La solita tiritera del femminismo e del patriarcato
6 min lettura"La solita tiritera del femminismo e del patriarcato". Capita molto spesso di leggere questa frase nei commenti ai nostri articoli che trattano temi che vanno dal femminicidio agli attacchi alla legge sull'aborto, alla sottorappresentazione delle donne nei media e in politica, al gender gap e alle discriminazioni sul lavoro...
Della necessità della lotta femminista nel 2021 ne ha parlato Giulia Blasi qui su Valigia Blu: "È il 2021, e stiamo ancora lottando per i diritti di base, come se la loro negazione fosse uno sfortunato incidente e non il risultato di una perdurante marginalità legata a un sistema iniquo, modellato per intero intorno allo sguardo, alle necessità e alle priorità maschili, che tratta le donne e le minoranze (due sottoinsiemi che spesso si sovrappongono) come problemi, temi, cose di cui occuparsi a tratti e sempre a posteriori, quando va bene. Una società che non mette le donne al centro né permette loro di concorrere alla pari alla creazione delle regole d’ingaggio. Una società in cui una minoranza di individui – maschi, bianchi, eterosessuali, cisgender, preferibilmente anziani e borghesi – opera in un regime di sostanziale dittatura culturale, sostituendosi a ogni altra esperienza nel definire la scala delle priorità".
Guardiamo anche solo alle vicende delle ultime settimane qui in Italia: il caso dell'attrice dei The Jackal Aurora Leone cacciata dalla cena della Partita del Cuore: "Sei donna, non puoi stare seduta con gli uomini, le donne non giocano”; il tema sollevato da Rula Jebreal sulla sottorappresentazione mediatica delle donne; il video di Beppe Grillo che spiega bene la paura delle donne di denunciare violenze e stupri; l'ultimo caso all'attenzione delle cronache dell'imprenditore accusato di aver drogato e violentato diverse studentesse. La dottoressa Alessandra Kustermann, che dirige la struttura di Ginecologia e Ostetricia del Pronto Soccorso Policlinico di Milano ed è fondatrice del Soccorso Violenza sessuale e Domestica, intervistata a proposito dal Corriere della Sera ha spiegato: "Queste violenze non hanno un fondo sessualizzante: non è il desiderio che viene messo in gioco in una violenza sessuale, ma il senso di potere che esercita l’uomo, il disprezzo profondo delle donne, trasformate in oggetto. Nel caso delle violenze di gruppo è ancora più difficile denunciare: è la parola di una persona contro quella di un branco. La vittima non è stata oggetto dei desideri, ma di una gara di potenza tra maschi".
E ancora: pensiamo gli attacchi continui alle legge 194, dall'Umbria alle Marche al Piemonte. È stata lanciata proprio in questi giorni la campagna Libere di abortire: "Dopo oltre quarant’anni l’interruzione di gravidanza - scrive Rita Rapisardi su l'Espresso - si trova ancora sotto attacco: obiezione di coscienza, stigma e traumi fisici e psicologici. Un percorso ad ostacoli che vede le donne sempre più sole".
Le associazioni Amica – Medici Italiani Contraccezione e Aborto e Luca Coscioni, insieme alla deputata del Partito democratico, Lia Quartapelle, hanno presentato la scorsa settimana una proposta per “aggiornare” la legge: dopo più di quarant’anni “la situazione è di una non-applicazione in larghe parti del nostro Paese” - spiega Anna Pompili, ginecologa di Amica - “Ci sono poi ingiustizie gravi generate dal dettato stesso della legge. Penso alle donne costrette ad emigrare all’estero laddove venga fatta una diagnosi tardiva di grave patologia fetale”.
Siamo il paese in cui la procreazione assistita è ferma alla legge 40 del 2004 (anche se ha subito piccoli aggiustamenti grazie agli interventi della Corte Costituzionale) ed è pensata per un modello di famiglia "tradizionale". Abbiamo letto qualche giorno fa, sempre sul Corriere della Sera, la storia di Carmen Consoli, che ha concepito suo figlio a Londra. "La nostra legge sull'inseminazione artificiale - ha spiegato al Corriere l'avvocato Carlo Rimini - ha come punto di partenza, punto cardine, base, che le tecniche di inseminazione artificiale sono ammesse solo per le coppie e per le coppie di sesso diverso". Chi non rientra in questi canoni è costretto ancora ad andare all’estero. A patto che abbia i mezzi economici per permetterselo.
Ieri Elena Tebano sul Corriere della Sera riportava la notizia della condanna da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo (Cedu) "all’Italia per come ha condotto il processo, con relativa sentenza, a sette imputati accusati da una ragazza di Scandicci (Firenze) di averla stuprata dopo una serata passata insieme alla Fortezza da Basso, una zona della movida fiorentina, nel 2008. «Le autorità nazionali non hanno protetto la ricorrente dalla vittimizzazione secondaria durante tutto il procedimento, di cui la redazione della sentenza è parte integrante della massima importanza, soprattutto in considerazione del suo carattere pubblico. Tra l’altro, la Corte ritiene che i commenti riguardanti la bisessualità della ricorrente, le relazioni romantiche e le relazioni sessuali occasionali prima degli eventi fossero ingiustificati. Ritiene che il linguaggio e le argomentazioni utilizzate dalla Corte d’Appello di Firenze abbiano trasmesso i pregiudizi sul ruolo della donna che esistono nella società italiana e che rischiano di impedire una protezione efficace dei diritti delle vittime di violenza di genere nonostante un quadro legislativo soddisfacente»". «Sono soddisfatta che la Corte europea dei diritti umani abbia riconosciuto che la dignità della ricorrente è stata calpestata dall’autorità giudiziaria» ha commentato l’avvocata Titti Carrano, che ha rappresentato la ragazza, all’epoca dei fatti 22enne. «La sentenza della Corte d’appello di Firenze ha riproposto stereotipi di genere, minimizzando così la violenza, e ha rivittimizzato la ricorrente, usando anche un linguaggio colpevolizzante. Purtroppo, questo non è l’unico caso in cui la non credibilità della donna si basa sulla vivisezione della sua vita personale, sessuale. Questo succede spesso nei tribunali civili e penali italiani».
Ormai da un anno a questa parte molte evidenze mostrano che la pandemia ha colpito in particolare le donne. Nel nostro paese, per esempio, la maggioranza dei posti di lavoro persi a causa della crisi ha riguardato l’occupazione femminile, mentre sono aumentate anche le violenze domestiche. Una conseguenza è stata la crescita delle disuguaglianze di genere, che già prima dell’epidemia riguardavano parecchi ambiti, tra cui quello dei salari. Da anni le statistiche internazionali evidenziano infatti che le donne guadagnano meno degli uomini, per una serie di cronici motivi, con ampie differenze tra i vari Stati. Esistono diverse stime che cercano di valutare questo divario, il cosiddetto gender pay gap. Questi indicatori vanno letti con attenzione, per evitare facili fraintendimenti e comprendere quali sono le cause sottostanti. Per quanto riguarda il divario salariale l’Italia è ancora parecchio indietro rispetto ad altri altri paesi europei.
Essere femminista (riguarda anche gli uomini) è un'esperienza continua. Un nuovo femminismo è più che mai urgente. Ma che tipo di movimento femminista?
Scrivono Cinzia Arruzza e Lidia Cirillo in "Storia delle storie del femminismo":
"Le condizioni di vita tra le donne in Italia si sono diversificate progressivamente a causa della precarizzazione del lavoro tra le nuove generazioni e l'arrivo di milioni di donne migranti che o entrano nel mondo del lavoro nelle condizioni più svantaggiose possibilio ne sono interamente escluse. A queste vanno aggiunte le donne trans, marginalizzate dal mercato del lavoro ed esposte a surplus di violenza maschile e transfobia... Un nuovo movimento femminista dovrebbe essere un movimento di donne migranti, donne trans, queer, precarie e disoccupate, studentesse e lavoratrici al nero, e soprattutto donne arrabbiate...
...Un nuovo movimento femminista oggi deve ripensarsi come parte integrante di una battaglia più generale in difesa dei diritti sociali e civili, per la democrazia e la sovranità popolare, contro l'austerità, contro la strumentalizzazione nazionalista e islamofoba dell'ideale di liberazione delle donne e contro le politiche criminali portate avanti dall'Unione europea e dall'Italia ai danni dei migranti. Questi temi sono temi femministi perché riguardano da vicino le condizioni di vita di milioni di donne a cui non è consentito "farsi avanti", di svolgere il ruolo di manager illuminate e o negoziare tempi e ritmi di lavoro senza rimetterci reddito e carriera, a cui non è consentito nemmeno di averlo un lavoro, o a cui sono negati cittadinanza e diritti politici. Al femminismo lean in delle dirigenti di impresa, al femminismo falsamente universalista in alleanza con l'islamofobia di Stato, al femminismo che contribuisce a rendere silenti le voci delle donne migranti, bisogna opporre un femminismo altro: rumoroso, festoso, arrabbiato, di classe, antirazzista, conflittuale, giovane e migrante".
"La solita tiritera del femminismo e del patriarcato" è il prossimo appuntamento di Valigia Blu Live, con noi la giornalista e scrittrice Giulia Blasi (tra i suoi libri "Manuale per ragazze rivoluzionarie" e "Rivoluzione Z") in diretta venerdì 28 maggio alle ore 18.30 sul gruppo Facebook "Sostenitori di Valigia Blu" e sulla bacheca Facebook di Arianna Ciccone.
L'incontro è disponibile anche in versione podcast qui e sul nostro canale YouTube.
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