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‘E allora i No Tav?’ Perché è sbagliato equiparare i movimenti di sinistra alle organizzazioni neofasciste

3 Novembre 2021 11 min lettura

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‘E allora i No Tav?’ Perché è sbagliato equiparare i movimenti di sinistra alle organizzazioni neofasciste

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di Stefano Toniolo

Sciogliere Forza Nuova e i movimenti neofascisti? Sì, ma bisogna condannare anche le violenze di sinistra. Questa, almeno, è stata la posizione assunta negli ultimi giorni da buona parte della destra italiana.

L’equiparazione tra neofascismo e movimenti di sinistra, anche estrema, non è una cosa nuova nel dibattito politico. L’assalto neofascista alla sede della Cgil ha avuto come conseguenza la deposizione alla Camera e al Senato di alcune mozioni che chiedono di sciogliere Forza Nuova. Un’azione che ha suscitato reazioni ambigue da una buona parte della destra italiana. Come ha sottolineato nei giorni scorsi proprio su Valigia Blu Matteo Pascoletti, in quell’area politica che ha un rapporto ambiguo con la galassia neofascista ha prevalso un linguaggio della sottovalutazione, che si è in parte nutrito di termini edulcorati e in parte della logica degli “opposti estremismi”.

Se i partiti di centro e di centrosinistra hanno presentato delle mozioni per chiedere lo scioglimento di Forza Nuova (trasformate mercoledì 20 ottobre in un Ordine del giorno, votato dal Senato, e approvate il 21 ottobre alla Camera), da parte loro i gruppi parlamentari di centrodestra hanno presentato una “contromozione”, che di fatto equipara l’assalto squadrista alla Cgil ad altri momenti, definiti “episodi di violenza simili”, ma riconducibili ai movimenti di sinistra. Tra questi sono contemplati i “disordini causati a Genova dai centri sociali legati alla rete Indymedia durante il G8 del 2001”, le devastazioni in seguito a un corteo antifascista a Cremona  nel 2015 e le “violenze dei No Tav contro le forze dell’ordine e i simboli delle istituzioni”. A firmare il testo delle destre, stando al quotidiano Domani sono i capigruppo di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia, ma anche Isabella Rauti, "meloniana", ex moglie di Gianni Alemanno e figlia di Pino Rauti, fondatore di Ordine Nuovo, partito sciolto secondo la legge Scelba per evitare la fondazione di un nuovo partito fascista, e poi segretario del Movimento Sociale Italiano. Alla fine la mozione del centrodestra è stata approvata dal Senato solo dopo tre revisioni e l'eliminazione dell'equiparazione tra l'assalto alla Cgil del 9 ottobre scorso e quelle di altre manifestazioni riconducibili ai movimenti di sinistra.

Non è la prima volta che il movimento No Tav viene tirato in ballo in questo tipo di discorsi e anche nelle ultime settimane è stato citato, quando si parla dell’attacco squadrista. Quasi a dire: “E allora i No Tav?”, in una narrazione che dal contesto locale a quello nazionale vede estremismo di sinistra e violenze neofasciste sullo stesso piano. “Vorrei ricordare che a Torino ci sono gli anarco-insurrezionalisti, che fanno le stesse cose che fanno i neofascisti contro i carabinieri, i poliziotti e i finanzieri che stanno in Val di Susa. Quindi la violenza antidemocratica deve essere assolutamente condannata, anche a Torino. A Roma ci sono state queste scene indegne di estremisti e neofascisti, ma a Torino c’è una presenza anarco-insurrezionalista che fa le stesse cose. Basta chiederlo ai carabinieri e ai poliziotti che stanno in Val di Susa”, ha affermato il vicepresidente e coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani il 10 ottobre durante la trasmissione “Mezz’ora in più”. Hanno fatto seguito le parole del direttore di Repubblica Maurizio Molinari, che ha definito i No Tav “un’organizzazione violenta” e “quanto resta del terrorismo italiano degli anni ‘70”. “La cosa forse più grave è che sono in gran parte italiani che si nutrono anche di volontari che arrivano da Grecia, Germania e a volte dalla Francia”, ha detto prima di rincarare la dose: “Per un torinese, No Tav significa terrorista metropolitano”. E ancora: “La cosa più grave nei confronti dei No Tav è che, siccome si avvalgono di una motivazione ambientalista, quando questa motivazione viene legittimata loro reclutano, con una dinamica che ci riporta davvero agli anni ‘70”. 

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Tutte queste posizioni però si reggono su presupposti sbagliati, tanto quelle di Tajani e della “contromozione”, quanto quelle di Molinari. Secondo Donatella Della Porta, esperta di movimenti sociali e preside della classe di scienze politico-sociali alla Scuola Normale Superiore, è errato equiparare i movimenti di sinistra come il movimento No Tav alle organizzazioni neofasciste: “Non ha nessun senso né giuridico né politico. Nel caso di movimenti come quello No Tav, prevalentemente politici, ci sono delle reti che si impegnano in forme pacifiche, mentre in Forza Nuova c’è il sospetto di un comportamento anticostituzionale sia nelle forme sia negli obiettivi. Mentre contestare per esempio una rete di trasporto è legittimo, promuovere il fascismo no - spiega, interpellata da Valigia Blu - Le leggi Mancino e le altre leggi si riferiscono a organizzazioni, non a movimenti o a reti di movimenti. Nel caso di Forza Nuova quello che si valuta è la responsabilità dell’organizzazione in un’azione di tipo eversivo, collegata a un obiettivo politico di sovversione delle istituzioni dello stato”. Equiparare le due cose non è un’operazione neutra: “È un po’ di tempo che su tante cose l’estrema destra tenta di imitare l’argomentare che viene fatto dalla sinistra istituzionale o dai movimenti di sinistra. Basta guardare a come Meloni ha citato la strategia della tensione, che era promossa da gruppi di destra radicale in accordo con servizi segreti deviati per creare una condizione di disordine in cui poter insinuare una svolta autoritaria e repressiva - aggiunge - L’altra cosa che tendono a fare è usare argomenti di libertà per promuovere idee anticostituzionali. Questo è un elemento dirompente. Contestare una linea ferroviaria non è incostituzionale, mentre costituire un partito fascista lo è”.

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Anarco-insurrezionalisti, violenti e persino terroristi. Queste sono le definizioni date da alcuni politici e dalla “contromozione”, che parla di “violenze No Tav”. Tuttavia, quando si parla di questo tema occorre fare un passo indietro e guardare alla complessità di fondo. La storia del movimento valsusino è segnata dal continuo smarcarsi dalle etichette imposte da media e politici. Fin dagli albori del conflitto - ormai 30 anni fa - si è insinuata la percezione che fosse solo una protesta locale e particolaristica. Ci si è rifugiati nell’etichetta “Nimby”, dall’inglese “Not in my back yard” (non nel mio cortile). Tuttavia, come ha anche sottolineato il sociologo Giuseppe Tipaldo nel libro “La società della pseudoscienza”, la ricerca sociologica e politologica si è orientata verso altre categorie che fossero in grado di spiegare meglio questo tipo di conflitti. L’etichetta “Nimby” peraltro non è neutra, perché finisce per dare un giudizio di valore: chi si oppone lo fa perché è solo preoccupato dal fatto che un’opera venga costruita vicino a lui, con tutto ciò che ne consegue. Quindi è un’istanza singola e in una certa misura egoistica, che si contrappone all’interesse generale.

Al di là della legittimità delle istanze di chi magari è preoccupato dalla svalutazione della propria casa o dall’esproprio di un terreno, se c’è un fatto dimostrato dal movimento No Tav negli anni è che la protesta contro la linea ferroviaria è tutt’altro che egoistica o particolare, ma abbraccia una prospettiva più ampia, che mette in discussione un intero modello di sviluppo. Ecco perché i ricercatori si sono orientati verso espressioni più neutre e corrette come “Lulu”, dall’inglese locally unwanted land uses, o “Banana” (Build absolutely nothing anywhere near anybody) che corrisponde al nostro “né qui né altrove”. “Sono movimenti che in genere hanno un’ispirazione ambientalista, di difesa del territorio, rispetto alla costruzione di grandi infrastrutture che sono percepite come dannose. Sono legati alla difesa dell’ambiente in un territorio più o meno ampio, ma non definirei il movimento No Tav come localistico, perché spesso questi movimenti come anche il No Muos o il movimento No dal Molin si sono messi in rete tra loro. Direi che è un movimento ambientalista che guarda alle dinamiche globali”, precisa Della Porta. 

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Gli stessi No Tav si sono sempre smarcati dall’idea che la loro fosse una lotta mossa da spinte particolari (e quindi egoiste) o comunque da motivazioni deboli e sacrificabili di fronte all’interesse generale. In parallelo il movimento ha cercato di farsi scivolare via un’altra etichetta: fin dall’inizio della sua storia il movimento No Tav è stato tacciato di essere terrorista, accusa che però non ha mai trovato riscontro in una verità giuridica. Così avviene anche in questi giorni, in cui la contromozione della destra non è che la punta dell’iceberg di una narrazione distorta. 

L’ipotesi eversiva si affaccia a fine anni ‘90. Il 5 marzo 1998 le forze dell’ordine bussano alla porta della “Casa occupata” di Collegno, un comune della prima cintura di Torino. Vengono arrestati Maria Soledad Rosas, chiamata Sole, e Edoardo Massari, detto Baleno. Gli agenti della polizia e i carabinieri cercano anche un terzo compagno, Silvano Pelissero, che verrà arrestato qualche ora più tardi. Il reato contestato ai tre è di associazione con finalità di terrorismo. La procura infatti sostiene che facciano parte del gruppo eversivo dei “Lupi grigi”, un'organizzazione che si rifarebbe all’omonimo gruppo estremista turco, che era salito agli onori delle cronache per l’attentato a Giovanni Paolo II da parte di Mehmet Ali Ağca nel 1981. I tre vengono ritenuti i responsabili di diversi episodi accaduti negli anni precedenti. Massari e Soledad Rosas  si suicidano nel corso di quell’anno, il primo in cella all’alba del 28 marzo, la seconda si impicca con un lenzuolo nella sera dell’11 luglio a Benevagienna, in provincia di Cuneo, nella comunità in cui è ai domiciliari. Alla fine nel 2002 cade l’accusa di associazione sovversiva nei confronti di Pelissero. 

Il reato di terrorismo nell’ordinamento italiano è disciplinato dall’articolo 270 del codice penale:

“Chiunque promuove, costituisce, organizza, dirige o finanzia associazioni che si propongono il compimento di atti di violenza con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico è punito con la reclusione da sette a quindici anni. Chiunque partecipa a tali associazioni è punito con la reclusione da cinque a dieci anni”.

L’articolo 270 sexies invece sancisce che

“sono considerate con finalità di terrorismo le condotte che, per la loro natura o contesto, possono arrecare grave danno ad un Paese o ad un’organizzazione internazionale e sono compiute allo scopo di intimidire la popolazione o costringere i poteri pubblici o un’organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto o destabilizzare o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche e sociali di un Paese o di un’organizzazione internazionale, nonché le altre condotte definite terroristiche o commesse con finalità di terrorismo da convenzioni o altre norme di diritto internazionale vincolanti per l'Italia”.  

Circa quindici anni dopo l’arresto di Sole, Baleno e Pelissero, quattro No Tav vengono accusati di attentato con finalità di terrorismo. Sono circa le 3 di una notte di maggio, quando una trentina di persone a volto coperto inizia a lanciare bombe carta, molotov, bengala e razzi contro il cantiere Tav di Chiomonte, in Val di Susa. Alcuni No Tav durante quella notte di maggio 2013 riescono a entrare nel cantiere. Lì la guerriglia prosegue e a causa del lancio di alcune bottiglie incendiarie prende fuoco un compressore. Le forze dell’ordine rispondono con idranti e lacrimogeni e dopo circa venti minuti di scontri i No Tav si ritirano dentro ai boschi delle montagne valsusine. Non è la prima volta che il cantiere di Chiomonte viene attaccato e neanche l’ultima. All’alba del 9 dicembre dello stesso anno la Digos arresta quattro persone: Claudio Alberto, Mattia Zanotti, Chiara Zenobi e Niccolò Blasi. L’accusa formulata dalla procura di Torino è quella di attentato con finalità di terrorismo.

Nel 2015 la Corte di Assise li condanna per i reati minori, ma li assolve dall’accusa di terrorismo. “Pur senza voler minimizzare i problemi per l’ordine pubblico causati da queste inaccettabili manifestazioni - motiva la Corte - non si può non riconoscere che in Val di Susa non si vive affatto una situazione di allarme da parte della popolazione e che nessuna delle manifestazioni violente sino ad ora compiute ha inciso, neppure potenzialmente, sugli organismi statali interessati alla realizzazione dell’opera". Secondo i giudici "appare incontrovertibile la mancanza della volontà di attentare alla vita o alla incolumità delle persone presenti nel cantiere", volontà che "non deve essere confusa con l'accettazione del rischio che quell'evento si realizzi". Inoltre "l’armamentario utilizzato non era indice di una volontà diretta a nuocere alle persone (nelle azioni terroristiche è raro riscontrare l'utilizzo di fuochi pirotecnici, bengala, razzi e bottiglie molotov, senza la presenza di nemmeno un'arma da sparo o mitragliette)”. In sostanza la Corte di Assise conferma che i reati contestati non rientrano nella fattispecie del reato terrorista: in Val di Susa non c’è un clima di terrore, le azioni perpetrate dai quattro militanti No Tav non hanno inciso sulle decisioni dello Stato e anche i modi di azione non sono quelli propri di un’organizzazione terrorista. La procura fa ricorso, ma anche la Corte di Cassazione nel 2017 conferma la sentenza. 

Nella “contromozione” per sostenere la tesi del pericolo legato all’eversione di sinistra si fa anche riferimento alla “Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza 2020” della Presidenza del Consiglio. Vengono citati i numeri degli attentati: “Si evince, inoltre, che ‘le evidenze raccolte dall’Intelligence nel 2020, sistematicamente condivise con le Forze di polizia, fanno stato di come l’anarco-insurrezionalismo resti la componente eversiva endogena più vitale’, con 98 attentati terroristici riconducibili all’area anarchica nel 2019 e 24 attentati e 52 arrestati nel 2020”. Per quanto riguarda l’anarco-insurrezionalismo nella relazione si evidenziano dei tentativi di infiltrazione nelle proteste ambientaliste contro le grandi opere, ma di fatto si lega il fenomeno alla protesta contro il gasdotto Snam lungo la dorsale adriatica (prosecuzione del progetto Tap). La protesta No Tav invece viene legata al movimento antagonista, responsabile di aver “rivitalizzato la campagna No Tav con assalti ai cantieri valsusini e scontri con le Forze dell’ordine”. 

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In sintesi, ad oggi, le accuse di terrorismo rivolte al movimento No Tav non sembrano trovare alcun fondamento. Ciò non vuol dire negare che la violenza sia estranea al movimento, ma riconoscere che va contestualizzata e che c’è una complessità di fondo ineliminabile. La partecipazione e il dissenso No Tav abbracciano uno spettro d’azione piuttosto ampio che passa spesso per la disobbedienza civile, la protesta pacifica e, a volte, anche per la costruzione di veri e propri laboratori sociali e politici, come nel caso della Libera Repubblica della Maddalena o del Festival Alta Felicità. Una delle ultime tecniche di protesta è quella del “cacerolazo” al cantiere dell’autoporto di San Didero, una delle opere funzionali alla Torino - Lione. Di sera gli attivisti si danno appuntamento al piazzale del Baraccone, di fronte all’ingresso del cantiere, e iniziano a battere pentole e coperchi. Per certi versi è molto simile alla “battitura”, dove militanti e attivisti iniziano a battere con delle pietre sulle reti del cantiere, così da “assordare” le forze dell’ordine all’interno.

Inoltre, la prospettiva per cui si identifica la protesta in un movimento violento e anarchico non regge di fronte alla forte vocazione civica e alla grande diversità ideologica all’interno del movimento stesso. Le culture politiche sono diverse e non sono solo quella anarchica. Si tratta infatti di un movimento variegato, al cui interno troviamo movimenti ambientalisti come Fridays For Future ed Extinction Rebellion, comunisti, cattolici o semplici cittadini. “Soprattutto è un movimento pacifico, dove gli episodi di violenza sono stati legati a interazioni durante manifestazioni e quindi non azioni di terrorismo, mentre i pochi episodi di attentati sono rimasti poco chiari nelle dinamiche e nelle responsabilità - aggiunge Della Porta, che mette un punto fermo sulla logica degli opposti estremismi e sulle accuse di terrorismo -. Nelle definizioni che normalmente si danno nelle scienze sociali di terrorismo si tratta di organizzazioni clandestine e il movimento No Tav non lo è e non ha al suo interno organizzazioni clandestine”.

Immagine in anteprima: No machine-readable author provided. JHMM13 assumed (based on copyright claims)., Public domain, via Wikimedia Commons

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