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Superbonus 110: le truffe sono solo uno dei problemi

23 Febbraio 2022 7 min lettura

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Superbonus 110: le truffe sono solo uno dei problemi

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di Mattia Marasti

Nel maggio 2020, dopo mesi di lockdown, il governo Conte-bis varò una serie di misure, tra cui il Superbonus 110%. Come buona parte dell’economia, il settore edilizio fu duramente colpito durante la prima fase della pandemia e una misura di quel tipo era rivolta proprio a ridare ossigeno e speranza. Come ogni intervento pubblico ragionato aveva inoltre delle condizionalità: tra queste, gli interventi coperti dal Superbonus dovevano portare, in linea teorica, a un efficientamento degli immobili per contrastare la crisi climatica.

Più in dettaglio, il provvedimento prevede una detrazione fiscale pari al 110%  in cinque anni della spesa per interventi nell’edilizia. Lo Stato, quindi, restituisce attraverso uno sconto sulle imposte le spese affrontate da persone fisiche, condomini, associazioni non profit.

Al fine di accedere al Superbonus è necessario che gli interventi siano di isolamento termico o di sostituzione di impianti o antisismici in contemporanea con interventi, detti trainanti, che riguardano l'efficientamento energetico, l’installazione di colonnine per la ricarica di veicoli elettrici, impianti fotovoltaici o di accumulo. Per essere ammessi al Superbonus questo tipo di interventi dovrà garantire un miglioramento di due classi energetiche.

Per poter permettere anche a chi non ha disponibilità economica immediata questo tipo di interventi lo Stato ha previsto un sistema di cessione del credito tanto alle aziende costruttrici quanto a istituti di tipo finanziario che hanno predisposto per questo tipo di interventi dei piani appositi che, comunque, non coprono l’intera spesa. In un primo momento la cessione dei crediti era pressoché illimitata, particolare che secondo i critici ha agevolato le truffe.

Il governo Draghi ha sì rinnovato il Superbonus, ma ha ampliato il sistema anche a villette e case familiari senza il vincolo ISEE di 25mila euro, permettendo inoltre i lavori anche al di fuori dell’abitazione principale. Secondo l’ufficio parlamentare di Bilancio il costo compreso dei vari bonus edilizi è stimato in circa 30 miliardi, mentre l’Osservatorio dei Conti Pubblici ritiene che il solo Superbonus possa costare oltre 18 miliardi, servendosi tanto dei fondi del PNRR quanto di un fondo complementare.

Fin da subito il Superbonus, così come gli altri bonus del governo Conte, ha attirato una raffica di critiche. Ma in particolare negli ultimi tempi, a distanza di quasi due anni, si sono fatte più feroci: in un’intervista di qualche giorno fa il ministro Giancarlo Giorgetti ha dichiarato che il Superbonus sta “drogando” il settore edilizia mentre rischiamo un aumento della disoccupazione nell’industria. Anche Italia Viva ha parlato duramente del Superbonus 110, nonostante fosse nella maggioranza del Conte-bis. Ovviamente non tutti sono contrari alla misura. Ne è un esempio la parte più fedele a Matteo Salvini nella Lega, rappresentata ad esempio da Alberto Bagnai che afferma, oltre naturalmente allo stesso Conte.

Nelle scorse settimane, in ogni caso, sui giornali e sui social hanno cominciato a girare notizie su possibili truffe legate a quel provvedimento che hanno generato a catena una serie di reazioni indignate. La questione truffe è quanto meno dibattuta.

Sul Corriere della Sera Fiorenza Sarzanini illustra le indagini aperte in 12 città sulla cessione dei crediti d’imposta. Come ha ricostruito la Guardia di Finanza la truffa sarebbe avvenuta in più passi, sfruttando società decotte, prestanome e professionisti compiacenti. In tutto questo la parte finale della truffa consisteva nel cedere il credito d’imposta accumulato a società compiacenti che a loro volta lo cedevano a società inconsapevoli: in questo modo si sarebbe infittito il processo rendendolo il più oscuro possibile.

Per arginare alcune delle problematiche il governo Draghi, come detto prima, è intervenuto con vari correttivi. In un primo momento con il Decreto Sostegni Ter aveva limitato a una sola cessione del credito, salvo poi tornare su suoi passi e garantire al massimo tre cessione del credito.

Ma secondo Pasquale Saggese della Fondazione Nazionale Commercialisti, le nuove mosse del governo arrivano “quando sono scappati i buoi dalla stalla”. Intervistato da Il Fatto Quotidiano chiarisce infatti che queste non avranno alcun impatto sulle truffe in virtù del Decreto Anti Frode del novembre 2021, che garantiva un controllo non solo ex post ma anche ex ante da parte dell’agenzia dell’entrate. Le truffe, sostiene inoltre, si sono più concentrate sugli altri bonus già presenti nel nostro sistema.

Quest’ultimo punto è dimostrato dall’audizione del direttore generale dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini: il Superbonus rappresenta soltanto il 3% delle frodi rispetto al quasi 50% del bonus facciate. Complessivamente, rileva il direttore, “fino ad oggi, l’attività di analisi e controllo condotta ha consentito di individuare, all’Agenzia delle Entrate e alla Guardia di Finanza, un ammontare complessivo di crediti d’imposta inesistenti di cui agli articoli 119 e seguenti del Decreto Rilancio di 4,4 miliardi di euro”. Coinvolgendo anche varie organizzazioni criminali, si sono creati crediti d’imposta anche per svariati miliardi di euro: ciò è stato fatto attraverso cessioni di credito concatenate, che rendono più difficile il controllo di banche e altri intermediari finanziari.

Vi sono delle situazioni alquanto singolari, sul lato truffe: aziende che attraverso fatture false riscuotono svariati milioni di euro da istituti di credito ignari; o quella di un soggetto nullatenente che aveva acquistato 6 milioni di euro di crediti edilizi da parte di un altro soggetto anche lui nullatenente. Il problema è che l’Agenzia delle Entrate può agire solo sul beneficiario originario - nel caso citato il secondo nullatenente - mentre chi prende parte alla lunga catena utilizzata per le frodi è considerato responsabile solo di concorso alla violazione.

Benché il dibattito si sia concentrato su questi temi, il Superbonus presenta altre criticità che vale la pena evidenziare e che sono passate maggiormente sottotraccia. In primo luogo è la valutazione dell’impatto a essere dibattuta. L’associazione Ingegneri nell’ottobre del 2021 ha stimato che la spesa di 9.350 miliardi nel 2021 per il Superbonus contribuisce alla formazione di 12 miliardi di PIL. Dall’altra parte i dati dell’agenzia ENEA, a fronte dell’imponente spesa, rilevano che che “gli interventi asseverati hanno riguardato un numero relativamente limitato di unità immobiliari: circa 69.400, di cui 10.339 condomini, che costituiscono lo 0,82% del totale degli edifici con più di quattro abitazioni, e 35.542 edifici unifamiliari, lo 0,54% del totale”.

C’è poi una questione tecnica: il Superbonus viene elargito in un momento di profonda difficoltà del sistema edilizio dovuto all’aumento dei prezzi delle materie prime. Il rischio è che questo intervento, più che migliorare la situazione, inneschi una spirale nel comparto edilizio (come da dichiarazione del ministro Giorgetti) a discapito di prezzi e di inflazione. Come ha fatto notare Federico Fubini su Il Corriere della Sera sembra già essersi innescata una bolla nel comparto edilizio, dovuto all’eccesso di domanda generato dalla politica dei bonus.

Certo, sul piano teorico il Superbonus ha una sua logica: per far fronte alla recessione indotta dalla diffusione del Sars-CoV-2 gli Stati sono tenuti a stimolare il sistema, soprattutto dal lato della domanda, per evitare che la crisi diventi più profonda. Una misura di questo tipo, grazie soprattutto alla cessione del credito, avrebbe permesso anche a persone che in tempi normali non avrebbero fatto questi interventi di usufruirne. Non è mai mancata l’enfasi sulla popolarità delle misure. Ma all’atto pratico il Superbonus è davvero servito alle fasce più modeste della popolazione?

Su questo punto la questione è controversa: non sono disponibili dati per verificare. Non sappiamo, cioè, chi siano i fruitori del bonus per condizione economica. Tuttavia, possiamo fare qualche considerazione grazie al report sulla povertà assoluta nel nostro paese dell’ISTAT. Secondo i dati, infatti, la metà delle famiglie povere vivrebbe in affitto: non avrebbero quindi vantaggi dal Superbonus che andrebbe ad alimentare le rendite dei proprietari di casa, qualora venissero fatti degli interventi. Un problema di particolare interesse se si considera che a vivere in affitto sono in particolare i giovani che non possiedono ancora immobili.

Il quadro appare ancora più preoccupante se consideriamo il settore dell’edilizia popolare italiana. Dopo l’abolizione dei fondi Gescal, come ha scritto il sociologo Fabio Colombo, il settore dell’edilizia sociale giace in uno stato comatoso. Il rischio, per dirla con una battuta, è che in nome di politiche espansive il Superbonus parta da Keynes e arrivi diritto a Reagan, andando a discapito di quei ceti che, nelle intenzioni dichiarate, avrebbe voluto aiutare.

Allo stesso tempo, come ha spiegato Andrea Roventini su Domani, c’è un problema macroeconomico di fondo. Il PNRR, da cui proviene la maggior parte dei fondi del Superbonus, è un’opportunità unica per l’Italia – che si ritrova un debito pubblico tra i più elevati al mondo – per rilanciare la produttività, ormai stagnante da oltre trent’anni. Utilizzarlo per il settore edilizio, a scarso valore aggiunto, rischia in realtà di non essere efficace per la ripresa.

Tra le motivazioni addotte dal governo Conte-bis per il Superbonus vi era, come detto in precedenza, l’enfasi sulla questione climatica. Da una parte vi è sicuramente una questione tecnica: l’impatto del Superbonus nell’efficientamento energetico è scarso. Gli interventi infatti sono di maglie piuttosto larghe.

Dall’altra, di nuovo, c’è il problema della distribuzione delle risorse. Il rischio non è solo che la crisi climatica peggiori con conseguenze disastrose per l’ecosistema: c’è anche il rischio che a pagare la crisi climatica siano, ancora una volta, le fasce più deboli della popolazione. In uno studio del 2017 Islam e Winckel (Dipartimento Economia e Affari Sociali delle Nazioni Unite) chiariscono che sono proprio i più poveri a essere più suscettibili alla crisi climatica. Anche volendo rimanere nell’ambito dell’edilizia, ci si chiede se interventi più mirati, rivolti per esempio alle abitazioni delle aree più a rischio, non fossero più calibrati sotto questo frangente.

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Per contrastare la crisi climatica servono risorse ingenti, in particolare per la transizione dai settori ad alto impatto ambientale a quelli green che comporteranno un'emorragia occupazionale almeno nel breve periodo – nonostante la questione sia complicata. Interventi per rilanciare la politica industriale di questo paese, affossata ormai da un sistema parassitario che nessun partito ha mai intaccato, non di certo interventi come il Superbonus che, in un paese di proprietari di casa, rischia di essere soltanto una proposta utile a raccattare consensi con una spennellata di greenwashing.

In conclusione, il Superbonus non è una politica sbagliata perché incoraggia frodi, che dipendono appunto da aspetti più tecnici. C’è una questione sostanziale che riguarda l’impatto socio-economico e gli effetti scarsi per contrastare la crisi climatica. Più dei “bonus”, per rilanciare il paese dopo la botta ricevuta nel 2020 servono politiche ambiziose, in grado di trainare la produttività e l’innovazione, orientate però a una maggiore giustizia sociale.

Immagine anteprima via Mise

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