Lo scorso 29 aprile Nature Medicine ha pubblicato uno studio di un gruppo di ricerca cinese su 285 pazienti affetti da COVID-19. Secondo le analisi dei dati raccolti, tutte le persone entrate in contatto con il nuovo coronavirus hanno sviluppato gli anticorpi. "Entro 19 giorni dall’esordio dei sintomi, il 100% dei pazienti è risultato positivo all’immunoglobulina G (IgG) antivirale. La sieroconversione per IgG e IgM si è verificata contemporaneamente o in sequenza. Entrambi i titoli di IgG e IgM hanno raggiunto il plateau entro 6 giorni dalla sieroconversione. I test sierologici possono essere utili per la diagnosi di pazienti sospetti con risultati RT-PCR negativi e per l’identificazione di infezioni asintomatiche”, scrivono gli autori della ricerca. Tutti i pazienti, dunque, hanno sviluppato sia gli anticorpi IgM, che indicano la primissima risposta al virus, sia quelli IgG, che costituiscono la "memoria" del nostro corpo all'infezione. Ora restano da capire altri due fattori molto importanti: se e per quanto tempo gli anticorpi che sviluppiamo sono anche “neutralizzanti”. Nuovi studi dovranno verificare se l’anticorpo si lega a una determinata proteina (antigene) del virus e poi, qualora ciò avvenga, capire se questo legame è sufficientemente saldo da non permettere più al virus di infettare altre cellule. Nel caso in cui l'anticorpo fosse neutralizzante, farebbe da scudo di fronte a un nuovo incontro con il virus. [Leggi l'articolo sul Corriere della Sera]