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È scontro in Europa per il veto di Polonia e Ungheria sul Recovery Fund che prevede tagli ai paesi che violano lo Stato di diritto

20 Novembre 2020 6 min lettura

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È scontro in Europa per il veto di Polonia e Ungheria sul Recovery Fund che prevede tagli ai paesi che violano lo Stato di diritto

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Recovery Fund, trovato l'accordo dopo il veto di Ungheria e Polonia

Aggiornamento 11 dicembre 2020: "Accordo sul Next Generation EU e sul Recovery Fund. Ora possiamo cominciare con l'attuazione e la ricostruzione delle nostre economie. Il nostro monumentale pacchetto di ripresa guiderà la transizione verde e digitale". Charles Michel, presidente del Consiglio europeo, ha annunciato il 10 dicembre su Twitter l’intesa raggiunta sul bilancio comunitario 2021-2027 e il Recovery fund.

Il via libera era stato bloccato dopo il veto di Ungheria e Polonia che si opponevano a un meccanismo di condizionalità che consentirebbe all'Unione europea di tagliare i fondi a un paese che viola lo Stato di diritto. In breve, l'accordo raggiunto prevede che "il meccanismo di tutela dello stato di diritti rivisto per venire incontro a Budapest e Varsavia “interpreta giuridicamente” il testo base approvato da Consiglio e Parlamento europeo determinando “la sospensione della procedura” contro i Paesi nel mirino della Commissione “finché la Corte di giustizia dell’Ue non si pronuncia” sulla legittimità dello strumento", spiega l'Agi.

Questo compromesso, scrive Politico, significa in pratica che l'attuazione del meccanismo sarà ritardata, almeno di mesi, forse di più. Mark Rutte, primo ministro olandese e sostenitore del meccanismo di condizionalità dello stato di Diritto ai fondi Ue, aveva richiesto, tra le varie cose, che se ci fossero stati ritardi nell'attuazione del meccanismo, la Commissione europea avrebbe potuto intervenire retroattivamente sulle violazioni dello Stato di diritto da parte di un paese. Dopo l'accordo raggiunto Rutte si è detto soddisfatto delle rassicurazione ricevute, secondo un diplomatico citato sempre da Politico.

Per entrare in vigore il 1 gennaio 2021, il bilancio dell'Ue 2021-2027 e la condizionalità allo Stato di diritto dovranno essere votati la prossima settimana dal Parlamento europeo.

 

È scontro in Europa dopo la decisione di Ungheria e Polonia che ha di fatto bloccato al momento il Recovery Fund. Durante una riunione del Coreper – cioè il comitato dei rappresentanti permanenti dei governi degli Stati membri dell'Unione europea – dello scorso 16 novembre gli ambasciatori di Ungheria e Polonia hanno posto il veto sul fondo pensato per contrastare la crisi economica e sanitaria causata dalla COVID-19.

La motivazione di questa opposizione, spiega Politico, è il "nuovo meccanismo che consentirebbe all'Unione europea di tagliare i fondi a un paese che viola lo Stato di diritto". Questa azione dei due paesi non ha ostacolato l'approvazione della bozza di questo regolamento (accordo provvisorio raggiunto il 5 novembre scorso) che lega i fondi europei al rispetto dello Stato di diritto perché bastava la maggioranza qualificata dei membri per approvarlo. Ma con il loro veto l'Ungheria e la Polonia sono riuscite a bloccare la finalizzazione della decisione 'sulle risorse proprie', cioè il meccanismo necessario all'Unione europea per indebitarsi sui mercati e ottenere i miliardi necessari per il Next Generation Eu (o Recovery Fund). I due paesi hanno anche minacciato il proprio veto sull'adozione del bilancio pluriennale 2021-2027 dell'Ue che, insieme al Recovery Fund, forma un pacchetto di 1824,3 miliardi di euro.

Leggi anche >> 10 domande e risposte sull’accordo europeo ‘Recovery Fund’

Il Coreper non è un organo decisionale dell'UE e tutti gli accordi raggiunti al suo interno "possono essere rimessi in discussione dal Consiglio, che è l'unico ad avere potere decisionale", si legge sul sito del Consiglio europeo. Ma i due paesi hanno aperto una crisi istituzionale e ricevuto forti critiche da parte di altri paesi dell'Ue.

Il Financial Times riporta che i rappresentanti di Francia, Germania, Danimarca e altri Stati membri hanno dichiarato che i cittadini europei non possono permettersi ritardi nell'approvazione del pacchetto di finanziamenti da 1,8 biliardi di euro concordato a luglio ed esortato Polonia e Ungheria a revocare il loro veto. Richieste respinte da Ungheria e Polonia. Zoltan Kovacs, portavoce di Orban, ha detto che l'accordo che lega i criteri dello Stato di diritto alle decisioni di bilancio non può essere sostenuto dal suo paese: «Non è stata l’Ungheria a modificare la sua posizione, la nostra linea è stata chiara fin dall’inizio». Posizione ribadita anche dalla ministra della Giustizia ungherese Judit Varga.

Da tempo Ungheria e Polonia – che risultano essere beneficiari netti del budget dell’Unione europea, cioè ricevono più soldi di quanti ne versano – sono accusate dalle istituzioni dell’Unione europea di violare lo Stato di diritto, ricorda Pagella Politica: "Il Parlamento europeo ad esempio ha promosso una procedura in base all’articolo 7 del trattato sull’Unione europea – quello che consente di sospendere il diritto di voto del Paese eventualmente condannato nel Consiglio, la più grave delle sanzioni previste dal diritto comunitario – sia contro la Polonia, a marzo 2018, sia contro l’Ungheria, a settembre 2018. Inoltre di recente, il 30 settembre, la Commissione ha pubblicato i propri report sulla situazione circa lo Stato di diritto nei vari Paesi Ue e sono state rivolte parole molto critiche sia all’Ungheria (per quanto riguarda l’indipendenza della magistratura, dei media, il problema della corruzione e della trasparenza) sia alla Polonia (per quanto riguarda in particolare l’indipendenza della magistratura)". Secondo alcuni analisti, inoltre, non è chiaro quale sia il guadagno di questi due paesi nel bloccare risorse di cui risultano tra i principali beneficiari.

Giovedì 19 novembre si è svolta una video conferenza dei membri del Consiglio europeo durante la quale i due paesi hanno confermato la loro posizione. La cancelliera tedesca Angela Merkel ha spiegato che si tratta di «un problema molto serio» e che verranno esaminate tutte le opzioni disponibili mentre si continuerà a confrontarsi con Ungheria e Polonia. Il commissario europeo all'economia, Paolo Gentiloni, ha assicurato che la Commissione europea è impegnata per superare i veti. Per Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione europea, «è nell'interesse di tutti muoversi rapidamente su questo punto. Il lavoro delle persone dipende da questo. La nostra ripresa economica dipende da questo. Tutto ciò che viene chiesto agli Stati membri è di rispettare i trattati che hanno firmato e ratificato».

Il Parlamento europeo ha condannato questo ritardo nell'approvazione del bilancio Ue e ribadito che "gli accordi raggiunti (sia sul bilancio Ue 2021-2027 che sullo Stato di diritto) sono chiusi e non possono in alcun modo essere riaperti".

Secondo Deutsche Welle, Francia e Paesi Bassi avrebbero "suggerito un piano a lungo raggio per andare avanti con un accordo di ripresa intergovernativo che escluda le resistenze". Il Sole 24 Ore spiega che questa proposta prevederebbe di creare un bilancio ad hoc per i soli 19 paesi dell’Eurozona, escludendo Polonia e Ungheria che ancora non ne fanno parte. Fonti dell'Ue dicono che questa opzione è 'sul tavolo' – come altre – "ma è prematura e tecnicamente complessa". Le prossime settimane saranno comunque decisive per trovare una soluzione.

Foto in anteprima via audiovisual.ec.europa.eu

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