Post

Il caso Report-Renzi: il video dell’incontro con lo 007 Mancini e i punti ancora da chiarire

15 Giugno 2021 20 min lettura

author:

Il caso Report-Renzi: il video dell’incontro con lo 007 Mancini e i punti ancora da chiarire

Iscriviti alla nostra Newsletter

19 min lettura

Dopo le immagini mandate in onda da Report che mostravano il senatore di Italia Viva ed ex presidente del Consiglio, Matteo Renzi, parlare con lo 007 Marco Mancini, in una piazzola di un autogrill, si è aperto un caso politico e istituzionale sul motivo e sull'opportunità di quell'incontro. Abbiamo ricostruito la vicenda a partire dal video fino all'intervento del Copasir, il Comitato di controllo parlamentare sull’intelligence.

L'esclusiva di Report sull'incontro in autogrill tra Renzi e lo 007 Mancini
La reazione di Renzi al servizio di Report e le risposte della testimone
La denuncia/querela di Renzi
L'intervento del Copasir
Gli ultimi sviluppi della vicenda e il prepensionamento di Mancini

L'esclusiva di Report sull'incontro in autogrill tra Renzi e lo 007 Mancini

Nella puntata dello scorso 3 maggio, Report manda in onda un breve video che mostra il senatore di Italia Viva, Matteo Renzi, mentre parla con un uomo nel parcheggio di un autogrill. Nel servizio (qui la trascrizione integrale) che ricostruisce la vicenda, la trasmissione Rai d’inchiesta giornalistica racconta che la persona insieme all’ex presidente del Consiglio è un agente dei servizi segreti italiani di nome Marco Mancini e che l’incontro, della durata di 40 minuti, si è svolto nella piazzola di un autogrill a Fiano Romano (Lazio) il 23 dicembre 2020, “nel pieno della crisi del governo Conte, quando il tema dei servizi segreti è uno delle questioni di attrito principali all'interno della maggioranza”. 

Il 17 dicembre 2020, meno di un mese prima dell’apertura ufficiale della crisi del governo Conte II da parte del leader di Italia Viva – che ha poi portato alla fine dell’esecutivo giallorosso e alla nascita del governo guidato da Mario Draghi –, Renzi aveva reso pubblica una lettera indirizzata all’allora presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, in cui elencava i 19 punti critici che, secondo il suo partito, stavano rendendo problematica l’azione politica della maggioranza. Tra questi, viene citata anche la questione dell’intelligence italiana, con la richiesta da parte di Italia Viva che Conte ceda la delega ai Servizi segreti: “(...) L’insistenza con cui non ti apri a un confronto di maggioranza sul ruolo dell’Autorità Delegata è inspiegabile – si legge nella lettera –. L’intelligence appartiene a tutti, non è la struttura privata di qualcuno: per questo Ti chiediamo di indicare un nome autorevole per gestire questo settore. Io mi sono avvalso della collaborazione istituzionale di Minniti, Monti ha lavorato con De Gennaro, Berlusconi con Letta: tu non puoi lavorare con te stesso anche in questo settore”. Renzi aveva espresso pubblicamente questa richiesta a Conte più volte.  

Secondo quanto riportato dal vicedirettore di Domani, Emiliano Fittipaldi, il leader di Italia Viva aveva iniziato a nutrire dubbi nei confronti della gestione dell’intelligence da parte di Conte dopo che, nell’ottobre del 2019, il New York Times aveva raccontato di due incontri fra l’allora presidente del Consiglio e il procuratore generale statunitense William Barr, in cui quest’ultimo avrebbe chiesto a Conte informazioni su Joseph Mifsud, ex professore maltese che aveva avuto contatti con la Link University di Roma, coinvolto nel caso Russiagate, l’inchiesta giudiziaria statunitense sulle possibili ingerenze russe sulle elezioni statunitensi del 2016. In quell’occasione, la polemica si era concentrata su un aspetto, nello specifico, ricorda Pagella Politica: “Il presidente del Consiglio non aveva informato il Copasir, il Comitato di controllo parlamentare sull’intelligence, degli incontri in questione”. Per questa questione, Conte era stato ascoltato in audizione (poi secretata) davanti al Copasir.

Il servizio di Report riporta che la mattina del 23 dicembre 2020 – il giorno dell'incontro con Mancini all'autogrill – Renzi aveva criticato di nuovo Conte sull’autorità delegata (oltre che su altre questioni) durante la trasmissione ‘L’aria che tira’ su la7. “Dopo la trasmissione (...) Renzi va al carcere di Rebibbia per fare visita a Denis Verdini, l’ex coordinatore di Forza Italia, che qui è recluso da novembre dopo la condanna per bancarotta. Dato conforto a Verdini, il leader di Italia Viva imbocca l’autostrada verso Firenze e fa tappa in questo autogrill a Nord di Roma, Fiano Romano, dove tiene un incontro riservato”, racconta il giornalista di Report Giorgio Mottola.  

Un incontro che viene ripreso di nascosto da una testimone che, continua il giornalista, “si trova lì per caso” e che “dopo la puntata di Report del 12 aprile scorso (ndr, tra i protagonisti di quella puntata c’era Mancini) ha inviato una mail alla nostra redazione”. A questo punto, nel servizio viene intervistata questa testimone (senza rivelarne la sua identità) che afferma che il 23 dicembre ha assistito «a un incontro tra un personaggio a me sconosciuto con un politico, Matteo Renzi, il quale gli ha dato una pacca sulla spalla e poi si sono appartati a parlare. La persona con i capelli brizzolati era già presente sul luogo quando io sono arrivata e camminava avanti e indietro come in attesa di qualcuno». Mottola le chiede perché aveva ritenuto l’incontro tra Renzi e “l’uomo brizzolato”, di cui non conosceva l’identità, così importante da doverlo segnalare a Report. «Perché – risponde la donna – la persona con i capelli brizzolati mi aveva dato un po’ l’impressione che fosse un personaggio losco. Si aggirava come se stesse aspettando qualcuno e poi aveva queste altre due persone con lui come se fossero una sorta di scorta. Dico chissà chi è. Poi è arrivata l’Audi blu con i vetri oscurati dalla quale è uscito Renzi». Alla domanda di Giorgio Mottola sul perché si trovasse quel giorno in quella piazzola dell’autogrill, la testimone risponde: «Perché mio padre si era sentito male un paio di cento metri prima e io mi sono fermata in quella piazzola di sosta per dar modo a mio padre di andare ai servizi igienici e io di andare al bar per prendere una camomilla a mio padre. Semplicemente per questo; quindi solo un caso fortuito al mille per mille». Il giornalista le chiede anche perché abbia deciso di scattare delle foto a Renzi e di girare un video: «Mi è sembrato strano perché un personaggio pubblico incontra un’altra persona in un luogo così anonimo e appartato…».

Report racconta che l’incontro dura quaranta minuti. La donna afferma di averli visti andar via entrambi: «L’auto di Renzi ha proseguito prendendo l’autostrada in direzione di Firenze. E invece ha l’altra auto ha proseguito in direzione di Roma». Mottola domanda se i due uomini si sono detti qualcosa prima di salutarsi: «L’uomo brizzolato ha ricordato a Renzi che sapeva dove trovarlo, qualsiasi cosa…».

Il servizio prosegue spiegando che “l’uomo brizzolato” è Marco Mancini, ex agente del Sismi (Servizio informazioni e sicurezza militare), divenuto dirigente del Dis, (Dipartimento delle informazioni per la sicurezza) che coordina le attività di AISI (Agenzia informazioni e sicurezza interna) e Aise (Agenzia informazioni e sicurezza esterna). Report racconta che Mancini è «un nome ingombrante per il suo passato», essendo stato tra i protagonisti del caso Abu Omar, ex imam di Milano egiziano sequestrato nel 2003 in Italia da agenti della Cia e trasferito al Cairo dove venne torturato e interrogato. Per questo caso, nel 2013 Mancini, quando ricopriva la carica di vice direttore del Sismi, era  stato condannato a 9 anni di carcere e l'allora direttore Nicolò Pollari a 10 anni. Un anno dopo, la Cassazione aveva annullato senza rinvio la sentenza in appello «perché l'azione penale non poteva essere proseguita per l'esistenza del segreto di Stato» posto a partire dal 2006 e fino al 2015 dai governi che si sono succeduti, tra cui quello guidato da Renzi. Nel 2016, per la vicenda del sequestro di Abu Omar, la Corte Europea dei diritti dell’Uomo aveva però condannato l’Italia per aver violato i principi della Convenzione Europea per la tutela dei Diritti dell’Uomo. Secondo i giudici di Strasburgo, «l’Italia ha applicato il legittimo principio del segreto di Stato in modo improprio e in maniera tale da assicurare che i responsabili del rapimento, della detenzione illegale e dei maltrattamenti ad Abu Omar non dovessero rispondere. (...) Le autorità italiane erano a conoscenza che Abu Omar era stato vittima di un’operazione di extraordinary rendition cominciata con il suo rapimento in Italia e continuata con il suo trasferimento all’estero». Mancini, che iniziò la sua carriera come carabinieri per poi passare ai servizi segreti nel 1985 e che partecipò anche all’operazione per liberare la giornalista de il Manifesto Liliana Sgrena sequestrata in Iraq nel 2005, fu coinvolto anche nello scandalo delle intercettazioni illegali di Telecom, con l’accusa “di aver fornito una notevole mole di dati sensibili recuperati in virtù del proprio lavoro”, racconta il Corriere della Sera: “Al processo Mancini invoca il segreto di Stato sui rapporti tra Sismi e Telecom. E così nel 2010 il giudice per l’udienza preliminare lo solleva da tutte le accuse con il proscioglimento definitivo decretato dalla Cassazione nel 2013”.

I giornalisti di Report ricostruiscono che negli ultimi anni Mancini sarebbe stato insofferente perché voleva un posto di rilievo all’interno dei servizi segreti. Per questo motivo “chiede a Conte di essere nominato vicedirettore del Dis, viene presentato anche da altre persone, da altri membri del Governo, ma senza successo”.  

Nel servizio, Report chiede conto di questo incontro allo stesso senatore Renzi. Nel corso dell’intervista (qui è possibile visionare l’integrale, realizzata il 30 aprile e pubblicata da Renzi sul suo canale Youtube lo scorso 3 maggio) il giornalista Danilo Procaccianti di Report dice al leader di Italia Viva che a loro risulta «un suo incontro riservato con Marco Mancini all’autogrill. Diciamo come due amanti clandestini». A questa affermazione, Renzi ribatte: «Mi fa ridere che lei dica “incontro riservato”, un incontro che è all’autogrill. Il fatto che lei mi dica che gli incontri degli amanti sono all’autogrill mi fa pensare che la sua amante non sia particolarmente fortunata. Perché incontrarsi a Fiano Romano secondo me non è il massimo. Dopodiché le vorrei segnalare che, siccome voi state facendo riferimento a un video, sarebbe interessante sapere chi ve l'ha dato. Mi colpisce molto perché in realtà dovevo incontrare il dottor Mancini qui, come incontro altri dirigenti dello Stato, me ne ero dimenticato quando lui mi manda un messaggino e ho fatto “guardi dottore io sono già in macchina verso Firenze” e lui mi ha raggiunto all’autogrill. Quindi è molto strano che ci fosse proprio lì casualmente qualcuno a riprendere».

Dopo questa risposta di Renzi, Report fa notare, con la voce fuori campo di Giorgio Mottola, che fino a quel momento durante l’intervista non erano stati menzionati da nessuno né la foto né il video che ritraevano il senatore con Mancini. «Come faceva Matteo Renzi, prima dell’intervista a sapere dell’esistenza della documentazione inviataci riservatamente?», si domanda il giornalista.

L’intervista continua e Procaccianti domanda cosa si sono detti con Mancini in quell’incontro all’autogrill. Il senatore di Iv dice che Mancini «mi doveva portare i babbi che sono un bellissimo wafer romagnolo che il dottor Mancini mi manda tutti gli anni e che io mangio in modo vorace. Oppure – continua Renzi – lei vuol dire che il dottor Mancini è il grande ispiratore della mia battaglia per cambiare l’autorità delegata?». Report specifica, però, che quando lo scorso 23 dicembre lo 007 incontra il senatore, c’erano ancora in ballo le nomine del governo Conte per i vicecapi dell’Aise e del Dis. Su questo punto, Renzi ribatte che Mancini «aveva un ottimo rapporto con il presidente Conte» e che quindi «se c’era qualcuno che poteva sponsorizzare o meno il dottor Mancini come altri, era il Presidente del Consiglio».

Ranucci elenca poi i punti sollevati dalla trasmissione giornalistica su questa vicenda. «È normale – dice il conduttore di Report – che un leader di un partito e un agente segreto si incontrino ai margini di un autogrill? È per scambiarsi i babbi, i wafer di cui è tanto goloso Renzi? Hanno parlato per 40 minuti, che cosa si sono detti? Hanno parlato di sicurezza nazionale? Della questione mediorientale, dove Marco Mancini vanta vecchi e consolidati rapporti e dove Renzi si reca spesso? Oppure Mancini si è proposto in vista delle imminenti nomine della seconda tornata, ha chiesto a Renzi di sponsorizzarlo? Ecco, su questa domanda Renzi ha preferito glissare e ci ha ricordato che Mancini vantava ottimi rapporti con Conte però non ha voluto dirci se lui o qualcuno del suo governo l’abbiano poi di fatto sponsorizzato all’ex premier che non l’ha nominato, non sappiamo se per sua scelta o perché è scattato un veto sul nome di Mancini da parte di alcuni servizi segreti stranieri, la cui alleanza è strategica per il nostro Paese». 

La reazione di Renzi al servizio di Report e le risposte della testimone

Il giorno dopo la puntata di Report, Renzi pubblica una Enews, la sua newsletter, in cui afferma che il servizio andato in onda su Rai 3 dovrebbe essere studiato nei manuali di complottismo.

Nella sua risposta, il senatore di IV prima afferma di non fare incontri segreti e che se li dovesse fare non li farebbe in un autogrill, ma in caso in un ufficio: “Se vedo una persona al volo in Autogrill, in stazione, in aeroporto, in treno, in piazza, allo stadio, non lo definisco incontro segreto. Se qualcuno pensa che si possa organizzare un incontro segreto in un luogo pubblico, costui ha bisogno di un TSO immediato”.

Secondo Renzi, inoltre, nella storia riportata da Report ci sono molti punti oscuri: ad esempio fa notare che la testimone avrebbe registrato con un semplice cellulare un incontro durato 40 minuti per poi specificare “Complimenti alla batteria (ndr, del telefono)”; il senatore sottolinea anche che risulta davvero “straordinario” come la donna “riesca a distanza di metri, col finestrino chiuso, a sentire le parole [ndr pronunciate da Mancini al termine dell’incontro], senza neanche leggere il labiale perché i due indossano una mascherina”. L’ex presidente del Consiglio definisce poi il racconto fatto dalla donna “falso”, focalizzandosi su una parte delle sue dichiarazioni: “La signora (...) spiega che il signore elegante ma losco [ndr, Mancini] gira e torna a Roma, mentre Renzi va verso Firenze. Fermi, fermi: come è possibile? Se Report non ha cambiato nottetempo le regole del codice delle strada, quando ci sono due auto provenienti da Sud – ferme nell’Autogrill di Fiano Romano – entrambe sono obbligate ad andare verso Firenze, perché in autostrada non si può tornare indietro, fino a che non c’è un casello. A meno che la macchina del signore elegante ma losco non sappia volare o abbia il diritto di viaggiare contromano, questa informazione della prof tradisce la verità. Chi ha scritto il copione della signora si è dimenticato di questa piccola contraddizione (...)”. Infine, Renzi si domanda perché la testimone avrebbe custodito “come una reliquia il video per quattro mesi” per poi “improvvisamente” passarlo alla redazione di Report “perché ha riconosciuto nel signore elegante ma losco un famoso dirigente dei servizi segreti italiani, del quale non esistevano foto da anni”.

A questi punti sollevati da Renzi risponde direttamente la testimone citata nel servizio, con un testo inviato a Sigfrido Ranucci e pubblicato sulla pagina Facebook del giornalista. La donna, che lavora come insegnante, in particolare, ribatte che il video girato non dura 40 minuti ma “29 secondi”, mentre “40 minuti è durato l'intero incontro, durante il quale non ho visto uno scambio di dolci, dei babbi di cui ha parlato nell'intervista. Non so se sia avvenuto attraverso gli uomini della scorta”. Riguardo alle parole riuscite a sentire di Mancini rivolte a Renzi, al termine dell’incontro, la testimone afferma di essere stata dentro l’auto “con il finestrino del guidatore (quindi anteriore sinistro) leggermente abbassato” per areare l’abitacolo: “Le due persone si sono salutate molto vicino alla mia auto e quindi ho potuto chiaramente sentire il saluto e la frase pronunciata”. La donna afferma poi di aver potuto dichiarare nel servizio che al termine dell’incontro le macchine di Renzi e Mancini sono andare in direzioni differenti perché “l'area di servizio in questione è prima del casello di Roma Nord dal quale una volta passato si può proseguire per Firenze, come ha fatto l'auto di Renzi, o girare e tornare verso Roma prendendo la cosiddetta bretella girando alle indicazioni per L’Aquila /Pescara/ Napoli. La macchina del signore che ha incontrato Renzi è partita poco prima che io lasciassi l'autogrill, io sono partita prima di Renzi, poi la sua auto ci ha superato in direzione verso Firenze a gran velocità”.

Infine, la testimone smentisce di aver custodito il video per quattro mesi, ma di aver inviato il 31 dicembre 2020 il materiale alla redazione web di un giornale nazionale “che non mi ha mai risposto né tantomeno contattato. Lo staff di Report è a conoscenza di questa mia email”. L’insegnante conclude la sua risposta a Renzi, tenendo a precisare, “come già detto nell'intervista che non ho mai riconosciuto il tipo sulle foto, né avrei potuto, e non ho saputo la sua identità fino alla messa in onda del servizio di Report. Ho inviato il materiale alla redazione di Report dopo il servizio del 12 aprile 2021 non perché avessi riconosciuto il dirigente dei servizi segreti, ma semplicemente perché il servizio mi aveva riacceso la curiosità di sapere perché in quasi piena crisi di governo, uno dei protagonisti si incontrasse in un'area di servizio pressoché dismessa e deserta”. La donna si dice poi disposta a un incontro con Renzi “perché vorrei si togliesse il dubbio che qualcuno l'avesse spiato o che sia finito al centro di un complotto”.

Il fatto che il materiale fosse stato inviato per mail, alla fine dello scorso anno, a un giornale online è stato successivamente confermato dal direttore del Fattoquotidiano.it, Peter Gomez: «Quella segnalazione arrivò alla nostra redazione il 31 di dicembre. E non aver visto quella mail è stata la cazzata del secolo». Gomez spiega anche che al fattoquotidiano.it non avevano fatto caso a quella mail perché la redazione è sotto organico e non riesce a stare dietro a tutte le segnalazioni che arrivano.

La denuncia/querela di Renzi

L’8 maggio, Matteo Renzi consegna una denuncia-querela contro ignoti sul colloquio avuto con il dirigente del Dis Marco Mancini nell’autogrill di Fiano Romano il 23 dicembre 2020. Nella denuncia, pubblicata integralmente da Il Riformista, si ipotizza che lo stesso Renzi sia stato seguito e intercettato e che per questo motivo qualcuno abbia violato la Costituzione e la legge intercettando e riprendendo in modo illegittimo un parlamentare. Il senatore contesta la circostanza che la ripresa video sia stata girata fortuitamente da una professoressa di passaggio, in sosta nella stazione di servizio. Un racconto che per il leader di Iv appare “alquanto contraddittorio”. Nell’esposto ad esempio vengono confrontate le parole della testimone scritte nel post di risposta di Renzi e pubblicate da Ranucci il 5 maggio con quelle rilasciate dallo stesso conduttore all’agenzia di stampa AdnKronos il 6 maggio dove emergono contraddizioni sulle tempistiche delle macchine delle persone coinvolte al momento di lasciare l'autogrill: la donna dice che la macchina di Mancini è partita poco prima di lei, mentre Ranucci afferma che “l'insegnante è ripartita con la sua auto contemporaneamente a Mancini (...) e ha potuto vedere che Mancini andava verso Fiano Romano”. Per questi motivi Renzi chiede di "sequestrare e acquisire i video e le foto girate dalla donna (la cui identità è d'accertarsi)" per verificare "attraverso l'analisi tecnica se vi sono state manipolazioni, alterazioni e provenienza". 

Dopo la denuncia di Renzi, Ranucci scrive un post in cui afferma che si tratta di “un attacco forte a Report e al giornalismo facendo venir meno il segreto professionale. Report tutelerà fino in fondo la sua fonte che si era detta disponibile a incontrare Renzi lontano dalle telecamere. Non c'è dunque bisogno di alcun atto giudiziario per capire”. Sempre il conduttore di Report dice che non riesce a capire “quali siano le contraddizioni nella testimonianza della nostra fonte, visto che ha parlato una sola volta. Se si basano su informazioni scritte da altri è evidente che la nostra fonte non ha responsabilità”. Per Ranucci “dibattere sul fatto che sia andato via prima Renzi o Mancini mi sembra sinceramente una questione di lana caprina. La domanda è: si sono incontrati Renzi e lo 007? Si! Di cosa hanno parlato per circa quaranta minuti? Non lo sappiamo, e chiederlo è legittimo, visto che anche il Copasir se ne occuperà”. Il giornalista specifica anche che "Report e il filmato dell'incontro tra Renzi e Mancini non sono parte di un complotto".

Il conduttore di Report chiede poi chi "ha diffuso il dossier falso alla base dell'interrogazione parlamentare annunciata da Luciano Nobili di Italia Viva, secondo cui la Rai avrebbe pagato una fattura da 45 mila euro a una società lussemburghese per pagare una fonte di Report. Una fonte, Francesco Maria Tuccillo che Report ha incontrato, che non ha mai pagato e mai mandato in onda perché alla fine non ha voluto parlare. Tuttavia Nobili sapeva. È grave che qualcuno abbia informato un parlamentare sulle fonti giornalistiche di una trasmissione. Allegato al dossier c'erano anche le mail false del sottoscritto inviate a Rocco Casalino. Chi ha preparato questa polpetta avvelenata?". Ranucci si riferisce all'interrogazione annunciata dal deputato Luciano Nobili lo scorso 3 maggio dopo l'anticipazione del filmato dell’incontro tra lo 007 Marco Mancini e il senatore Matteo Renzi che Report avrebbe mandato in onda. Come ricostruisce Domani, l'onorevole di Italia viva nella sua interrogazione parlamentare si chiedeva se corrispondesse al vero "che la Rai avesse pagato una fattura di 45 mila euro a una società di produzione Lussemburghese di nome Tarantula, finalizzata a pagare la fonte coperta che avrebbe contribuito a realizzare un’altra inchiesta di Report – di novembre – che criticava la gestione del governo Renzi nella vicenda riguardante Alitalia e Piaggio Aerospace". Dopo l’annuncio di Luciano Nobili – continua il quotidiano – era emerso che il dossier su cui si basava l'interrogazione "era palesemente falso".

L'intervento del Copasir

L’11 maggio il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir) ascolta in audizione (secretata) il direttore generale del Dis, il prefetto Gennaro Vecchione – nominato nel 2018 dal governo Conte I e confermato dal governo Conte II nel 2020 – proprio sull’incontro tra Renzi e il dirigente del Dis Marco Mancini. Secondo fonti di stampa, Vecchione avrebbe detto di non essere stato informato da Mancini dell’incontro con Renzi e che un obbligo specifico di farlo non c’era. Davanti i parlamentari, il direttore del DIS avrebbe definito l’incontro "ascrivibile al rango di incontro privato". 

Dopo questo incontro, il sottosegretario delegato ai Servizi Franco Gabrielli ha richiamato i direttori del Dis, dell’Aise e dell’Aisi al principio che gli appartenenti all’intelligence possono incontrare parlamentari, giornalisti, magistrati e altre categorie “sensibili” solo per motivi di servizio e con la preventiva autorizzazione del vertice dell’agenzia a cui appartengono. Due giorni dopo l’audizione di Vecchione, il Copasir decide inoltre di chiedere al presidente del Consiglio Mario Draghi l'attivazione di un'inchiesta interna sul caso dell'incontro tra il segretario di Iv Matteo Renzi ed il capocentro del DIS Marco Mancini. Sempre in quei giorni, si svolge un cambio al vertice dei servizi segreti, con la nomina di Draghi di Elisabetta Belloni come nuova direttrice generale del DIS al posto di Vecchione che termina quindi il suo mandato in anticipo.

Gli ultimi sviluppi della vicenda e il prepensionamento di Mancini

Una settimana dopo del primo servizio di Report con le immagini dell’incontro tra Renzi e Mancini all’autogrill a Fiano Romano, la trasmissione d’inchiesta Rai torna sulla vicenda e i suoi sviluppi con un secondo servizio (qui la trascrizione integrale). Sigrifrido Ranucci in studio dichiara: «Noi certo non pensiamo a un complotto per far cadere il governo. Ci siamo posti esclusivamente delle domande. Come mai un politico incontra un agente dei servizi di sicurezza ai margini di un autogrill? È per scambiare i babbi come dice Renzi o per scambiare delle informazioni? Ecco, magari sul medio Oriente dove Mancini vanta ancora dei solidi rapporti per la sua passata esperienza e dove Renzi si reca spesso. Oppure sono, si scambiano informazioni sulla sicurezza del paese? O Mancini magari chiede una sponsorizzazione a Renzi in vista delle future nomine ai vice dell’Aise e del Dis? Ecco su questa domanda in particolare se lui o qualcuno del suo partito avesse ricordato a Conte il nome di Mancini tra i possibili candidati vice direttori, ecco, lui glissa e dice, guardate che Conte che con lui ha ottimi rapporti vero, ma sta di fatto che Conte poi non lo nomina». 

Nel servizio viene anche intervistata nuovamente la testimone per rispondere alle accuse di Renzi che reputa il suo racconto un falso. La donna ripete in gran parte quanto già scritto nella lettera indirizzata al senatore Iv e pubblicata dal conduttore sul suo profilo Facebook di cui abbiamo parlato in precedenza.

Sempre il 10 maggio viene annunciato da Report che l’ex presidente del Consiglio Renzi sarebbero intervenuto in studio in una delle prossime puntate per parlare del suo incontro con Marco Mancini in un autogrill di Fiano Romano. Un fatto che però non si verifica. Nell'ultima puntata della trasmissione, viene intervistata in studio la testimone che racconta di nuovo quanto visto il 23 dicembre 2020 all'autogrill di Fiano Romano. 

Report rivela anche che l’agente dei servizi segreti 007 Mancini avrebbe incontrato in un autogrill un altro politico e leader di partito: Matteo Salvini. Il giornalista della trasmissione Walter Molino in un servizio andato in onda il 17 maggio intervista l’ex ministro dell’Interno e senatore della Lega, Matteo Salvini che dopo la prima puntata di Report del 3 maggio sull’incontro in autogrill di Renzi e Mancini aveva dichiarato: «Io di esponenti dei servizi segreti ne ho incontrati a decine, non all’autogrill, ma per parlare di immigrazione, sicurezza. Mi sembra assolutamente normale, poi uno può incontrarli in un autogrill o nel suo ufficio, non mi sembra niente di particolare». Molino dice al senatore leghista di avere una fonte che afferma che avrebbe incontrato Mancini proprio in un autogrill. Salvini risponde: «A mia memoria non l’ho incontrato in autogrill». 

Iscriviti alla nostra Newsletter


Come revocare il consenso: Puoi revocare il consenso all’invio della newsletter in ogni momento, utilizzando l’apposito link di cancellazione nella email o scrivendo a info@valigiablu.it. Per maggiori informazioni leggi l’informativa privacy su www.valigiablu.it.

Intorno alla metà di maggio, esce un articolo di Tommaso Ciriaco su Repubblica – basato su “fonti parlamentari di alto livello, a partire da quelle di Italia Viva”, su “alcuni dei protagonisti politici e di governo” e sull’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte – che punta ad aggiungere “elementi utili a fare luce sulla vicenda”. Secondo quanto scrive il quotidiano, sarebbe stato lo 007 italiano a chiedere a Renzi di incontrarsi per chiedere “informazioni rispetto all'imminente crisi di governo, che a fine dicembre è già pronta ad esplodere, e perorare la propria eventuale ascesa a vicedirettore del Dis”. Inoltre, continua Ciriaco, sul chi e sul perché è stato girato quel video le “versioni accreditate da chi è nel cuore di questa storia” sarebbero due: “La prima è che sia stato lo stesso Mancini a far registrare l'incontro. La seconda è che la registrazione sia stata effettuata da apparati dell'intelligence e all'insaputa del capocentro. In entrambi i casi, ne discende che Renzi sarebbe finito in mezzo a una resa dei conti dell'intelligence”. Come abbiamo visto, Report ha negato che Renzi sia finito al centro di un complotto.

Inoltre secondo fonti di primo piano citate da Repubblica, l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte “avrebbe sostenuto in privato che a perorare la causa di Mancini sarebbero stati il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri e la big renziana Maria Elena Boschi”. Boschi ha però smentito questo retroscena. Stessa cosa ha fatto il magistrato Gratteri: «Non è vero che ho chiesto a Matteo Renzi di incontrare Marco Mancini. Sono disposto a depositare i miei tabulati telefonici delle settimane e mesi precedenti il 23 dicembre scorso. Non verrà trovata nessuna chiamata o messaggio a Renzi».

A giugno viene poi pubblicata la notizia che Mancini, oggi sessantenne, dopo 37 anni di attività nei servizi segreti italiani, lascerà il suo incarico di caporeparto del DIS il prossimo luglio, andando in prepensionamento. A pesare su questa decisione, scrivono i media, ci sarebbero ancora “troppi punti ancora oscuri”: il perché dell’incontro con il senatore Renzi nella piazzola di un autogrill, la mancata relazione dell’incontro nonostante si fosse recato all’appuntamento con l’auto di servizio e il come sia stato possibile che una qualsiasi passante abbia registrato tutto.

Segnala un errore

Array