Teatri italiani occupati: com’è bella l’imprudenza
2 min letturadi Davide Gangale
Nell’anno quarto della Grande Crisi la fine del mondo non è arrivata. Invece, sono arrivati il deterioramento del mercato del lavoro giovanile, lo stallo della democrazia rappresentativa e la caduta libera della partecipazione politica. Eppure, in un'Italia in cui «pare – e chissà poi per quale ragione – che alla gente importi più del passato, del remoto passato... che dell’avvenire, del prossimo avvenire», come Bianciardi scriveva nel 1957, brilla una scintilla d’imprudenza. Più d’una, a dire il vero.
È il caso di Com’è bella l’imprudenza: il primo ebook interamente ideato, curato e pubblicato dalla redazione del blog collettivo il lavoro culturale. È una cartografia dei teatri italiani occupati nell'ultimo anno e mezzo e ne raccoglie le autobiografie.
A ridosso della pubblicazione, sono arrivate più di 2 mila visite alla pagina di presentazione, 400 condivisioni su Facebook e più di un centinaio di tweet per un libro che mostra i primi frutti di una stagione che vede protagonisti questi luoghi rinati.
Dal Teatro Valle e dal Nuovo Cinema Palazzo di Roma al Teatro Coppola di Catania, dall’asilo La Balena di Napoli al Teatro Marinoni di Venezia, passando per Macao a Milano, per il Teatro Rossi Aperto di Pisa e il Teatro Garibaldi di Palermo, lavoratrici e lavoratori dell’arte e dello spettacolo fanno una cosa semplice e rivoluzionaria. Danno un volto e una voce collettiva a un’esperienza che ha spostato i confini della legalità. Si oppongono alla deriva istituzionale e all’abbandono di spazi che, grazie alla mobilitazione e all'imprudenza (ri)costituente, hanno riscoperto una vocazione originaria: offrire cultura come bene accessibile alla cittadinanza.
Nel corso del tempo, gli otto luoghi raccontati in Com’è bella l’imprudenza si sono trasformati in catalizzatori di democrazia diretta, linguaggi innovativi e nuove pratiche di vita all'insegna di passione e condivisione. Fino a raggiungere i primi livelli di protezione dell’ordinamento giuridico: uno statuto inedito, che pone il nostro Paese «all’avanguardia della lotta globale per i beni comuni», come sottolinea Ugo Mattei nella prefazione all’ebook.
Il merito di aver raccolto queste storie va alla redazione del lavoro culturale. Il blog, che porta il nome del primo romanzo di Luciano Bianciardi, è nato nelle aule e nei corridoi della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Siena. Blog e libro sono accomunati dalle medesime tematiche: il potere delle relazioni, la bellezza della cooperazione e il valore delle professionalità condivise. Si tratta di competenze che tuttavia faticano a trovare il giusto riconoscimento. Di fronte a casi come quello di Com’è bella l’imprudenza, infatti, spesso si dimentica che si tratta dell'esito di un lungo lavoro basato sempre e soltanto sul contributo volontario. Un problema che non riguarda solo i blog collettivi, ma che coinvolge «una fetta consistente del Quinto Stato. Dei lavoratori del terziario avanzato che abitano in un Paese fino ad oggi incapace di raccogliere e qualificare le condizioni di vita delle persone che lavorano di, con, e per la cultura», come afferma la curatrice dell’ebook, l’antropologa Silvia Jop.
C’è da augurarsi che nel 2013 l’editoria digitale indipendente trovi forme adeguate di valorizzazione e sostenibilità. Perché progetti come questo hanno le caratteristiche necessarie per contribuire al rinnovamento di un Paese sconfortato, e sono dunque mortificati fintanto che rimangono in uno spazio più ristretto, alimentati dalla sola passione.
[Com'è bella l'imprudenza è scaricabile liberamente, in formato Mobi e in formato Epub, qui]