tra USA e Canada che contiene molte disposizioni analoghe a quelle presenti nel vecchio ACTA. La speranza, per la Commissione, è che il Parlamento europeo possa accettare questo nuovo trattato, così recependo norme più o meno equivalenti ad ACTA, come ci svela Michael Geist sul suo blog in una interessante comparativa tra i due trattati. Sono da notare l'obbligo di cooperazione per le multinazionali al fine di proteggere la proprietà intellettuale, così anticipando la tutela e ponendola nelle mani delle stesse multinazionali, la divulgazione dei dati di un utente sulla base di una semplice accusa, ecc...
Il voto del 4 luglio è una vittoria della trasparenza contro le negoziazioni segrete delle lobby e dei funzionari. La continua, pressante richiesta di rendere pubblici i documenti di ACTA ha eroso la credibilità dei negoziatori della Commissione. Ma non solo, si è avuta una collaborazione decisamente fertile e produttiva tra società civile e mondo accademico, e che ha saputo contrastare con efficacia le argomentazioni strumentali dei lobbisti, portando così sostanza a quella mobilitazione che il Presidente Schulz ha voluto elogiare, quasi una nuova coscienza dell'Europa unita. Il lavoro dell'opinione pubblica, così composta, su ACTA, è stato fondamentale non solo nei confronti del trattato, ma anche in relazione ad altri temi importanti, per la difesa della libertà di opinione e dei diritti dei cittadini. E non si può dimenticare che anche parte del mondo dell'impresa si è schierata contro il trattato, così rompendo finalmente uno schieramento che sembrava monolitico.
Tutto questo sarà certamente la base di partenza per le battaglie future, perché da domani si porranno questioni di rilievo, come ripensare le norme sulla proprietà intellettuale, riformare le direttive europee in materia, e aprire, forse, a nuovi modelli di sviluppo.
In un momento di grande crisi dell'Europa, intesa proprio come istituzione, è stata l'opinione pubblica europea, i cittadini, a dare un brillante esempio su come riorganizzare una identità dell'Unione che ormai fin troppi danno già per morta. Una identità nuova, però, non calata dall'alto e imposta al suono della campanella dei mercati, ma una identità che possa nascere dal basso, come abbiamo visto nei giorni della protesta contro ACTA, quando cittadini di tutta Europa si sono trovati insieme a marciare per le strade delle maggiori città europee.
Un dato è acquisito, dopo tutto ciò, dopo gli impegni assunti dal Parlamento che ha saputo rendersi indipendente nelle sue valutazioni dalla Commissione, dopo le proteste dei cittadini, la Commissione non potrà semplicemente ignorare la società civile e perseguire ulteriori negoziati nelle chiuse stanze delle lobby.
Ed anche la prossima volta i cittadini dell'Unione potranno far sentire la propria voce, come si confà ad una Unione davvero democratica e trasparente.