«Con il nuovo coronavirus, ci sono almeno tre dimensioni che mostrano come la COVID-19 sia lo specchio di ciò che siamo come civiltà. La prima è che stiamo diventando quasi 8 miliardi di persone in tutto il mondo. Poi abbiamo il mito per cui si può avere una crescita economica e uno sviluppo infinito anche se le risorse del pianeta sono limitate, il che è una contraddizione intrinseca. Eppure abbiamo costruito la nostra società su questo mito, pensando che le due cose si possano in qualche modo conciliare. Quindi c’è un problema. Inoltre, questo trasforma il nostro rapporto con l’ambiente e in particolare con il mondo animale. Abbiamo dichiarato guerra all’ambiente e distruggiamo l’habitat degli animali – questa è l’era dello sradicamento e dell’estinzione delle specie. Quello che succede è che gli esseri umani entrano in contatto con gli animali con una frequenza e in modi che non sono mai accaduti in passato. Dopo l’influenza aviaria, MERS, SARS ed Ebola, ora abbiamo il coronavirus. Direi che questo schema non è casuale. Vuol dire che viviamo in un’epoca di ripetuti spillover. Infine, abbiamo creato un mondo di grandi città, di megalopoli collegate da un rapido trasporto aereo, il che significa che uno spillover che accade, scelgo un posto a caso, a Giacarta al mattino… lo stesso virus sarebbe presente a Los Angeles e a Londra la sera. Quindi direi che il coronavirus sta sfruttando canali di vulnerabilità che noi stessi abbiamo creato. Spero che al termine non ci sia un'amnesia sui motivi profondi del contagio. Serve l'assistenza sanitaria universale», spiega Frank Snowden, storico americano delle epidemie e della medicina. [Leggi tutta l'intervista sul Manifesto]