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Il caso Di Pietro e l’appello all’onestà

9 Novembre 2012 4 min lettura

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Il caso Di Pietro e l’appello all’onestà

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Antonio Di Pietro, in questi giorni, dopo la ormai nota inchiesta di Report sulla gestione familiare dell'ex pm del partito e dei beni immobili ad esso legati, sta vivendo  una personale débacle politica. In sua difesa si è schierato il capo politico del MoVimento 5 stelle, Beppe Grillo, con un post nel suo blog. Dopo aver elencato le “colpe” politiche di Di Pietro l'ex comico ne ha valorizzato i meriti incentrando la riabilitazione pubblica sulla rettitudine morale della persona “L'uomo ha un caratteraccio, non ascolta nessuno, ma è onesto”.

L'onestà. Punto su cui l'attenzione dell'opinione pubblica è altissima. Gli innumerevoli scandali di corruzione della classe politica dell'ultimo ventennio, infatti, hanno reso questo valore etico una condizione non più solo necessaria ma estremamente vitale per l'attuale tenuta democratica del Paese. Essere onesti viene richiesto alla "casta" a gran voce dall'elettore. La gravità della situazione economica con una crisi che fomenta tensioni e disagi sociali ha esasperato la percezione dei cittadini italiani nei confronti di privilegi, prevaricazioni, reati e furberie dei potenti. Gli stessi partiti ne sono consapevoli e cercano di risollevare la pur bassissima fiducia nei loro confronti mostrando particolare attenzione ad essa. Chi non ricorda la promessa di Angelino Alfano, nel luglio del 2011, di voler lavorare per un Pdl “partito degli onesti”? Il segretario del Pd non è stato da meno quando a settembre scorso ha esclamato  “so che di gente onesta e perbene ce n’è tanta e faremo leva su quella gente lì: quella sarà la nostra gente”.

Ma è il MoVimento 5 stelle che sul concetto di onestà come reale e qualitativa diversificazione rispetto a tutto il panorama partitico ha conquistato credibilità. Operazione riuscita grazie anche alla sfiducia che percorre la società verso le promesse dei politici, ritenute, per via dei trascorsi, inaffidabili. Nella distanza tra partiti e Paese reale il M5s con la propria retorica politica ha inserito la figura del “cittadino”, contrapposto all'arroganza dei potenti per via della sua volontà di cambiare le cose e la propria onestà. Federica Salsi, consigliera comunale del M5s in Emilia Romagna – divenuta nota in questi giorni per lo scontro con Beppe Grillo per la sua partecipazione alla trasmissione televisiva Ballarò - non a caso, in un'intervista ad Affari Italiani, lo ribadisce con forza “siamo diversi perché siamo delle persone oneste che vogliono cambiare le cose”.

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Con il passare del tempo i continui scandali giudiziari che coinvolgono la classe dirigente italiana sono aumentati e con essi la sfiducia verso la politica intesa come attività di controllo dei partiti. In questo modo chi si diversifica come “una persona onesta che vuole cambiare le cose” riesce a convogliare il sentimento di rivalsa dell'elettorato contro le corruzione del potere. Questo alto consenso popolare non elude però una provocazione su cui per me è necessario soffermarsi: l'onestà, in politica, è sì - come scritto sopra - una condizione necessaria e vitale, ma è anche sufficiente? Un uomo politico eticamente incorruttibile, dotato di una gran voglia di fare ma impreparato, non competente per il ruolo che ricopre non è infatti ugualmente dannoso per un Paese?

Il rischio che si corre è per me di assolutizzare una delle caratteristiche fondamentali del fare politica – l'onestà – e di renderla come unica capacità richiesta per governare la cosa pubblica. Quanto volte, infatti, abbiamo sentito frasi del tipo “ Destra o sinistra non importa. L'importante è che la persona candidata non rubi”. Ma nella propria rettitudine morale non v'è compresa la cognizione della difficoltà di gestire pratiche politiche – dalle realtà più piccole a quelle internazionali -. Un politico onesto ma incompetente o superficiale non può certo svolgere un buon servizio pubblico per i propri cittadini. Si prenda ad esempio la figura di Antonio Di Pietro presentata nel post di Beppe Grillo. Perché le numerose e ripetute scelte di persone candidate poi rivelatesi non all'altezza del loro compito – partendo da Scilipoti, passando per Razzi fino ad arrivare a Vincenzo Maruccio, capogruppo dell'Italia dei valori in Regione Lazio, indagato per peculato – dovrebbero essere pareggiate se non superate dall'onestà dell'ex pm? Gli errori 'politici' gravi rimangono errori gravi nonostante a commetterli sia una persona integerrima. Diventa pericoloso per la complessa gestione di una democrazia matura compensare tali mancanze con l'essere onesti. Da questo stato, casomai, si deve partire, ma non accontentandosene con una sorta di rassegnato qualunquismo, perché altrimenti la politica potrà diventare forse la politica degli onesti ma da qui a diventare una buona politica troppa strada ce ne corre.

 

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