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La lotta di Chiara per il riconoscimento del diritto a respirare aria pulita: a Torino la prima causa in Italia per i livelli di inquinamento troppo elevati

6 Dicembre 2022 9 min lettura

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La lotta di Chiara per il riconoscimento del diritto a respirare aria pulita: a Torino la prima causa in Italia per i livelli di inquinamento troppo elevati

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Rivolgersi a un tribunale per vedersi riconosciuto un diritto di cui spesso ci dimentichiamo: quello di respirare aria pulita. Il 17 novembre è stata avviata la prima causa in sede civile contro la regione Piemonte per i livelli di inquinamento troppo elevati e fuori legge a Torino. A promuoverla è stata Chiara insieme al suo compagno: il loro figlio di sei anni ha avuto gravi problemi di salute, in particolare ai polmoni, dopo essere stato esposto a partire dai primi mesi di vita a un eccessivo livello di smog. La loro casa si trovava in un quartiere molto trafficato: il bambino ha avuto bronchiti acute, è stato sottoposto a terapie con cortisone e antibiotici, e non ha potuto frequentare con continuità il nido e la materna. Alla fine la famiglia ha deciso di trasferirsi fuori città. 

Oggi Chiara chiede al Tribunale di Torino di riconoscere il diritto del bambino a respirare aria pulita, di accertare la responsabilità della regione Piemonte per la violazione dei limiti di legge e di condannarla ad agire per il loro rispetto e al risarcimento dei danni causati. “Respirare aria pulita e sana è un diritto di tutti, in tutta Italia”, spiega Chiara a Valigia Blu. “Ho intrapreso questa azione legale per mio figlio, per me e per tutte le altre persone, che non sempre sono consapevoli di questo enorme problema. Non voglio che altri bambini siano costretti a passare quel che è toccato a mio figlio”. La prima udienza deve tenersi ad almeno 90 giorni dall’inizio dell’azione legale: se si otterrà una vittoria, sarebbe un precedente importante per tutte le persone che vivono in zone d’Italia con livelli di inquinamento fuori legge.

“Torino continua ad essere una delle città con la peggiore qualità dell'aria d'Italia ed è importante che sia anche un laboratorio per tentare di combattere l'inquinamento atmosferico”, spiega Roberto Mezzalama, presidente del comitato Torino Respira, che sostiene la causa con la campagna #sostieniChiara e che ha messo a disposizione della famiglia dati ed esperienza legale. “Le ragioni di Chiara sono quelle di moltissimi genitori torinesi e di altre grandi città italiane, preoccupati per la salute dei propri figli e delle proprie figlie”.

Oltre al comitato Torino Respira, l’azione è sostenuta anche dall’organizzazione di diritto ambientale ClientEarth

La storia di Chiara

“Ho sempre saputo che Torino è una città molto inquinata, ma non mi ero mai posta seriamente il problema”, racconta Chiara. “Poi mio figlio ha cominciato a stare male: con l’inserimento al nido, aveva continue bronchiti. La tosse non gli andava mai via, aveva solo otto mesi e sembrava un fumatore di quarant’anni. All’inizio mi dicevano di stare tranquilla, perché è normale che un bambino si ammali quando frequenta l’asilo. Gli stessi pediatri allargavano le braccia: ‘Purtroppo abitiamo a Torino’, dicevano, come se convivere con lo smog fosse un fattore immutabile. A un certo punto, ho capito che la situazione non era così normale come mi raccontavano”.

Chiara ha tolto il figlio dal nido. In casa ha installato uno strumento di monitoraggio dell’aria, per misurare la concentrazione di particelle inquinanti, che in effetti andavano oltre il limite stabilito dalla legge. Insieme al compagno, ha ridotto la sua vita sociale: fare una vacanza, un weekend o anche andare a cena con gli amici era diventato complesso, per paura che qualcuno trasportasse qualche virus o batterio. Quando andava a fare la spesa o una passeggiata, Chiara optava per vie laterali meno trafficate e usava il marsupio piuttosto che il passeggino, per evitare di esporre direttamente il bambino allo smog. “Ho provato di tutto, ma non c’era modo di scappare”, spiega. “Quando sali in alto, vedi chiaramente la cappa che copre Torino: mi sembrava di avvelenarlo ogni giorno”.

Quando il bambino aveva due anni e mezzo la famiglia si è trasferita fuori città, in una casa con un piccolo giardino. Oggi ha compiuto sei anni: ogni giorno assume farmaci broncodilatatori a base di cortisone, fa fisioterapia respiratoria ed è seguito dagli pneumologi dell’ospedale pediatrico. Piano piano è migliorato, anche se da settembre, quando ha iniziato la prima elementare, ha già avuto due bronchiti: “Quando era piccolo viveva sereno, ora inizia a rendersi conto di avere qualcosa che non va”, racconta Chiara. “Ogni volta che si ammala si incupisce e dice: ‘Perché sempre a me? Sono proprio sfortunato’”.

Foto di Marco Garofalo per Client Earth 2022

Per smettere di sentirsi impotente davanti a questa situazione, Chiara ha deciso di fare causa alla Regione: “Finora non sono riuscita a difendere mio figlio, ma adesso ho la sensazione di poter finalmente fare qualcosa e non dover solo subire”, conclude. “La responsabilità è della politica e non dei singoli. Non tutti si possono permettere di andarsene fuori città: dovrebbero essere le istituzioni a tutelarci, a smettere di costruire parchi giochi vicino alle strade, a non fare arrivare le auto vicino agli asili. Se dovessimo vincere, non ci importa niente dei soldi, li devolveremmo alle associazioni per la difesa dell’ambiente: ci importa invece del diritto dei bambini a respirare aria pulita”.

I tribunali come strumento di difesa dei diritti

Nella nostra Costituzione, oltre all’articolo 32 che tutela il diritto alla salute, sono gli articoli 9 e 41 – modificati da una legge costituzionale approvata lo scorso febbraio – che introducono la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi tra i principi fondamentali. “Il diritto a respirare aria pulita è un diritto inviolabile, espressione dei diritti costituzionali alla vita, alla salute, all’ambiente”, commenta l’avvocato Luigi Gili, che rappresenta la famiglia di Chiara insieme ai colleghi Giuseppe Civale, Marino Careglio, Massimo Dragone e Stefano Trevisan. “Proprio la tutela dell’ambiente è stata espressamente riconosciuta dalla Costituzione come esplicito obiettivo nell’interesse delle future generazioni”.

E poi c’è la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che all’articolo 2 tutela il diritto alla vita, implicando l’obbligo delle autorità competenti di proteggere la vita della persone. Esiste poi una normativa specifica sulla qualità dell’aria: la direttiva comunitaria 50/2008, recepita in Italia dal decreto legislativo 155/2010, stabilisce valori limite degli inquinanti in atmosfera. “Si tratta di limiti che sono stati superati nell’area di Torino, e in particolare nelle zone dove viveva il minore”, spiega Gili. “Due sentenze della Corte di giustizia stabiliscono che questi valori limite siano obblighi di risultato: le amministrazioni devono adempiere, altrimenti devono rispondere”. L’ente responsabile in materia di qualità dell’aria è la Regione, che ha il compito di redigere il Piano regionale di qualità dell’aria: trattandosi del soggetto regolatore, ha anche la responsabilità nel caso in cui vengano superati questi valori limite.

In altri paesi europei, cittadini e cittadine hanno intrapreso azioni legali simili a quella di Chiara, come in Germania e Belgio: nelle città tedesche in cui ci si è rivolti ai tribunali per tutelare la qualità dell’aria, l'inquinamento è sceso due volte più velocemente. Un parere dell’avvocato generale presso la Corte di Giustizia dell’Unione Europea suggerisce che i cittadini possono fare causa ai loro governi per ottenere un risarcimento finanziario per i danni causati dall'inquinamento atmosferico. A ottobre, il massimo tribunale amministrativo francese ha pubblicato una sentenza che impone al governo di pagare una multa da 10 milioni di euro per ogni semestre di continuata violazione dei valori limite.

Anche in Italia non è la prima volta che ci si rivolge ai tribunali per chiedere il rispetto del diritto di respirare aria pulita. Nel 2017 il comitato Torino Respira ha presentato un esposto in procura, che ha dato il via a un’indagine penale che è ancora in corso da parte della magistratura: il reato ipotizzato è quello di inquinamento ambientale, disciplinato dall’articolo 452 bis del Codice penale. Fra gli indagati figurano l’attuale presidente della Regione Alberto Cirio, il suo predecessore Sergio Chiamparino, gli ex sindaci Piero Fassino e Chiara Appendino. “È la prima indagine contro gli amministratori pubblici in materia di reato di inquinamento ambientale”, commenta Roberto Mezzalama. “Da oltre dieci anni le concentrazioni di elementi inquinanti in atmosfera superano abbondantemente i limiti stabiliti dalla legge e sono noti gli effetti negativi di tali superamenti sulla salute pubblica, in particolar modo sulle persone fragili”.

Lo stesso anno, un’azione simile è stata intrapresa in Lombardia dalle associazioni Cittadini per l’Aria e Aipi (Associazione Ipertensione Polmonare Italiana), con il sostegno di ClientEarth, che si sono rivolte al Tar di Milano per chiedere il rispetto del diritto all’aria pulita dei cittadini lombardi. A seguito del ricorso, la giunta regionale ha adottato la delibera 6438, prevedendo l’aggiornamento del Piano regionale di interventi per la qualità dell’aria (Pria). Nel 2018 c’è stato un nuovo ricorso al Tar di Milano contro la regione Lombardia, per chiedere di realizzare la Valutazione ambientale strategica e di inserire nel Pria misure più incisive, in particolare in materia di trasporto, mobilità sostenibile, combustione di biomasse, impianti industriali e agricoltura. Questo secondo ricorso però ha avuto esito negativo.

L’inquinamento uccide, ma la politica non fa abbastanza

Secondo IS Global, Torino è la terza città più inquinata d’Europa a per i livelli di biossido di azoto (NO2). Nel 2022 ha già ampiamente superato la soglia prevista dalla legge di 35 giorni con una media giornaliera del livello di PM10 superiore ai 50 microgrammi/metro cubo. Secondo il rapporto Mal’aria di Legambiente, a inizio ottobre era la peggiore città d’Italia, con già 69 sforamenti. L’Unione Europea ha aperto tre procedure d’infrazione nei confronti dell’Italia per livelli eccessivi di inquinamento atmosferico: due di queste (quelle relative a PM10 e NO2) hanno già portato a condanne da parte della Corte di giustizia. In entrambi i casi, Torino è una delle aree interessate dalle infrazioni.

Per l'Agenzia europea dell'ambiente, l'inquinamento atmosferico è il principale fattore di rischio ambientale per la salute umana in Europa: può essere collegato ad attacchi d'asma, tumori, infarti e ictus. Nell’ultimo report dell’Agenzia, si legge che 2020 sono state almeno 311mila le persone morte prematuramente nell’Unione europea a causa dell’inquinamento atmosferico: a preoccupare è soprattutto l’Italia, che registra da sola 52.300 morti premature, il 21% del totale. Il 96% della popolazione urbana in Ue è esposto a livelli di particolato fine superiori ai livelli di sicurezza fissati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms). Un’indagine da poco pubblicata sulla rivista scientifica The Lancet Oncology porta nuove evidenze che mostrano come l’inquinamento sia una causa del cancro ai polmoni. 

Un numero crescente di studi sta dimostrando poi come l’aria inquinata possa influire anche sui feti: potrebbe avere una correlazione con l’aumento di aborti spontanei, nascite premature, un basso peso alla nascita e uno sviluppo cerebrale disturbato. Una recente ricerca pubblicata su The Lancet Planetary Health ha rilevato la presenza di particelle tossiche di inquinamento atmosferico nei polmoni, nel fegato e nel cervello dei bambini non ancora nati, in una delle fasi più delicate dello sviluppo umano.

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A dicembre 2020, nel Regno Unito, per la prima volta, un medico legale ha confermato che l'inquinamento è stato tra le cause della morte prematura di Ella Adoo-Kissi-Debrah, di nove anni: il suo è diventato un caso emblematico di queste lotte, noto in tutto il mondo. Ella viveva con la sua famiglia nei pressi della South Circular road, grande e trafficata arteria londinese, dove i livelli di biossido di azoto nell’aria superano largamente i limiti stabiliti dall’Agenzia europea dell'ambiente e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Dopo un lungo calvario iniziato nel 2010, nel 2013 Ella è morta a causa dell’ennesimo grave attacco di asma.

Le politiche messe in atto dalle autorità non sono sufficienti a riportare i livelli di inquinamento sotto i limiti stabiliti dalla legge, limiti che comunque sono molto più elevati delle soglie indicate dall’Oms come dannose per la salute. Le sue ultime raccomandazioni in materia di inquinamento atmosferico prevedono infatti che le concentrazioni medie annuali di PM10 siano inferiori a 15 μg/m3, mentre il limite legale dell’Unione europea è fissato a 40, mentre le concentrazioni giornaliere di PM10 dovrebbero stare sotto i 45 μg/m3, con un massimo di tre giorni di superamento all’anno, quando il limite europeo è di 50 con un massimo di 35 giorni di sforamento. Anche le concentrazioni medie annuali di PM2,5 dovrebbero essere inferiori a 5 μg/m3, a fronte di un limite europeo cinque volte superiore (25 μg/m3); e così le concentrazioni medie annuali di NO2, che non dovrebbero superare i 10 μg/m3, rispetto ai 40 fissati dall’Ue. 

A ottobre la Commissione Europea ha presentato una proposta di revisione della direttiva sulla qualità dell’aria, che prevede limiti più restrittivi rispetto a quelli attuali. Inoltre, sono state emesse disposizioni per rafforzare il diritto al risarcimento dei cittadini danneggiati dall’inquinamento dell’aria in caso di violazione delle norme. La proposta dovrà ora essere discussa e approvata dal Consiglio e dal Parlamento Europeo.

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