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Coronavirus, come gli scienziati stanno usando i social media per contrastare la disinformazione

3 Febbraio 2020 12 min lettura

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Coronavirus, come gli scienziati stanno usando i social media per contrastare la disinformazione

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Con il diffondersi in diverse parti del mondo del Coronavirus 2019-nCoV, il cui epicentro è stato individuato a fine dicembre nella città di Wuhan, in Cina, sta circolando in maniera incontrollata attraverso i social network e alcuni media mainstream tanta disinformazione sull’origine, la scala e le proporzioni del contagio contribuendo a generare panico sulla base di informazioni non verificate.

Rispetto a epidemie precedenti, le autorità sanitarie nazionali (ministeri, istituti di sanità, università, ospedali, medici) stanno cercando di tranquillizzare il più possibile i cittadini, pubblicando rapporti giornalieri sullo stato di diffusione del coronavirus e dando informazioni anche tramite i social su cosa fare per evitare qualsiasi rischio di contagio.

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Come detto in questo articolo in cui abbiamo cercato di fare il punto di cosa sappiamo sul Coronavirus, un team della Johns Hopkins University ha messo a punto una piattaforma che sta mappando la situazione in tempo reale.

Il Centro europeo per il controllo e la prevenzione delle malattie (EDCD) sta twittando ogni giorno un’infografica che riepiloga i dati finora accertati.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità sta diramando sul proprio sito rapporti giornalieri sul livello di rischio e di diffusione del coronavirus, fornendo anche un quadro dei rumors e delle voci che si stanno diffondendo sull’epidemia (qui l’ultimo rapporto), mentre su Twitter sta cercando di rispondere ai dubbi e alle possibili preoccupazioni che il virus può generare.

Anche il Ministero della Salute, ha aperto un sito web dedicato al Coronavirus e ha pubblicato delle FAQ rilanciate poi anche sui canali social insieme ai bollettini medici che ogni giorno l'Istituto Spallanzani (INMI) di Roma sta diffondendo sui casi confermati in Italia e sui test dei contatti monitorati e le informazioni divulgate dall’Istituto Superiore di Sanità.

Il professor Fabrizio Pregliasco, virologo presso l’Università Statale di Milano, e il Gruppo San Donato hanno pubblicato un’intervista sotto forma di domande e risposte, anche in lingua cinese, consultabile qui

Inoltre, l’International Fact-Checking Network ha lanciato un progetto, che coinvolge 48 organizzazioni di 30 paesi, per verificare in maniera collaborativa e su scala globale le informazioni che riguardano il virus 2019-nCoV.

Tuttavia, nonostante questo grande sforzo c’è chi approfitta del clima di incertezza (generato da una situazione in continuo divenire, con numeri e scenari che cambiano di volta in volta e conoscenze del virus che si consolidano col passare dei giorni) per diffondere notizie false, video decontestualizzati (come quello dei cittadini cinesi che “cadono a terra colpiti dal morbo”) e teorie del complotto. Un meccanismo – fa notare Leonardo Bianchi su Il Manifesto – “molto simile a quanto già visto con Ebola nel 2014: basta mescolare brandelli di verità con la finzione, attingere dal vasto immaginario dei disaster movie o del survival horror (pensiamo a film come "28 giorni dopo", o videogiochi come "Resident Evil") e seminare caos e sospetti”. 

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Se i social network sono i luoghi in cui certe teorie nascono e si propagano, prosegue Bianchi, i media tradizionali stanno avendo un ruolo centrale nella loro amplificazione facendo in modo che assumano una rilevanza di massa e diventino oggetto di discussione nella quotidianità. Come nel caso della tesi complottista rilanciata dal direttore del Tgcom24, Paolo Liguori, secondo la quale il Coronavirus sarebbe stato creato in un laboratorio militare e diffuso dopo il contagio di un tecnico della struttura. Oppure, di alcuni media mainstream che stanno contribuendo a generare panico e allarme nella popolazione diffondendo senza alcun accertamento preventivo del contesto di provenienza e senza intermediazione contenuti non verificati, come nel caso dei video delle persone svenute per strada, presi dai social network e caricati da La Stampa e Il Tempo sulle proprie piattaforme.  

Allo stato attuale, secondo quanto riportato dal monitoraggio della John Hopkins University ci sono 14.628 casi accertati in tutto il mondo (di cui 177 al di fuori della Cina) e 305 morti (1 nelle Filippine, gli altri tutti in Cina). Secondo i dati messi a disposizione dall’OMS, sono coinvolti 23 paesi e, stando a quanto comunicato dall’EDCD sono 23 i casi accertati di contagio in Europa.

Cosa stanno facendo gli scienziati

Di fronte alla diffusione di notizie non verificate e teorie del complotto scienziati e medici hanno deciso di utilizzare i social media per diffondere notizie accurate e fattuali in tempo reale in modo tale da contrastare la disinformazione dilagante e facilitare anche lo scambio di informazioni tra i ricercatori che si stanno interrogando sul Coronavirus.

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“Oltre alle epidemie stiamo facendo fronte anche anche alle 'infodemie', ha raccontato un portavoce dell’OMS a Time. “Stiamo cercando di eliminare il rumore generato dalle notizie non verificate e dagli allarmi procurati dal timore del contagio, diffondendo nel minor tempo possibile informazioni affidabili. È come se facessimo continue iniezioni di informazioni fattuali”.

“Se la disinformazione attecchisce, c’è il rischio che ci sia minore fiducia nelle autorità sanitarie. Se salta il patto di fiducia, abbiamo un grosso problema. Per questo il nostro compito di divulgazione di informazioni corrette e chiare è fondamentale”, spiega Tara Kirk Sell, biologa e docente al Johns Hopkins Center for Health Security. 

La mappa pubblicata dalla John Hopkins University è stata subito uno strumento efficace per avere informazioni chiare e capire quasi in tempo reale la diffusione del Coronavirus. "Inizialmente non l’abbiamo pensata per contrastare la disinformazione. Abbiamo pensato che fosse uno strumento intuitivo utile alle comunità di ricerca e alle autorità sanitarie pubbliche”, dice a BBC Laura Gardner, professoressa associata al Dipartimento di Ingegneria Civile e dei Sistemi della Johns Hopkins University. “Poi ci siamo accorti che forniva un servizio pubblico anche ai cittadini. Non vogliamo suscitare paure inutili. Quindi presentiamo dati affidabili in modo immediato".

Inoltre, tramite Twitter, Skype, WhatsApp e bioRxiv (un sito Web in cui gli scienziati possono caricare i loro articoli scientifici per la revisione pubblica), medici, virologi, bioinformatici (biologi che lavorano con big data) ed epidemiologi di tutto il mondo si stanno confrontando e stanno coordinando gli sforzi per combattere l'epidemia e contenere la sua diffusione.

“I social ci stanno consentendo di avere un pensiero e processi decisionali collettivi”, aggiunge sempre a Time Crystal Watson, ricercatore senior e professore sempre del Johns Hopkins Center for Health Security.“Nelle epidemie degli anni scorsi, prima dell’avvento dei social media, dovevamo aspettare una pubblicazione su un giornale accademico per conoscere lo stato di avanzamento delle ricerche individuali e capire cosa stava accadendo. Adesso la condivisione delle informazioni tra esperti è molto più veloce e facilitata”.

Anche le riviste tradizionali hanno attivato vari protocolli di emergenza per accelerare la pubblicazione degli articoli durante l'epidemia. Una soluzione a doppio taglio, spiega a Wired Jonathan Read, epidemiologo della Lancaster University nel Regno Unito: se da un lato una maggiore velocità aiuta gli scienziati anche a confrontarsi su possibili soluzioni in tempi stretti, “non sappiamo come i cittadini interpreteranno lavori che si prestano a incomprensioni. Temo che non sappiamo davvero in che modo le persone prendono e utilizzano queste informazioni”. “Dobbiamo essere molto espliciti e specificare che si tratta di dati parziali, nel caso in cui non siano stati sottoposti a peer-review [ndr, revisione tra pari], altrimenti rischiamo di creare ulteriore confusione al caos che c’è già”, aggiunge Maia Majumder, epidemiologa computazionale all'ospedale pediatrico di Boston e la Harvard Medical School. “Ma vale la pena provarci. Vedere tutti questi articoli in rapida successione significa che gli scienziati possono capire se tutti stanno arrivando conclusioni simili o molto divergenti, se ci sono valori anomali o un ampio consenso. Questo genere di cose aiuta il pubblico e la scienza a capire se la direzione in cui ci stiamo muovendo ha un senso. È emozionante vederlo accadere in tempo reale”.

In particolare, gli scienziati stanno usando Twitter per fare brainstorming e fornire idee che aiutano a far avanzare la ricerca su 2019-nCoV. Grazie ai social – afferma Antonia Ho, medico di malattie infettive e professoressa all'Università di Glasgow – la condivisione di informazioni e aggiornamenti sul Coronavirus da parte dei membri delle comunità scientifiche e mediche è cresciuta in modo organico: “È come se Twitter si sia sostituito alle riviste scientifiche e ora la peer-review avvenga sui social. Gli scienziati che lavorano su questo in tutto il mondo stanno avendo conversazioni davvero interessanti. E ci sono figure preparate che stanno emergendo, persone che seguiresti perché sai che sono voci esperte e affidabili”. Come nel caso di Laurie Garrett, vincitrice del premio Pulitzer ed esperta in malattie infettive, che con i suoi tweet ora è seguita da 44mila utenti.

Il dottor Mikhail Varshavski, conosciuto online come “il dottor Mike”, sta pubblicando su YouTube diversi video per “mettere le cose in chiaro” e dare consigli su come proteggersi dal contagio: “Sta circolando così tanta disinformazione. Vengono prese e messe online statistiche non convalidate dagli scienziati e questo provoca ansia e crea il panico nella popolazione”, dice Varshavski a BBC. “Tutto ciò è pericoloso perché può portare le persone a prendere decisioni sbagliate per se stessi e le loro famiglie".

Nella sua clip “The Truth About The Coronavirus”, osservata tre milioni di volte in due giorni, il dott. Mike ha esortato a non farsi prendere dal panico e ad avere cautela verso le informazioni che girano sull’epidemia: “Per favore, se leggete un tweet non pensate che sia automaticamente una fonte accurata solo perché è stato molto condiviso. Non lo è. Cercate le informazioni diffuse da organizzazioni affidabili, come l’OMS, ad esempio”. Nel video poi Varshavski dà suggerimenti pratici su cosa fare per proteggersi, come lavarsi le mani ed evitare il contatto con chiunque mostri sintomi di una malattia respiratoria.

Su Twitter, scienziati e ricercatori stanno utilizzando l'hashtag #nCoV2019 [ndr, il nome del Coronavirus] per diffondere gli ultimi dati disponibili su diffusione, portata e origine della malattia.

La dottoressa Muge Cevik, ricercatrice di malattie infettive e virologia dell'Università di St Andrews, ha sintetizzato cosa dicono le ultime ricerche sui sintomi associati alla malattia, il suo periodo di incubazione e i modelli di trasmissione. "Questo è un modo eccellente di condividere informazioni di alta qualità - grazie", si legge in alcuni commenti ai suoi post su Twitter.

In Italia è stato molto condiviso un post del direttore dell’Istituto di Genetica Molecolare del CNR, Giovanni Maga:

Su YouTube il medico Salvo Di Grazia, sul suo canale Medbunker, ha cercato di dissipare alcuni timori e dubbi sul virus:

Anche il Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Silvio Brusaferro ha risposto ad alcune domande in un video esplicativo spiegando anche che «al momento non ci sono evidenze che la trasmissione avvenga attraverso cibo o per via alimentare e attraverso oggetti inanimati come giocattoli o vestiari», mentre Roberta Villa, medico e giornalista, sta pubblicando diverse storie sul suo profilo Instagram sul Coronavirus e il medico Roberto Burioni sta utilizzando i suoi canali social per diffondere contenuti fattuali.

Cosa stanno facendo i social

Anche i social network si stanno muovendo e cercando soluzioni per arginare la diffusione di notizie non verificate sulle proprie piattaforme. Facebook, Twitter, YouTube e TikTok hanno detto a Recode che stanno lavorando per promuovere contenuti affidabili e penalizzare quelli che disinformano. 

Twitter ha spiegato che nelle ultime quattro settimane ci sono stati più di 15 milioni di tweet sul Coronavirus e che, sebbene siano circolati diversi contenuti disinformativi, non sono stati ravvisati “tentativi significativi coordinati di diffusione di notizie false su larga scala”. In altre parole, non è possibile parlare di una campagna di disinformazione intenzionale da parte di alcuni gruppi, ma questo non significa che non siano state diffuse sul social network informazioni non verificate. Di recente, Twitter ha oscurato l’account di ZeroHedge (sito di estrema destra a favore del Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump) che aveva diffuso le informazioni personali di uno scienziato di Wuhan, l’epicentro del virus in Cina, accusato senza prove di aver creato il coronavirus come arma biologica.

D’ora in avanti agli utenti che cercheranno “coronavirus” su Twitter, gli si aprirà una finestra che inviterà a cercare le informazioni fattuali sui Centri per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie (CDC). 

via BBC

Anche in Italia la ricerca sul coronavirus invita a informarsi tramite l'account del ministero della Salute:

Facebook ha deciso di penalizzare i post classificati come falsi dai suoi partner che svolgono il lavoro di fact-checking sui contenuti che girano sulla piattaforma. Prima o dopo la condivisione dei post esaminati, gli utenti verranno avvisati se il contenuto che stanno condividendo è stato sottoposto a verifica e individuato come falso. 

Inoltre, come annunciato nei giorni scorsi, Facebook provvederà a rimuovere quei contenuti falsi smentiti dalle autorità sanitarie: “Inizieremo a rimuovere anche i contenuti che riportano affermazioni false o teorie del complotto, già segnalati dalle principali organizzazioni sanitarie globali e dalle autorità sanitarie locali, che potrebbero causare danni alle persone che li condividono. Lo stiamo facendo come un'estensione delle nostre politiche esistenti per rimuovere contenuti che potrebbero causare danni fisici. Ciò include affermazioni su cure o metodi di prevenzione falsi - come “bere la candeggina cura il coronavirus” - o affermazioni che creano confusione sulle risorse sanitarie disponibili. Bloccheremo o limiteremo anche gli hashtag utilizzati per diffondere disinformazione su Instagram”.

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Reddit ha messo un banner nella parte superiore della sua home page che indirizza gli utenti al suo forum r / AskScience Megathread dove ci sono tutte le loro domande sull'epidemia in corso. Inoltre è stato messo in quarantena il subreddit r / Wuhan_Flu “perché conteneva informazioni errate”, ha detto un suo portavoce a Gizmodo.

Anche Tik Tok ha annunciato un importante aggiornamento delle linee guida della sua comunità: la piattaforma “non consentirà la disinformazione che potrebbe causare danni alla nostra comunità o al grande pubblico” e “rimuoverà quelle informazioni false che potrebbero causare danni alla salute di un individuo o di una comunità, come nel caso di trattamenti medici fuorvianti”. TikTok eliminerà anche  i video che diffondono “disinformazione per generare panico, odio o pregiudizio”.

Immagine in anteprima via The Star

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