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Le accuse di Trump all’Organizzazione Mondiale della Sanità e i fatti

22 Aprile 2020 23 min lettura

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Le accuse di Trump all’Organizzazione Mondiale della Sanità e i fatti

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22 min lettura

L'OMS approva l'avvio dell'indagine sulla risposta globale a COVID-19. Trump minaccia di tagliare i fondi e ritirare gli USA dall'Organizzazione

Aggiornamento 22 maggio 2020: Trump lunedì scorso ha minacciato di tagliare definitivamente i fondi all'Organizzazione Mondiale della Sanità e perfino di ritirare del tutto gli USA dall'Organizzazione a meno che non ci siano sostanziali miglioramenti. Senza però specificare quali.

L'attacco di Trump arriva nel giorno in cui si è tenuta la 73esima assemblea annuale dell'Organizzazione, durante la quale si è deciso di avviare al momento opportuno una indagine indipendente sulla pandemia. Tedros aveva invitato sia Trump che il presidente cinese, Xi Jinping, a parlare nel tentativo di superare le tensioni fra i due paesi. Ma Trump non ha partecipato.

In una lettera indirizzata al direttore generale dell'OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus,, Trump accusa l'Organizzazione di aver dichiarato in ritardo l'esplosione di una emergenza di sanità pubblicà di interesse internazionale (PHEIC - Public Health Emergency of International Concern), solo il 30 gennaio, più di un mese dopo il rilevamento del virus. Ma come sottolinea il New York Times, Trump stesso non ha dichiarato l'emergenza nazionale se non settimane dopo, nonostante fosse a conoscenza del virus e del suo pericolo.

La lettera contiene anche falsità e dichiarazioni fuorvianti. Viene riportato, infatti, che l'OMS "ha costantemente ignorato le segnalazioni attendibili del virus che si diffondeva a Wuhan all'inizio di dicembre 2019 o anche prima, compresi i rapporti della rivista medica di Lancet".

Lancet si è vista così costretta a intervenire, smentendo le parole di Trump. La rivista ha sottolineato di non aver pubblicato alcun rapporto a dicembre 2019 che si riferissi a un virus o a un focolaio a Wuhan o in qualsiasi altra parte della Cina. I primi rapporti sono stati pubblicati il 24 gennaio.

Trump ha ribadito le accuse alla Cina di aver ritardato le comunicazioni sul virus. Ma lo stesso Trump ha più volte, come abbiamo ricostruito nel nostro approfondimento, mentre cercava di chiudere accordi commerciali con la Cina, elogiato il paese e il presidente Xi per la sua tempestività e trasparenza.

L'Unione europea, tramite il suo portavoce, commentando la lettera diffusa da Trump, il giorno stesso ha ribadito la sua posizione: «Purtroppo abbiamo già avuto la possibilità di rispondere a questa domanda quando il presidente degli Usa ha sospeso i finanziamenti all'OMS, l'Ue appoggia la collaborazione internazionale e le soluzioni multilaterali nella crisi legata alla pandemia. Ora è il momento della solidarietà, non per puntare il dito o minare la collaborazione multilaterale. Soprattutto oggi mentre attendiamo l'approvazione, attesa nelle prossime ore, della risoluzione presentata dall'Ue e dai suoi Stati membri all'Assemblea dell'OMS». «L'Ue appoggia l'OMS e i suoi sforzi per contenere e mitigare l'epidemia di Covid-19», «Ora è il momento di rafforzare le organizzazioni multilaterali e lavorare insieme così che possiamo affrontare e rispondere insieme a questa crisi».

La risoluzione è stata poi approvata.

Martedì gli Stati membri dell'OMS hanno concordato di lanciare un'indagine sulla risposta globale alla pandemia. La risoluzione, sponsorizzata dall'Unione Europea e sostenuta da oltre 100 paesi, è stata adottata senza obiezioni. Viene chiesta una "valutazione imparziale, indipendente e completa" sulla risposta internazionale al virus, anche da parte dell'OMS.

La Cina non ha sollevato obiezioni alla risoluzione, ma il presidente Xi lunedì ha affermato che qualsiasi inchiesta di questo tipo dovrebbe attendere fino a quando la crisi sanitaria non sarà sotto controllo.

In una dichiarazione, gli Stati Uniti hanno elogiato la risoluzione e hanno affermato che includeva un mandato per indagare sulle origini del virus (Trump ha affermato senza prove ed evidenze che il virus ha avuto origine in un laboratorio), in realtà la risoluzione non contiene tale menzione.

Rivolgendosi all'assemblea al termine della riunione, il direttore generale dell'OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha dichiarato: “Inizierò una valutazione al più presto possibile. Accogliamo con favore qualsiasi iniziativa per rafforzare la sicurezza sanitaria globale e rafforzare l'OMS, che rimane pienamente impegnato in trasparenza, responsabilità e miglioramento continuo".

"Un crimine contro l'umanità". Così alcuni fra i più importanti esperti di salute hanno commentato la decisione di Trump di tagliare i fondi all'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), sospendendoli per 60-90 giorni, accusandola di non aver dato l'allarme in tempo e di altri errori prima e durante la pandemia da nuovo coronavirus. "Una decisione da condannare, che costerà molte vite umane". Richard Horton, direttore della più prestigiosa rivista medica britannica Lancet, ha definito la scelta di Trump un crimine contro l'umanità. "Ogni scienziato, ogni operatore sanitario, ogni cittadino - ha scritto Horton - deve resistere e ribellarsi a questo spaventoso tradimento della solidarietà globale". In molti fra esperti, filantropi, politici si sono esposti criticando l'annuncio del presidente americano.

Le accuse di Trump vanno da un atteggiamento troppo reverenziale nei confronti della Cina all'aver lanciato tardi l'allarme di minaccia globale del coronavirus. L'OMS sarebbe stato lento nell'avvertire del rischio di trasmissione umana del virus, e avrebbe fallito nel contro-esaminare la trasparenza della Cina. Tutte accuse in gran parte prive di evidenza. O che i fatti stessi smentiscono, come vedremo. In tutto questo Trump cerca di allontanare da sé le critiche per una cattiva gestione dell'emergenza, accusando di volta in volta l'OMS, la precedente amministrazione Obama o i Governatori dei singoli Stati.

Di cosa si occupa l'OMS

L'OMS è stata fondata nel 1946 ed è entrata in vigore nel 1948, dopo la seconda guerra mondiale, come agenzia per la salute globale delle Nazioni Unite. Il suo mandato è promuovere la salute globale, proteggere contro le malattie infettive, essere a disposizione dei paesi vulnerabili.

L’OMS, si legge sul sito del Ministero della Salute, è l’organismo di indirizzo e coordinamento in materia di salute all’interno del sistema delle Nazioni Unite. Tra le altre funzioni, è impegnata a fornire una guida sulle questioni sanitarie globali, indirizzare la ricerca sanitaria, stabilire norme e standard e formulare scelte di politica sanitaria basate sull’evidenza scientifica; inoltre, garantisce assistenza tecnica agli Stati Membri, monitora e valuta le tendenze in ambito sanitario, finanzia la ricerca medica e fornisce aiuti di emergenza in caso di calamità. Attraverso i propri programmi, l’OMS lavora anche per migliorare in tutto il mondo la nutrizione, le condizioni abitative, l’igiene e le condizioni di lavoro.

In termini pratici, l'OMS agisce come punto di riferimento di raccolta dati, indagini e raccomandazioni tecniche su minacce di malattie emergenti come quella del coronavirus o di ebola. Supporta la lotta allo sradicamento di malattie esistenti come malaria, poliomielite, e promuove la salute pubblica globale.

Il suo ruolo è noto soprattutto per l'impegno nei paesi del Sud del mondo, dove lavora per espandere l'assistenza sanitaria di base, le vaccinazioni e sostiene sistemi sanitari deboli attraverso i suoi programmi di emergenza. Il budget previsto per il biennio 2020-2021 è di 4.8 miliardi di dollari, circa 400 milioni in più rispetto al 2018-2019. Per il 2020-2021 è previsto 1 miliardo di dollari per le emergenze. Nel 2018-2019 gli USA hanno contribuito fino al 15% del budget complessivo, ed è tra i maggiori contributori. L'OMS ha fatto un appello per un ulteriore miliardo di dollari per contrastare il nuovo coronavirus.

Dopo la gestione fallimentare dell'epidemia di Ebola che partì dalla Guinea, quando l'OMS - sotto l'allora direttore generale Margaret Chan - agì con diversi mesi di ritardo, l'Organizzazione perse gran parte della sua credibilità. Una indagine indipendente commissionata da Chan stabilì che i fondi erano inadeguati e i governi non avevano aumentato i loro contributi negli anni. Oggi molti esperti di salute riconoscono al nuovo direttore generale, Tedros Adhanom Ghebreyesus, eletto nel 2017, di aver gestito decisamente meglio l'emergenza coronavirus. Gli USA attualmente sono in arretrato con i pagamenti, ma se dovessero ritirare in maniera permanente i loro fondi sarebbe un danno grave e profondo soprattutto per i paesi che hanno maggiormente bisogno dell'intervento dell'OMS.

Devi Sridhar, direttore della Sanità pubblica globale presso l'Università di Edimburgo, ha dichiarato al Guardian che la decisione di Trump è estremamente grave, l'OMS sta facendo enormi sforzi per aiutare i paesi in via di sviluppo a combattere la diffusione di COVID-19. "In questo momento l'Organizzazione ha bisogno di più fondi, non di meno".

Le accuse all'OMS e i fatti

1) Non ha lanciato l'allarme in tempo

L'OMS ha avvisato gli USA e altri paesi del rischio trasmissione da uomo a uomo di COVID-19 sin dal 10 gennaio, e sollecitava ad adottare precauzioni anche se gli studi cinesi fino ad allora non avevano trovato chiare evidenze di quel tipo di trasmissione del virus.

Note di orientamento tecnico, che il Guardian ha potuto visionare, e briefing tenuti da alti funzionari OMS mettevano in allerta rispetto alla trasmissione umana e chiarivano che c'era il rischio di contrarre la malattia attraverso goccioline di saliva e superfici contaminate, in base all'esperienza avuta con precedenti epidemie di SARS e MERS.

L'accusa di Trump si riferisce anche a un tweet del 14 gennaio dell'OMS, in cui l'Organizzazione riporta i risultati di una indagine preliminare condotta dalle autorità cinesi che non avevano fino a quel momento trovato chiare evidenze della trasmissione uomo a uomo.


Nella stessa settimana, alti funzionari OMS hanno informato i capi responsabili della salute di tutto il mondo di questa possibilità e di cercare segni di questa trasmissione, e di prendere precauzioni come se fosse così.

L'OMS ha dichiarato una emergenza sanitaria pubblica di portata internazionale (PHEIC - Public Health Emergency of International Concern) il 30 gennaio (dichiarerà la pandemia l'11 marzo, una distinzione del tutto retorica, dal momento che già dichiarare PHEIC esige una risposta da parte di tutti i membri dell'OMS.  La decisione di annunciare la pandemia è stata presa soprattutto per svegliare definitivamente gli Stati rispetto al pericolo COVID-19). Lo stesso giorno Trump si dice fiducioso: il virus non rappresenterà una minaccia seria per gli USA: "Finirà tutto bene". Il giorno dopo annuncia il divieto ai non residenti americani che erano stati in Cina di entrare negli USA e quasi un mese dopo dall'annuncio dell'OMS dichiara che il coronavirus è del tutto sotto controllo in America e che l'OMS ha lavorato in modo molto serio e intelligente. Secondo Gavin Yamey, il direttore del Center for Policy Impact in Global Health della Duke University, se gli USA avessero seguito sin da subito i suggerimenti dell'OMS su identificazione, isolamento dei casi e contact tracing, avrebbero potuto evitare la drammatica situazione di questi giorni.

Le note di orientamento tecnico, scrive il Guardian, sono state emesse dall'OMS il 10 e 11 gennaio, quando i casi sospetti di infezioni in Cina erano ancora poche decine, e indicavano dettagliati criteri clinici per gestire i casi sospetti, il rischio della facilità di trasmissione sia attraverso le goccioline trasportate dall'aria che dal contatto con superfici contaminate, e suggerivano infine procedure di isolamento. Oltre a essere stata pubblicata online, la guida è stata inviata ai direttori regionali e ai rappresentanti dell'Organizzazione nei vari paesi per essere distribuita ai vari responsabili della salute pubblica. Nella guida dell'11 gennaio si invitava a fare attenzione all'emergere di eventuali cluster e a pazienti che erano stati nella provincia di Hubei, in Cina, o a operatori sanitari che erano entrati in contatto con il nuovo coronavirus, e a fare particolare attenzione a decorsi clinici sospetti e casi con improvvisi aggravamenti, che non rispondevano ai trattamenti tradizionali. Il documento in cui si avvertiva di un possibile contagio tra esseri umani si aggiungeva a una serie di evidenze comunicate da alti funzionari americani, ignorate da Trump. D'altra parte, riporta il Guardian, Anthony Fauci, direttore dell'Istituto nazionale di allergie e malattie infettive, e Robert Redfield, direttore dei Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC), hanno partecipato alle conferenze dell'OMS sin dal 7 gennaio.

Durante una riunione nei quartieri generali dell'OMS il 14 gennaio, lo stesso giorno del tweet sui primi risultati degli studi cinesi, Maria Van Kerkhove, responsabile tecnico per COVID-19 dell'unità malattie emergenti dell'OMS, dichiara ai giornalisti che sebbene i casi di trasmissione umana fino a quel momento in Cina sono limitati a casi di membri familiari, il rischio di una più ampia diffusione uomo-uomo è altamente probabile, viste le somiglianze con SARS e MERS.

Il New York Times e il Washington Post riportano che l'intelligence aveva avvertito Trump della possibile pandemia a gennaio e a febbraio.

Il direttore generale dell'OMS, in ogni caso, è stato molto chiaro su questo aspetto: personale dei CDC americani sono stati coinvolti sin dal primo giorno, l'America sapeva quello che noi sapevamo, in tempo reale. Hanno anche partecipato alle riunioni e alle discussioni sui dati della Cina.

2) OMS è stata Cina-centrica e ha spinto la disinformazione della Cina

Dell'accusa relativa alla disinformazione non ci sono evidenze.

Scrive il New York Times: "Con informazioni limitate e in costante evoluzione, l'OMS ha mostrato una determinazione tempestiva e coerente nel trattare il nuovo contagio come la minaccia che sarebbe diventata e nel persuadere gli altri a fare lo stesso. Allo stesso tempo, l'Organizzazione ha ripetutamente elogiato la Cina, agendo e parlando con una cautela politica dovuta al fatto di essere parte delle Nazioni Unite, con poche risorse a disposizione, incapace di svolgere il proprio lavoro senza cooperazione internazionale... Sebbene abbia commesso degli errori, ci sono poche evidenze che sia responsabile del disastro che si è scatenato in Europa e in America. Per agire, l'Organizzazione ha bisogno dell'appoggio dei suoi membri internazionali, non ha nessuna autorità su nessun paese, non può andare dove vuole senza essere invitata, e fa affidamento sui paesi membri per il suo finanziamento". L'accusa di essere troppo vicina alla Cina nasce anche dagli elogi nei suoi confronti per la trasparenza e la cooperazione. In molti invece hanno criticato la Cina proprio per la mancanza di trasparenza, soprattutto nella fasi iniziali.

Il momento cruciale della pandemia è il 20 gennaio, quando - come ricostruisce il New York Times - il governo centrale cinese manda il più famoso epidemiologo del paese, Zhong Nanshan (nel 2002 si occupò della SARS), a Wuhan per indagare sul nuovo coronavirus, il quale rivelerà che funzionari locali hanno tentato di insabbiare la gravità del contagio, il contagio si stava diffondendo molto velocemente e i medici stavano morendo e infine accuserà il sindaco di Wuhan, Zhou Xianwang, di essere un bugiardo. Il sindaco si era reso responsabile di aver mentito dall'11 al 17 gennaio, non volendo rinunciare al congresso locale del partito e a un rinfresco per 40mila famiglie il 18 gennaio, chiudendo il mercato locale, minacciando i medici e assicurando che non c'era nessun rischio contagio. Dopo tre giorni dalla denuncia di Zhong Nanshan, la Cina impone il lockdown a Wuhan e in seguito a tutta la provincia di Hubei. Il governo centrale reagirà con molta forza, punendo i funzionari locali che hanno provato a nascondere il contagio. In questo momento l'OMS non dichiara ancora l'emergenza globale, per il timore di identificare un paese in particolare come minaccia, adoperando la cautela tipica delle agenzie delle Nazioni Unite, commenta sempre il New York Times.

Il direttore generale dell'OMS, Tedros Adhanon Ghebreyesus, avverte però: sebbene sia una emergenza in Cina, non vuol dire che non possa diventare una emergenza globale. E intanto cerca di convincere la Cina a permettere ai suoi esperti di visitare il paese e indagare sull'epidemia. Cosa che sarà accettata solo diverse settimane più tardi. I casi di contagio sono ancora pochi e così i decessi, con nessuna diffusione del virus fuori dalla Cina. La gestione diplomatica dei rapporti con la Cina era dovuta alla necessità di coinvolgere la Cina e convincerla a collaborare. Quando la Cina accetterà rappresentanti dell'OMS sul proprio territorio ai primi di febbraio, del team internazionale facevano parte anche due americani, uno del CDC e uno dell'Istituto Nazionale della Salute.

Sembra poi non reggere anche l'accusa di non condividere dati e ricerche. A smentirlo la maggior parte degli scienziati americani, secondo il New York Times, che hanno ricordato che un laboratorio cinese ha pubblicato la sequenza del genoma del virus e da allora hanno condiviso diversi paper scientifici.

Il 12 gennaio scienziati cinesi, infatti, pubblicano il genoma del virus e l'OMS chiede a un team di Berlino di sviluppare un test diagnostico sulla base di quella informazione. Il test sarà pronto 4 giorni dopo e l'OMS pubblica sul suo sito un modello che qualsiasi laboratorio al mondo poteva copiare per riprodurre il test. Il 21 gennaio la Cina condivide con l'OMS i suoi test, fornendo un altro modello ancora. Piccola nota a margine, l'America decide di sviluppare un suo test, senza usare quelli indicati dall'OMS. E qui si aprirà la prima falla nella gestione dell'emergenza: i primi test sono difettosi, così viene rallentata l'approvazione e verrà bloccata per settimane la diffusione dei test nel paese.

Intanto il 24 gennaio Trump twittava così:


Politico ha raccolto almeno 15 dichiarazioni del Presidente americano in cui elogiava l'operato della Cina.

3) Non ha chiesto lo stop dei viaggi

L'OMS non ha sostenuto le restrizioni dei viaggi e questo, secondo Trump, è un ulteriore esempio dei cattivi consigli dati dall'Organizzazione. Ma Lawrence Gostin, direttore del Centro di Salute Pubblica e Diritti Umani dell'OMS ha spiegato che l'OMS, in base alla legge internazionale, non può chiedere il divieto di viaggiare, un simile divieto può tra l'altro essere controproducente, spingendo i paesi a trattenere informazioni vitali per il timore di essere isolati economicamente.

Trump ha dichiarato che la sua decisione di bloccare i voli intercontinentali ha fermato la trasmissione del virus (ma il virus non conosce confini e nel momento in cui è stato deciso il divieto era già troppo tardi, il virus circolava in USA da tempo), in realtà come ha rivelato il canale televisivo ABC News tra dicembre e marzo ci sono stati circa 3.200 voli dalla Cina agli USA.

L'unica volta nella sua storia in cui l'OMS ha suggerito una tale misura - ricorda Stephen Buranyi sul Guardian in un lungo approfondimento sulla storia dell'OMS - è stato nel 2003, durante la SARS. A capo dell'Organizzazione c'era l'ex primo ministro norvegese, la dottoressa Harlem Brundtland, eletta nel 1998. Tutto altro stile rispetto alle strategie diplomatiche di Tedros Adhanom Ghebreyesus. "Lavoriamo per l'umanità", non ci facciamo dettare l'agenda dai governi. In poche parole. E per non dipendere dai singoli paesi per le informazioni necessarie su possibili rischi epidemici, aveva costruito una rete di contatti locali e canali diplomatici. La strategia funzionò quando nel novembre 2002 la Cina, a conoscenza del primo caso di una nuova malattia respiratoria (che poi sarà denominata SARS), non aveva allertato l'OMS. Ma grazie alla sua rete di contatti locali Brundtland venne a conoscenza dei casi, ai primi di febbraio 2003 avvertì la Cina di avere queste informazioni e la Cina il giorno dopo fece un rapporto ufficiale all'OMS. Nonostante non avesse poteri formali per tenere fermi gli aerei, il suo appello a viaggiare il meno possibile, quando il contagio ormai aveva raggiunto Hong Kong, Vietnam, Canada, funzionò.

L'approccio di Brundtland non piacque a tutti i paesi, l'ex premier fece cose per le quali non aveva nessuna autorità, forzando spesso la mano. Sotto la sua guida l'OMS fu capace di tenere sotto controllo SARS e di fermarla. E sebbene alcuni suoi metodi furono poi formalizzati per le successive emergenze, si decise di non dare ulteriori poteri all'Organizzazione. In poche parole, come ben sintetizza Buranyi: "Grazie per aver fermato l'epidemia, ma non vogliamo che ci sia detto cosa fare". Negli anni successivi e sotto altre direzioni l'OMS fu al centro di diverse critiche, che in parte spiegano anche l'atteggiamento più diplomatico e prudente di questi giorni: dall'influenza suina del 2009 al disastro di Ebola del 2014. Come scrive sempre Buranyi, oggi sotto Tedros, l'OMS agisce in un territorio incerto, non solo si trova ad affrontare la più grave pandemia della sua storia, ma deve anche difendersi dalle nazioni da cui la stessa Organizzazione dipende. John MacKenzie, consigliere della commissione emergenze dell'OMS, ha detto a Buranyi che l'Organizzazione è stata "un po' fuorviata" sull'epidemia a Wuhan. Quando il governo ha avvisato l'OMS, dice MacKenzie, gli scienziati in Cina avevano già identificato la sequenza genomica, anche se il governo non l'ha confermato fino al 7 gennaio e la sequenza non è stata ufficialmente condivisa fino al 12 gennaio.

Associated Press ha rivelato, il 17 aprile scorso, che la Cina era a conoscenza della potenziale gravità dell'epidemia da nuovo coronavirus a Wuhan almeno 6 giorni prima dell'annuncio ufficiale. Documenti trapelati di una teleconferenza con la Commissione Nazionale della Sanità svelerebbero che mentre alti funzionari pubblicamente minimizzavano la situazione, un alto consigliere per la Salute aveva avvertito che si trattava della più seria e grave sfida dalla SARS del 2003. Dai documenti emergerebbe che i funzionari cinesi avevano evidenze di cluster di casi con sospetta trasmissione umana sin dal 14 gennaio.

La Cina, come già abbiamo sottolineato, si rifiutava di far entrare un team di scienziati dell'OMS a Hubei e Tedros ha cercato diplomaticamente di convincere la Cina, anche con un incontro a porte chiuse con Xi Jinping a Pechino. L'8 febbraio poi finalmente la Cina ha permesso agli osservatori dell'OMS di entrare nel paese. Per alcuni è stata una vittoria diplomatica, per altri invece era troppo poco e troppo tardi. Come abbiamo già ricordato nel team che ha visitato la Cina per oltre una settimana c'erano anche due rappresentanti americani e i responsabili del team dicono che gli è stata data ampia libertà di viaggiare, visitare strutture e parlare con le persone.

L'OMS ha più volte ribadito, in ogni caso, che non approva i divieti internazionali dei viaggi, perché inefficaci e possono danneggiare seriamente le economie, ma non ha mai criticato Stati Uniti, Cina e altri paesi per aver preso questa decisione. Esperti però affermano che il divieto interno dei viaggi in Cina è stato estremamente efficace, ritardando la diffusione di settimane e permettendo al governo di organizzarsi per gestire l'epidemia. Cosa che successivamente anche l'OMS ha riconosciuto alla Cina.

4) Non ha ascoltato avvertimenti vitali di Taiwan e la esclude dagli incontri

Un'altra accusa di Trump all'OMS è quella di aver ignorato una informazione vitale da parte di Taiwan. Secondo Trump l'OMS avrebbe ignorato una mail dai funzionari di Taiwan verso la fine di dicembre nella quale avvertivano del pericolo di trasmissione umana del virus.


Ma a quanto pare quella mail non contiene nessun allarme specifico. È stata spedita dal responsabile CDC di Taiwan al suo omologo dell'OMS il 31 dicembre, ore dopo che il primo rapporto ufficiale di un cluster di casi sospetti di polmoniti a Wuhan era stato pubblicato online. Secondo il testo, di cui il Guardian è venuto in possesso, la mail diceva: "Fonti mediatiche indicano che almeno 7 casi atipici di polmoniti sono stati riscontrati in Cina". E alla fine aggiunge: "Vi saremmo grati se condividerete con noi informazioni rilevanti". La mail dunque non contiene nuove informazioni, né alcun accenno alla trasmissione umana.

Il governo di Taiwan si è lamentato di non aver ricevuto risposte e di essere stato tenuto fuori dalle deliberazioni dell'OMS. Il problema di fondo è la complicata relazione di Taiwan con la Cina: la Cina non riconosce Taiwan così come non la riconoscono le Nazioni Unite e perciò Taiwan non è membro a pieno titolo dell'OMS, ma è comunque coinvolto nei lavori dell'Organizzazione.

È, infatti, una delle 15 entità non-statali che hanno accesso alle deliberazioni di esperti, attraverso una rete di informazioni istituita dall'International Health Regulation (IHR), che fornisce il quadro giuridico per il lavoro dell'OMS. Taiwan lamenta che la sua partecipazione è frammentata e ostacolata dalla Cina, e questo le ha impedito di partecipare agli incontri della commissione emergenza tenuti a gennaio, dove la loro esperienza avrebbe potuto fare la differenza, visto che sono riusciti a tenere sotto controllo la diffusione del virus evitando misure draconiane.

Tra l'altro un aspetto controverso è che l'OMS inserisce le statistiche di Taiwan sul nuovo coronavirus insieme a quelle della Cina. Scelta criticata dal governo di Taiwan perché negherebbe al mondo informazioni accurate e tempestive sulla pandemia.

Emerge dunque il limite politico-diplomatico di una Organizzazione schiacciata fra due super potenze, la Cina da un lato, l'America dall'altro. Se il direttore generale è criticato per essere stato troppo morbido con la Cina, nonostante il tentativo di sminuire nelle prime settimane la gravità della situazione (prezzo da pagare con l'obiettivo di assicurarsi la cooperazione del governo di Xi) dall'altra è anche vero che il 23 marzo si complimentava con Trump per il grande lavoro che sta facendo nella lotta contro COVID-19.

In ogni caso, proprio qualche giorno fa l'OMS ha elogiato pubblicamente gli sforzi di Taiwan nel contenimento di COVID-19. Michael Ryan, direttore esecutivo per le emergenze sanitarie dell'OMS, durante l'incontro che si è tenuto a Ginevra venerdì scorso, ha infatti affermato: "Bisogna riconoscere che Taiwan ha dato un'ottima risposta come sanità pubblica e questo è confermato dai numeri". Chiedere però all'OMS di rispondere di questioni politiche delicate e controverse non ha senso. Sulla questione di Taiwan andrebbero interrogati i paesi membri delle Nazioni Unite.

L'inchiesta del New York Times: cosa c'è dietro il fallimento di Trump nel gestire l'emergenza dell'epidemia

Proprio nei giorni in cui Trump a testa bassa attaccava quelli che secondo lui erano i responsabili di questo disastro, dall'OMS all'amministrazione Obama ai media, il New York Times pubblica una lunga inchiesta che rivela che Trump aveva a disposizione sin dai primi momenti tutte le informazioni necessarie per preparare al meglio il Paese a fronteggiare l'epidemia. Email e testimonianze di consiglieri, medici, esperti, agenzie di intelligence avvertirono il Presidente sul rischio serio che avrebbe comportato la diffusione del virus e presentarono anche dei piani per un contrasto efficace e per applicare misure aggressive. Per tutto gennaio Trump non fece altro che minimizzare la gravità della situazione. Divisioni interne all'amministrazione stessa hanno portato a ritardare decisioni fondamentali.

Divisioni che si sono viste anche per quanto riguarda la relazione con la Cina. Inizialmente si optò per un atteggiamento diplomatico e soft, per poi virare verso una posizione aggressiva e accusatoria.

Il NYT ricostruisce come l'Ufficio del National Security Council responsabile del tracciamento delle pandemie avesse ricevuto rapporti dell'intelligence agli inizi di gennaio che predicevano la diffusione del virus in America e sostenevano necessario valutare di tenere i cittadini in casa e chiudere città delle dimensioni di Chicago. Trump non prenderà questa decisione fino a marzo.

Nonostante Trump lo abbia negato, fu avvertito di un memo del 29 gennaio scritto dal suo consigliere economico, Peter Navarro, che descriveva in dettaglio il rischio della pandemia da coronavirus: fino a mezzo milione di morti e perdite economiche per migliaia di miliardi di dollari.

Il segretario della salute e dei servizi umani, Alex M. Azar II, ha avvertito direttamente Trump della possibilità di una pandemia durante una call il 30 gennaio. Si trattava del secondo avvertimento in due settimane. La risposta di Trump fu che Azar era troppo allarmista.

Entro la terza settimana di febbraio, i più importanti esperti di salute pubblica dell'amministrazione conclusero che avrebbero dovuto suggerire a Trump un diverso approccio che comportava: avvertire i cittadini dei rischi, applicare misure come il distanziamento sociale, restare a casa il più possibile. Ma la Casa Bianca ha continuato a temporeggiare, perdendo settimane cruciali prima di arrendersi a queste disposizioni. Da quel momento in poi, Trump e i suoi hanno cercato di capovolgere la realtà, sostenendo che Trump fin dall'inizio aveva capito il pericolo e parlato di rischio pandemia. Il NYT ricostruisce nel dettaglio tutte le occasioni mancate dal Presidente USA. Da quando, a fine febbraio, per il team di esperti della Casa Bianca era chiaro che bisognava chiudere scuole, università, e uffici, ci sono volute tre settimane per convincere il Presidente che non agire al momento giusto avrebbe avuto conseguenze severe per la salute dei cittadini.

Mentre riceveva rapporti e allarmi dai suoi stessi consiglieri, Trump si augurava che il virus entro aprile, con temperature un po' più calde, sarebbe miracolosamente scomparso. Intanto non aveva ancora chiesto al Congresso fondi aggiuntivi per prepararsi al costo potenziale di un contagio su larga scala in tutto il paese, e gli operatori sanitari erano sempre più preoccupati per la mancanza di mascherine, ventilatori e altre attrezzature.

In tre settimane dal 26 febbraio al 16 marzo, il numero dei casi confermati negli USA sale da 15 a 4,226. Da allora quasi mezzo milione di americani è risultato positivo al virus, e le autorità dicono che i dati reali sono centinaia di migliaia in più.

In una seconda parte dell'inchiesta si ricostruisce come si arriva alla decisione di chiudere il traffico aereo dalla Cina e il perché di posizioni ambivalenti e contraddittorie da parte dell'amministrazione e di Trump nei confronti della Cina.

Alti funzionari, come Matthew Pottinger, vice consigliere per la sicurezza nazionale, erano a conoscenza dell'epidemia e della sua pericolosità già agli inizi di gennaio. Le loro informazioni coincidevano con le informazioni di diverse agenzie di intelligence. A un certo punto i falchi contro la Cina impongono una linea dura pubblicamente, mentre altri funzionari cercano di contenere questi messaggi aggressivi nel timore di conseguenze economiche.

Pottinger, che è notoriamente avverso alla Cina, inizialmente sospetta che il governo cinese stia nascondendo qualcosa: il virus potrebbe essere nato in uno dei laboratori cinesi dove si studiano questi patogeni e da lì si sarebbe diffuso per un incidente. Chiede perciò alle agenzie di intelligence, inclusi funzionari della CIA che lavorano in Asia e sulle armi di distruzione di massa -  di indagare per trovare evidenze a sostegno di questa teoria. Ma nessuno trova alcuna evidenza. Le agenzie di intelligence non intercettano nessun allarme all'interno del governo cinese per un presunto incidente di laboratorio che avrebbe causato la diffusione del virus mortale.

In ogni caso Pottinger sarà tra i consiglieri, i falchi, che convinceranno Trump nel chiudere il traffico aereo dalla Cina. Superando così l'iniziale scetticismo degli esperti di salute pubblica dell'amministrazione. Le restrizioni di viaggio sono solitamente controproducenti nella gestione dei contagi biologici. Ma il 30 gennaio l'OMS dichiara l'emergenza di sanità pubblica globale e funzionari americani scoprono la prima trasmissione da persona a persona all'interno degli Stati Uniti. E così cambiano idea sul travel ban. Dopo uno scontro con il team economico che continua a sostenere fosse molto pericoloso un approccio aggressivo verso la Cina, Trump cede ai falchi e annuncia lo stop dei voli.

All'interno dell'amministrazione continua lo scontro. Da una parte i falchi premono per un atteggiamento sempre più aggressivo e spingono per usare messaggi contro la Cina ed espressioni come "Il virus cinese" o il "virus di Wuhan", chiedendo addirittura ai leader del G7 di usare "Il virus di Wuhan" in un comunicato congiunto. Dall'altra si cerca di contenere questa escalation consapevoli di dipendere dalla Cina per prodotti farmaceutici e attrezzature protettive necessarie per combattere il coronavirus, e nel timore che la Cina potesse non condividere importanti ricerche scientifiche utili per la scoperta di un vaccino.

Trump cambia allora approccio e loda pubblicamente il Presidente Xi per il lavoro che sta facendo nel contrastare il contagio. Le cose cambieranno nuovamente quando un portavoce del ministro degli esteri cinese insinua pubblicamente un'altra teoria cospirativa, secondo cui sarebbero stati soldati americani a portare il virus in Cina durante una loro visita ad ottobre. A quel punto Trump si scatena parlando nuovamente su Twitter di virus cinese.

Il caos nel gestire la crisi a quel punto domina all'interno della Casa Bianca. E questo sarà fatale: mancanza di un piano strategico, incapacità di provvedere a tutte le attrezzature necessarie per il sistema sanitario... Mentre il Presidente, fino a quando non è stato convinto a dichiarare l'emergenza e ad annunciare le linee guida del distanziamento fisico, ha continuato a cercare di tenere sotto controllo il messaggio e la narrazione mediatica, nel timore di danneggiare con scelte estreme l'economia e mettere in pericolo la sua rielezione a novembre, e a rilasciare interviste in cui affermava di avere tutto sotto controllo.

La vera sfida per l'OMS

All'annuncio di Trump di tagliare i fondi, i paesi del G7 hanno rinnovato il loro sostegno all'OMS, isolando di fatto il Presidente degli Stati Uniti d'America, ribadendo l'urgenza della cooperazione internazionale.

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Come sottolinea Amanda Glassman, vice-presidente esecutivo del Center of Global Development, la vera sfida per l'OMS – un'organizzazione con sempre meno budget e una struttura senza reali poteri (a differenza di altre agenzie internazionali come quella sull'energia atomica) verso i governi che non cooperano – deve ancora arrivare, quando la pandemia toccherà i paesi più poveri, con servizi sanitari fragili e sottofinanziati, che fanno affidamento quasi totalmente sull'Organizzazione.

Immagine in anteprima via Pixabay.com

 

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