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Nella testa di Vladimir Putin. Viaggio all’interno del pensiero del nuovo Zar di Russia [podcast]

20 Maggio 2022 3 min lettura

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Nella testa di Vladimir Putin. Viaggio all’interno del pensiero del nuovo Zar di Russia [podcast]

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Nato e cresciuto nella Russia sovietica, agente del KGB, dopo il crollo dell’URSS una carriera politica rapidissima porta Vladimir Putin a diventare presidente nel 2000. Nei primi due mandati presidenziali, Putin si mostra aperto all’Occidente, liberista, democratico. Nel testo programmatico - "La Russia alla svolta del millennio" - che pubblica quando assume la presidenza ad interim nel 1999, si smarca dal passato comunista: "Sono contrario alla restaurazione in Russia di un'ideologia di Stato sotto qualunque forma. Nella Russia democratica non deve esserci nessun consenso civile forzato".

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Anche se, come fa notare l’economista liberale Andrei Illarionov, ex consulente politico di Putin dal 2000 al 2005, sin dalle prime settimane in cui arriva al potere le sue azioni all’interno della Russia sono tutt’altro che liberali: ad agosto 1999 dà inizio a operazioni militari in Cecenia, è il 1999 e Putin è allora primo ministro di Eltsin. A settembre darà ordine di provocare esplosioni in Daghestan che, come le successive, sono state attribuite ai ceceni per poterli attaccare fino al bombardamenti della capitale Groznyi, che hanno fatto fra le 100 e le 200mila vittime… Poi c’è stato il rapimento e la detenzione ad opera del servizio segreto FSB del giornalista indipendente di radio Free Europe, Andrei Babitsky, liberato solo sotto pressione di un’ampia e imprevista mobilitazione di protesta. Putin ha fin da subito cacciato diversi oligarchi per impadronirsi delle loro emettenti TV come NTV e ORT, assumendo il controllo dei principali media del paese. Per quanto riguarda i simboli, racconta Illarionov, il primo anno ci fu una lotta aspra per ripristinare l’inno sovietico, Putin era l’unico a volerlo. Buona parte dell’amministrazione presidenziale era contraria. “Alla fine ha imposto la sua volontà e l’inno sovietico è tornato”.

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Il terzo mandato, cominciato nel 2012, segna in ogni caso una svolta conservatrice fino a quella imperialista del 2014. “Putin incarna sempre più chiaramente la rivincita di quelli che non hanno sopportato la caduta dell’URSS e la sua trasformazione in democrazia”. D’altra parte già nel 2005 nel messaggio all’Assemblea federale delle due camere unite, Putin pronuncerà una frase che rimarrà famosa: “Prima di tutto dobbiamo riconoscere che il crollo dell’URSS è stato la più grande catastrofe geopolitica del secolo”.

Esaminando i suoi discorsi è chiaro che Putin porta avanti una doppia partita, agli amici europei cita Kant dell'opera "Per la pace perpetua", in cui il filosofo elenca le condizioni che permetterebbero l'estinzione progressiva delle guerre (in una intervista a NBC del 2000 dice testualmente "Voglio aggiungere (...) che Kant si opponeva categoricamente alla risoluzione di disaccordi tra governi attraverso la guerra (...). Penso che la previsione elaborata da Kant possa e debba essere realizzata dalla nostra generazione"), ma quando va in Asia la musica cambia: in Cina nelle sue prime settimane da presidente eletto accusa l’Occidente e la sua politica umanitaria. Brucia ancora il ricordo umiliante dell’intervento Nato in Serbia e Kosovo.

Quali sono le basi ideologiche e filosofiche del pensiero di Putin? Quale dottrina ispira la sua visione del mondo? Scrive Michel Eltchaninoff, autore de 'Nella testa di Putin': “Dopo aver analizzato minuziosamente i discorsi di Vladimir Putin da quando è presidente, ce ne siamo fatti un quadro. La suddetta dottrina si articola su vari livelli: a partire da un’eredità sovietica accettata e da un finto liberalismo, il primo livello è una visione conservatrice, il secondo una teoria della Via russa, il terzo un sogno imperialista ispirato dai pensatori eurasisti. Il tutto sotto l’egida di una filosofia con pretese scientifiche. Una dottrina ibrida e variabile che promette a tutti noi un futuro agitato”.

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Ne abbiamo parlato con lo storico Giovanni Savino.

Savino si occupa di Russia e Europa orientale. Visiting professor di Storia dell'Europa orientale all'Università di Parma, autore di saggi e articoli sul nazionalismo russo, è in uscita la sua monografia "Il nazionalismo russo, 1900-1914: identità, politica, società". A pochi giorni dall'invasione dell'Ucraina si è visto costretto a lasciare Mosca dove insegnava e viveva da più di 10 anni.

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