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Coronavirus, la strage di milioni di visoni che vivono e muoiono per diventare un bene di lusso

18 Gennaio 2021 8 min lettura

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Coronavirus, la strage di milioni di visoni che vivono e muoiono per diventare un bene di lusso

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Le foto che arrivano dalla Danimarca sono terribili. Mostrano visoni gasati e milioni di animali sepolti in fosse comuni con le scavatrici.

Queste uccisioni di massa non sono uniche né rappresentano una novità. Che si tratti di influenza aviaria, peste suina, morbo della mucca pazza o afta epizootica, milioni di polli, bovini e suini vengono regolarmente uccisi per contenere le epidemie.

In questo caso è toccato ai visoni.

Alcuni animali erano risultati infettati da una versione mutata di SARS-CoV-2, il virus che causa la malattia COVID-19 negli esseri umani. Si è così scatenata un'enorme paura che la mutazione virale potesse colpire gli esseri umani alimentando ulteriormente la pandemia, con il rischio che il vaccino fosse inutile contro il nuovo ceppo.

Ma considerando le dimensioni della minaccia era proprio necessario un passo così estremo? In ogni caso questo sembra essere lo standard ogni volta che gli animali sono affetti da una malattia che potrebbe essere pericolosa per l'uomo.

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I rapporti sui visoni infetti e contagiosi riflettono chiaramente questo pensiero soffermandosi sulla pericolosità del virus mutato per gli esseri umani, sul fallimento dell'attività degli allevatori di visoni, sulla possibilità che gli animali prima o poi riaffiorino dal luogo dove sono stati sepolti e sulla eventuale contaminazione della falda acquifera.

Poco è il rimorso per gli animali che sono stati torturati e uccisi.

Era reale il pianto del primo ministro danese, Mette Frederiksen, con le lacrime che le rigavano il viso, mentre parlava della tragedia dei visoni davanti alle telecamere. Tuttavia, quelle lacrime non erano di commozione per il destino crudele riservato agli animali, ma per gli allevatori di visoni il cui "lavoro di una vita è andato distrutto".

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Per lungo tempo la Danimarca è stata uno dei maggiori esportatori mondiali di pellicce di visone. Il governo ha ordinato l'abbattimento di tutti i visoni nel paese. Kopenhagen Fur, la più grande casa d'aste danese di pellicce, ha dovuto chiudere l'attività.

Mette Frederiksen non è stata l'unica persona a rimanere scioccata per quanto accaduto. Anche Edmund Haferbeck è rimasto sconvolto. Le ragioni, però, non potrebbero essere più diverse da quelle del primo ministro. Haferbeck è a capo del dipartimento scientifico e dell'ufficio legale dell'organizzazione per i diritti degli animali PETA.

La sua compassione è rivolta agli animali. L'uomo è un agronomo e ha conseguito il dottorato scegliendo come argomento l'allevamento dei visoni. Per questo motivo sostiene di trovarsi "sul lato opposto".

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Nel corso della sua ricerca ha visitato alcuni allevamenti di animali da pelliccia in Germania. «All'epoca, tra il 1983 e il 1989, c'erano ancora dai 150 ai 200 allevamenti», ha detto, ricordando che una delle cose che per prima lo aveva colpito era il “terribile” odore emanato dai fienili pieni di migliaia di animali.

Come per tutti gli allevamenti intensivi, quello di animali da pelliccia è collegato a enormi problemi ambientali, oltre a essere deplorevole per il benessere degli animali. I visoni trascorrono la loro vita in isolamento in piccole gabbie metalliche. Mentre gli escrementi cadono attraverso una griglia, il cibo – una poltiglia di carne – è posto sulla parte superiore della gabbia, dove viene tirato dagli animali pezzo per pezzo attraverso una rete metallica.

«Quasi tutti gli animali mostravano anomalie comportamentali, la cosiddetta sindrome da privazione sociale o zoochosis, e continuavano a girare in tondo», ha affermato Haferbeck.

Il racconto è stato confermato da Jana Zschille, biologa e zoologa forestale presso l'Università tecnica di Dresda, che pure ha visitato gli allevamenti di visoni. Anche Zschille ha scritto la tesi di dottorato sui visoni, sebbene trattasse di animali che vivono allo stato selvatico nello Stato tedesco del Meclemburgo-Pomerania occidentale.

Zschille ha quindi un'idea chiara di ciò di cui i visoni hanno bisogno per vivere. Una piccola gabbia metallica non è sicuramente l'habitat più adatto. «Sono animali conosciuti per essere semi-acquatici, come la lontra, e vivono sempre nei pressi di specchi d'acqua. Cacciano vicino all'acqua e nuotano», ha spiegato Zschille.

I visoni si arrampicano, dormono nelle tane scavate nel terreno e sugli alberi e preferiscono vagare nei loro territori al tramonto e di notte. Le descrizioni di Zschille parlano molto chiaramente: la vita in un allevamento di animali da pelliccia è una vera tortura per i visoni.

Sebbene la produzione di pellicce di visone sia in calo da tempo, secondo Kopenhagen Fur la domanda internazionale è in aumento. Dai dati raccolti dalle Nazioni Unite emerge che la Cina è di gran lunga il più grande paese esportatore di pellicce, mentre Hong Kong e la Russia sono tra i maggiori acquirenti.

I motivi per cui gli allevamenti da pelliccia ancora esistono, nonostante le sofferenze inflitte agli animali, sono quindi puramente economici. Ecco perché l'uccisione di massa di queste creature è vista principalmente come un problema economico.

Ma davvero ci interessa così poco del destino di creature che vivono e muoiono per diventare un bene di lusso? O semplicemente non ci interessa affatto?

Cosa c'è di sbagliato in noi?

Uccidere gli animali, sia per cibo che per vestiti, dà piacere a pochissime persone. Secondo gli psicologi la maggior parte delle persone non vuole causare sofferenza agli animali, pur volendo continuare a mangiare carne. E alcune vogliono anche indossare la pelliccia.

Questi sentimenti contraddittori e il dilemma morale dei consumatori di carne innescano quello che viene chiamato dagli scienziati "il paradosso della carne". Lo stesso tipo di paradosso, più o meno, riguarda l'uso di pellicce.

Lo psicologo sociale Benjamin Buttlar dell'Università di Treviri sta conducendo una ricerca su questo paradosso. Buttlar sostiene che le persone usano una varietà di strategie per giustificare a se stesse la contraddizione di non voler effettivamente uccidere gli animali ma facendolo comunque per una serie di ragioni.

Rendere sopportabile l'insopportabile

«Innanzitutto, abbiamo diviso gli animali in diversi gruppi, per esempio animali da allevamento e animali domestici», spiega Buttlar. Gli animali da allevamento vengono sottovalutati e percepiti come meno sensibili, il che significa che possiamo gustare una bistecca mentre il cane può dormire sul nostro letto.

L'allevamento di animali da pelliccia può essere giustificato con argomenti sulla sua sostenibilità, ad esempio. Una dichiarazione della German Fur Association inviata a Deutsche Welle afferma che "gli animali allevati forniscono un materiale naturale sostenibile che presenta chiari vantaggi rispetto alle plastiche a base di petrolio che vengono indossate oggi e gettate via domani, inquinando gravemente il nostro ambiente".

Tuttavia, questo argomento non tiene conto dell'elevato livello di consumo di risorse necessario per nutrire gli amanti carnivori delle pellicce, né prende in considerazione l'inquinamento causato dagli escrementi degli animali e dalle sostanze chimiche necessarie per trattare le pelli.

Un'altra "strategia di razionalizzazione" – come afferma Buttlar – è la regola stabilita da una società che condanna un modo di agire riconoscendo l'altro come normale.

A questo proposito, i visoni hanno un vantaggio rispetto al bestiame o ai maiali: mentre le persone che indossano la pelliccia sono rare, la maggior parte delle persone mangia carne.

Anche se gli animali esistono solo per morire in entrambi i casi il fatto "che ci sia un maggiore clamore morale nel caso del visone è probabilmente dovuto anche al fatto che oggigiorno non è necessariamente considerato normale indossare la pelliccia", racconta Buttlar.

Secondo lo psicologo queste strategie, che includono anche la denigrazione di vegetariani, vegani e attivisti per i diritti degli animali, sono utili a bilanciare la dissonanza cognitiva, cioè a risolvere la contraddizione tra conoscenza, pensiero e azione. Dopotutto, le persone generalmente trovano questo conflitto interiore spiacevole.

Una legge sulla protezione degli animali senza che gli animali siano protetti

L'articolo 1 della legge tedesca sul benessere degli animali (Animal Welfare Act) afferma: "Nessuno può infliggere dolore, sofferenza o danno a un animale senza un motivo ragionevole".

Una rapida occhiata a quello che succede nel mondo è sufficiente per dimostrare che non sembrano mancare queste cause apparentemente ragionevoli.

Per l'esperto di etica animale Johann Ach, direttore esecutivo e capo del Centro di bioetica dell'Università di Münster, la semplice esistenza di questa frase nell'articolo della legge racchiude il dilemma riguardante gli animali.

«Molti esperti di etica animale ritengono che un motivo ragionevole per uccidere un animale esista solo se la morte serva all'animale stesso», spiega Ach. Così accade, per esempio, quando il nostro animale domestico viene addormentato quando sta soffrendo molto e sembra che non ci sia fine alla sua sofferenza.

Secondo questa interpretazione dell'etica animale, non ci sarebbe mai un motivo ragionevole "quando gli animali vengono torturati e uccisi nell'interesse degli esseri umani", sostiene Ach che aggiunge che la formulazione dell'Animal Welfare Act riflette la gerarchia che esiste tra esseri umani e animali: umani in alto, animali in basso.

Questo atteggiamento giustifica non solo l'allevamento industriale per la produzione di carne, ma anche quello di animali da pelliccia e la macellazione di massa per contenere lo scoppio di una malattia.

Se la risposta alla domanda se lo sfruttamento di un animale sia un legittimo interesse umano è affermativa, allora la demonizzazione dell'allevamento di animali da pelliccia da un lato e la tortura e la macellazione di animali ritenuti necessari ai fini della produzione alimentare dall'altro si basano esclusivamente su una moralità arbitraria.

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Come non è necessario indossare la pelliccia, nessuno ha l'obbligo di mangiare prodotti di origine animale.

Ad ogni modo qualsiasi sia il motivo per cui soffrono e muoiono, per gli animali non fa differenza.

Articolo pubblicato su DW e tradotto in italiano con l'autorizzazione della testata.

foto anteprima felixd sotto licenza CC BY-SA 4.0

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