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Cambiamento climatico, disuguaglianze sociali, crisi economica: l’utopia del Green New Deal

21 Ottobre 2019 18 min lettura

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Cambiamento climatico, disuguaglianze sociali, crisi economica: l’utopia del Green New Deal

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«Il Green New Deal deve assumere la forma di un autentico "patto" con il mondo industriale e produttivo, per favorire un uso sostenibile delle risorse naturali, la transizione verso fonti di energia rinnovabili, l'efficientamento energetico, la digitalizzazione, l'integrazione dei sistemi». Così quattro giorni fa il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte è intervenuto agli Stati Generali della transizione energetica per illustrare le iniziative che il Governo intendere mettere in campo in tema di politiche energetiche, ambientali e di sviluppo economico.

Ma, a dispetto del nome, il Green New Deal proposto dal Governo ha poco di sistematico. Come affermato sia dal Presidente del Consiglio Conte sia dal ministro dell'Ambiente Sergio Costa, poggia su alcune misure previste da tre interventi congiunti: il Decreto Clima, approvato lo scorso 10 ottobre, la legge di Bilancio e un disegno di legge sul clima denominato evocativamente "Green New Deal", che istituirà due fondi di investimento assegnati allo Stato e agli enti territoriali per lo sviluppo sostenibile, le infrastrutture sociali e l'incentivo alle energie rinnovabili per un totale di oltre 50 miliardi in 15 anni, stando a quanto riportato nella Nota di aggiornamento al DEF (NADEF), approvata il 30 settembre.

In realtà il Decreto Clima recepisce gli obblighi previsti dalla direttiva 2008/50/CE di 11 anni fa del Parlamento europeo e del Consiglio d'Europa sulla qualità dell’aria e prevede risorse per un valore di 450 milioni di euro in 3 anni: 255 milioni di euro sono stati stanziati per  il buono mobilità per le città e le aree sottoposte a infrazione europea per la qualità dell'aria (fino a 1500 euro per la rottamazione delle auto classe euro 3 e 500 euro per i motocicli a due tempi), 40 milioni per i Comuni per la realizzazione e l'ammodernamento delle corsie preferenziali, 20 milioni di euro per il trasporto scolastico degli alunni delle scuole elementari e medie con mezzi ibridi, elettrici o euro 6, 30 milioni di euro per la piantumazione e il reimpianto degli alberi e la creazione di foreste urbane nelle città metropolitane, 20 milioni per quei commercianti (fino a 5mila euro a testa) che realizzeranno dei "green corner" per la vendita di prodotti sfusi (e disincentivare, quindi, l'utilizzo della plastica). Infine, saranno potenziati i poteri e le risorse dei commissari che si occupano delle bonifiche delle discariche abusive e della depurazione delle acque e sarà dotato l'Ispra di 1 milione e mezzo di euro per la realizzazione di un database pubblico per la trasparenza dei dati ambientali.

Nel frattempo, pochi giorni fa, nel Documento programmatico di bilancio, sono stati stanziati 10,5 miliardi per il triennio 2020-2022. Ulteriori risorse per 1,8 miliardi di euro sono attese dai tagli ai sussidi dannosi per l'ambiente e da "nuove imposte ambientali". Mentre, scrive Il Sole 24 Ore, i due fondi previsti dal futuro disegno di legge sul clima saranno alimentati dalle risorse europee non spese nella programmazione 2014-2020 e da quelle rimaste nel fondo investimento creato dall'ex ministro Padoan nel 2018. Le vere novità, riporta Fortune Italia, sono la cosiddetta plastic tax (dal primo giugno 2020 le aziende pagheranno 1 euro per per ogni chilo di imballaggio di plastica), l'introduzione di una tassa per i prodotti inquinanti impiegati per la produzione di energia, la proroga dell’eco-bonus e del sisma-bonus, cioè delle detrazioni per la riqualificazione energetica, per gli impianti di micro-cogenerazione e per le ristrutturazioni edilizie.

In altre parole si tratta di una serie di interventi che non sembrano far intravedere una piattaforma programmatica sul clima in cui si innestano. Più che un piano strutturale, commenta Roberto Ciccarelli su Il Manifesto, si tratta di un "patchwork" da cui, rispetto alle bozze circolate nei giorni precedenti all'approvazione del Decreto Clima, sono spariti "il comitato interministeriale sui cambiamenti climatici e la qualità dell’aria previsto al Cipe, l’articolo sulla velocizzazione della pianificazione sul trattamento dei rifiuti, la campagna di informazione ambientale nelle scuole «#iosonoAmbiente»". Inoltre, non si capisce ancora come "il Governo intende muoversi in una giungla di 161 sussidi con un impatto economico complessivo di 41 miliardi" e tagliare i sussidi ambientalmente dannosi, pari secondo il ministero dell'Ambiente al 45% del totale.

"Sarebbe opportuno che il potere legislativo e quello esecutivo, ogni tanto, si orientassero invece verso provvedimenti organici e di sistema. In fondo, un tema come il «Green New Deal» sembra prestarsi a un esercizio di razionalità", prosegue Ciccarelli. E invece il processo innescato dal Governo, "sembra una matrioska".

In un'intervista al Corriere della Sera, alcune settimane fa, l'economista italo-americana, Mariana Mazzucato – fondatrice dell’Institute for Innovation and Public Purpose all’University College London e consulente della Commissione europea, oltre che componente del Comitato per le politiche dello sviluppo dell’ONU – aveva spiegato che le politiche sul clima necessitano di soluzioni intersettoriali che tengano insieme economia, energia, sviluppo economico, agricoltura e alimentazione e di investimenti diretti da parte del settore pubblico e non solo indiretti attraverso sussidi: «Dobbiamo smettere di pensare in termini di incentivi e muoverci sugli investimenti diretti che aiutino a risolvere il problema in modo chiaro. In fondo, quando si tratta di andare in guerra non lesiniamo le risorse pubbliche. E la crisi del clima non è anche un problema di sicurezza? Bisogna pensare al surriscaldamento del pianeta come a una guerra da vincere».

Tutte le parti della società dovrebbero intendere quella sul clima come una missione comune, un po' come era stata l'idea di andare sulla Luna, spiega l'economista. «Nel mio rapporto per la Commissione ho esortato l’Europa a prendere esempio dal programma Apollo, applicando questo approccio ai Sustainable Development Goals dell’Onu. L’idea di andare sulla Luna è stata una missione su cui si sono concentrate enormi risorse finanziarie e umane: quando i finanziamenti della Nasa raggiunsero il picco, nel 1966, impiegava 400mila persone e spendeva oltre il 4% del bilancio federale degli Stati Uniti. Se siamo riusciti a mettere piede sulla Luna perché non possiamo affrontare e risolvere la crisi del clima?».

Di fronte alle parole di Mazzucato, di Green New Deal le misure previste dal Governo sembrano portare solo il nome. E non pare andare diversamente in Europa. Almeno a parole, per ora, la nuova presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha messo al centro del suo programma la transizione a un'economia verde. Nella lettera inviata a Frans Timmermans, vicepresidente con delega per un Green New Deal europeo, von der Leyen ha parlato del taglio di emissioni di gas serra del 50% entro il 2030 (con la Commissione Juncker era il 40%) per rendere l'Europa "climate neutral". Tuttavia, anche in questo caso, si resta in azioni puntuali e politiche settoriali: si parla di tassa sul carbone, incentivi alla circolarità dell'industria agro-alimentare, riduzione dell'inquinamento provocato dai trasporti. Nel bilancio 2014-2020, l'Ue aveva destinato il 20% della sua spesa (206 miliardi di euro) in programmi legati al cambiamento climatico. Per il 2021-2027 si sale al 25% (320 miliardi). Attraverso la partecipazione dei privati, von der Leyen vuole arrivare a utilizzare mille miliardi in investimenti sul clima e l'ambiente. Ma, pur parlando anche in questo caso di Green New Deal, manca quell'idea di trasformazione profonda e radicale della società che il Green New Deal veicola, almeno per come è stato elaborato negli Stati Uniti, dove se ne è parlato la prima volta circa 1 anno fa. Un piano, appunto, che presuppone una nuova idea di stare insieme in società e che, per la sua realizzazione, richiede trasformazioni economiche, sociali, urbanistiche, energetiche e del mondo del lavoro.

Proprio per la sua carica innovativa la proposta, nata in seno a un gruppo di giovani Democratici, ha suscitato un ampio dibattito in diverse fasce della società e incontrato resistenze da parte di istituzioni e politici Repubblicani e Democratici. In quanto progetto politico, sociale e culturale che ancora non si è sostanziato in proposte di legge definite, il concetto di Green New Deal si presta a più interpretazioni e declinazioni (come nel caso dell'Italia e dell'Ue, ma anche negli USA ci sono ben 3 progetti di GND), diventando così un contenitore ampio e vago da poter essere utilizzato per parlare di politiche e azioni tra loro diverse. Qui proviamo a ricostruire la sua genesi e di che cosa si tratta.

Che cos'è il Green New Deal?

Il Green New Deal (GND) è una risoluzione non vincolante (il che significa che non necessariamente si tradurrà in progetti di legge), presentata lo scorso 7 febbraio dai Democratici Ed Markey e Alexandria Ocasio-Cortez, che delinea gli obiettivi e le specificità del programma in modo più definito.

La risoluzione consiste in un preambolo, 5 obiettivi, 14 progetti e 15 requisiti. Il preambolo ricostruisce il contesto in cui si inserisce il Green New Deal e spiega perché un piano del genere si rende necessario. Il testo specifica che ci troviamo di fronte a due crisi mondiali, una climatica e una economica di stagnazione salariale e crescente disuguaglianza:  il GND può affrontarle entrambe. L'obiettivo finale è quello di smettere di usare completamente i combustibili fossili.

Il documento prevede una "mobilitazione nazionale decennale" per raggiungere i 5 obiettivi definiti dalla risoluzione: soddisfare il 100% della domanda energetica negli Stati Uniti attraverso fonti di energia pulite, rinnovabili e a zero emissioni"; riqualificare tutti gli edifici esistenti nel paese per l'efficienza energetica; lavorare con gli agricoltori per eliminare l'inquinamento e le emissioni di gas a effetto serra; rivedere i sistemi di trasporto per ridurre le emissioni, espandere la produzione di auto elettriche, costruire stazioni di ricarica in tutto il mondo ed espandere la ferrovia ad alta velocità in modo tale che i viaggi aerei non siano più necessari; assicurare un lavoro garantito con un salario a sostegno della famiglia, un congedo medico e familiare adeguato, ferie pagate e sicurezza pensionistica per ogni cittadino americano; garantire un'assistenza sanitaria di alta qualità per tutti gli statunitensi.

Si tratta di una proposta in controtendenza rispetto alle politiche energetiche attuali degli Stati Uniti sotto la presidenza di Donald Trump. Secondo un'analisi del 2018 di Oil Change International, il governo degli USA spende ogni anno circa 20 miliardi di dollari in sussidi diretti e indiretti per l'industria dei combustibili fossili, un quinto di quanto spendono tutte i paesi del G7 (in totale circa 100 miliardi di dollari). Se attuato, il Green New Deal reindirizzerebbe quei sussidi verso il settore dell'energia pulita. In questo momento l'eolico e il solare godono di un numero molto più ridotto di sovvenzioni.

I principi guida del Green New Deal

Il Green New Deal si articola intorno a tre punti:

1) La decarbonizzazione dell’economia

È questo, scrive David Roberts su Vox, uno degli obiettivi più ambiziosi e di difficile realizzazione: il piano di Ocasio-Cortez prevede di decarbonizzare non solo il settore elettrico ma l'intera economia americana in 10 anni, "il che è quasi certamente impossibile in assenza di radicali riduzioni del consumo energetico dei cittadini americani". Si tratta di un'impresa gigantesca che toccherà la vita di tutti gli americani, spiega Roberts. "Ci vorrebbe qualcosa di simile alle misure di austerità economica, ma attualmente nessuno degli americani è così spaventato dagli effetti dei cambiamenti climatici."

La decarbonizzazione dei trasporti comporterà un'accelerazione radicale della diffusione dei veicoli elettrici, probabilmente vietando le vendite di benzina e diesel entro il 2030 e cercando delle soluzioni per gli aerei e il trasporto pesante. A questo bisognerà aggiungere l'efficientamento energetico degli edifici che producono attualmente circa il 40% delle emissioni annue di carbonio negli Stati Uniti: questo implicherà trovare fondi per finanziare l'adeguamento degli edifici esistenti, milioni dei quali utilizzano combustibili fossili come il gas naturale per il riscaldamento e la climatizzazione estiva. Poi c'è l'industria pesante, dove "la via della decarbonizzazione rimane ancora qualcosa di misterioso".

La proposta di Ocasio-Cortez, scrive Kate Aronoff su The Intercept,  prevede la realizzazione di micro-reti, sistemi di generazione di energia rinnovabile indipendenti che permetteranno a piccoli quartieri e ospedali, ad esempio, di essere autonomi e poter continuare a erogare energia anche in caso di interruzione della corrente per uragani o incendi.

2) Lavoro per tutti e investimenti pubblici su larga scala

Il Green New Deal prevede investimenti su larga scala, nell'ordine di migliaia di miliardi di dollari nell'arco di 10 anni, insieme a una garanzia federale sull'occupazione. L'obiettivo è quello di formare e assumere tutti coloro che desiderano un lavoro, un flusso costantemente fluttuante di persone con competenze diverse, che avranno bisogno di lavoro per periodi di tempo diversi.

In particolare nella risoluzione si parla dell'istituzione di un salario minimo. Attualmente, la multinazionale di negozi al dettaglio Walmart, presente in 22 Stati americani, paga un salario di entrata di 11 dollari l'ora, mentre McDonald's ha finora resistito alle richieste di un salario minimo di 15 dollari l'ora. Secondo il documento presentato da Ocasio-Cortez e Markey, un lavoro garantito federale potrebbe portare alla dotazione di un piano salariale nazionale e costringere le catene di negozi al dettaglio e fast food ad aumentare gli stipendi. Per quanto riguarda gli occupati dell'industria estrattiva (professioni che andranno gradualmente eliminate), i cui salari sono tradizionalmente elevati grazie a decenni di militanza sul posto di lavoro, 15 dollari l'ora potrebbero essere non sufficienti. Questo potrebbe rendere altri fondi per innalzare la qualità del lavoro e pensare strumenti di reinserimento in nuovi settori.

Ma, si chiede ancora Roberts, quali tipi di investimenti sono in grado di dare un'occupazione a una forza lavoro con competenze e composizione che cambiano continuamente?

3) Equità e giustizia sociale

La risoluzione parla di protezioni per le persone più colpite dalla discriminazione sociale ed economica e quelle che risentiranno maggiormente degli effetti dei cambiamenti climatici, "comunità a basso reddito, comunità di colore, comunità indigene, comunità in prima linea più colpite dai cambiamenti climatici, dall'inquinamento e da altri danni ambientali". A queste figure sarà garantita la formazione e l'occupazione, come detto, con standard elevati della qualità del lavoro e di giustizia ambientale.

Una nuova idea di società

In termini generali, il Green New Deal è un programma massiccio di investimenti in professioni e infrastrutture di energia pulita destinati a trasformare non solo il settore energetico, ma l'intera economia: l'attuazione del piano significa decarbonizzare l'economia nel modo più etico e trasparente possibile. Il Green New Deal è, in altre parole, uno schema di trasformazione della società in cui la politica è solo uno degli attori coinvolti. Tutti, privati e settore pubblico, devono rielaborare il proprio modo stare in società pensando a uno stile di vita e di sviluppo orientato alle domande (finora rimaste inevase) imposte dai cambiamenti climatici.

È dal 2009 che i Democratici non avevano un piano di politiche sul cambiamento climatico. L'ultimo grande programma ("The American Clean Energy") era passato nella Camera nel 2009 senza mai arrivare in Senato. Fino al novembre 2018, quando alcuni giovani attivisti del Sunrise Movement hanno iniziato a parlare di Green New Deal, richiamando il New Deal di Franklin Delano Rosevelt degli anni '30. E così, in poco tempo, di Green New Deal hanno iniziato a parlare politici, sostenitori della causa climatica (come Al Gore), studiosi, scienziati, attivisti. Il termine – scrive David Roberts su Vox – è diventato rapidamente una "parola contenitore" senza sapere, però, esattamente di cosa si trattasse concretamente.

Il concetto di Green New Deal, tuttavia, non nasce oggi. Il primo a parlarne è stato il giornalista Thomas Friedman in un editoriale sul New York Times nel 2007. La sua idea finì nel programma di Barak Obama nel 2008 senza che però trovasse mai una sua elaborazione in progetti di legge. Nel 2009 le Nazioni Unite parlano dell'esigenza di un Green New Deal. Nel 2016 un piano sul clima è il fulcro della candidatura alle presidenziali negli USA di Jill Stein e, in parte, della campagna di Bernie Sanders.

Dopo le presidenziali del 2016 alcuni attivisti che avevano lavorato alla campagna di Bernie Sanders fondano un'organizzazione chiamata "Brand New Congress". È qui che nascono le candidature di Rashida Tlaib, la prima donna palestinese-americana a entrare nel Congresso, Ilhan Omar, la prima somala-americana, Ayanna Pressley, la prima donna nera eletta alla Camera nel Massachusetts in uno Stato composto per l’80% da bianchi, Alexandria Ocasio-Cortez, la donna più giovane mai eletta.

In quel periodo la Democratica Nancy Pelosi, presidente della Camera dei rappresentanti, aveva affermato di voler rimettere in piedi la Commissione sull'indipendenza energetica (in piedi per 4 anni tra il 2007 e il 2011). Ma gli attivisti e i giovani Democratici del "Brand New Congress" volevano qualcosa di più visibile, marcato e incisivo. Il Sunrise Movement – organizzazione giovanile nata intorno al progetto di Green New Deal – ottiene un incontro con Nancy Pelosi per chiedere la creazione di una commissione che avrebbe lavorato per elaborare un piano per raggiungere gli obiettivi indicati un mese prima, a ottobre, dal rapporto “Global Warming of 1,5°C” dell'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), secondo il quale se non si riuscirà a limitare l'aumento delle temperature a 1,5 gradi entro il 2050, il nostro pianeta andrà incontro a carestie, siccità, scioglimento dei ghiacciai, distruzione delle barriere coralline, depauperamento delle specie vegetali e animali, migrazioni forzate a causa di inondazioni e catastrofi naturali.

È in quei giorni che il Sunrise Movement contatta Alexandra Ocasio-Cortez per ottenere maggiore visibilità politica e mediatica sulla proposta. Invece Ocasio-Cortez decide di andare oltre e di fare del Green New Deal parte centrale della sua azione politica e di impostare la comunicazione del piano programmatico facendo diretto riferimento allo stile dei manifesti del New Deal di Rosevelt degli anni '30.

È così che il 13 novembre 2018 oltre 200 attivisti riescono a ottenere un incontro con Nancy Pelosi per chiedere l'istituzione di una Commissione per il Green New Deal. È in questo momento che il progetto diventa un argomento di pubblico dominio. Il 10 dicembre viene organizzato un nuovo sit-in davanti allo studio della presidente della Camera dei rappresentanti: 40 senatori (tra cui Sanders, Merkley, Booker, tre potenziali candidati alle presidenziali 2020) garantiscono il proprio sostegno all'istituzione di una Commissione ristretta sul Green New Deal. «Il Green New Deal non riguarda solo le risorse naturali e i posti di lavoro», dichiarò all'epoca Ayanna Pressley, eletta per i Democratici in Massachusetts. «Riguarda le nostre risorse più preziose: persone, famiglie, bambini, il nostro futuro. Il suo obiettivo è passare al 100% di energia rinnovabile ed eliminare i gas a effetto serra, garantire che le nostre comunità costiere dispongano delle risorse e degli strumenti per costruire infrastrutture sostenibili in grado di contrastare l'innalzamento del livello del mare, contrastare disastri naturali insostenibili e mitigare gli effetti delle temperature estreme».

Sembrava l'inizio di una strada in discesa. Invece la nascita di questo gruppo di senatori a favore del piano viene accolta freddamente da parte dei Democratici. A capo della Commissione ristretta viene indicata Kathy Castor (eletta in Florida per i Democratici), che non era preparata sulle questioni che il Green New Deal poneva. Anche il risultato minimo possibile – convincere tutti i Democratici a lavorare insieme per un nuovo piano – non era così scontato come poteva sembrare inizialmente ed era anzi un obiettivo ambizioso, commentò all'epoca Saikat Chakrabarti, co-fondatore di Brand New Congress e a capo dello staff di Ocasio-Cortez.

Intanto Ocasio-Cortez elabora una prima bozza di Green New Deal. Chi leggeva il suo documento affermava che era quasi irrealizzabile perché non si limitava a chiedere la nascita di una Commissione ristretta ma precisava che chiunque riceveva fondi da organizzazioni o figure legate ai combustibili fossili per la propria campagna elettorale non avrebbe potuto farne parte. Il che escludeva una buona fetta di Democratici, commenta Roberts.

Il documento chiedeva, inoltre, che la Commissione elaborasse un piano che portasse alla piena decarbonizzazione dell'economia, all'investimento di migliaia di miliardi, a fornire una garanzia federale di lavoro, alla previsione di un salario minimo in modo tale da affrontare e mitigare disuguaglianze storiche. Nella bozza si faceva riferimento a misure di reddito di base e assistenza sanitaria universale. Un vero e proprio New Deal, in altre parole. Un nuovo impianto sociale, economico, energetico.

Nessuno – ricostruisce ancora Roberts – ebbe da ridire sui contenuti del documento. Le obiezioni si concentrarono sulle competenze della Commissione, alla quale non furono dati pieni poteri: la nascente commissione sul Green New Deal poteva esprimere pareri non vincolanti che sarebbero stati presi in considerazione da altre Commissioni settoriali che a loro discrezione avrebbero potuto trasformarli in leggi. "I giovani si esercitano nella Commissione GND, gli adulti pensano alle leggi", fu uno dei commenti che circolarono in quei giorni, riporta il sito E&Enews.

Di fronte alle resistenze incontrate all'interno dello stesso Partito Democratico, lo staff di Ocasio-Cortez e il Sunrise Movement reagirono dicendo era arrivata l'ora di trasformare il Green New Deal in una piattaforma di politiche. «Se non svilupperanno il piano riuniremo scienziati, ingegneri, leader delle comunità, sindaci, consiglieri comunali: creeremo noi stessi il piano e usciremo e costruiremo il sostegno pubblico e politico per realizzarlo entro i prossimi due anni», aveva dichiarato Evan Weber di Sunrise Movement. «Il Green New Deal può significare qualsiasi cosa allo stato attuale – aveva aggiunto Weber. È ora il momento che significhi qualcosa in particolare. 

A dicembre il ricercatore, esperto di clima, Greg Carlock pubblica uno studio per il sito Data for Progress. Tuttavia, anche in questo caso, non si era trattato di nulla più che di una fotografia del panorama politico da cui poter partire per poter pensare a come definire e attuare un piano verde. Nel rapporto Carlock spiegava che il Green New Deal non era solo un insieme di proposte politiche sul cambiamento climatico, era una visione per un nuovo tipo di società, costruita attorno a una nuova serie di relazioni sociali ed economiche. Non era solo un modo per ridurre le emissioni, ma anche per migliorare le disfunzioni di un'economia caratterizzata da una crescente disuguaglianza e dalla concentrazione del potere ai vertici.

In sostanza, l'obiettivo del Green New Deal, proseguiva Carlock, era coinvolgere l'intera cittadinanza nel progetto condiviso di adattamento alle sfide del XXI secolo e migliorare la qualità della vita dei poveri e della classe media. Tuttavia, all'epoca, di concreto in campo c'era solo il documento privato condiviso da Ocasio-Cortez. Per quanto ambizioso, non era nulla più che un insieme di obiettivi di alto livello – coordinare e sviluppare una piattaforma politica che potesse guidare una trasformazione dell'economia, decarbonizzare ogni settore economico, garantire a ogni americano un lavoro ben pagato con buoni benefici, rafforzare la capacità di resistenza delle comunità più vulnerabili – ognuno dei quali richiedeva decine di azioni politiche a differenti livelli di governo. L'equilibrio delicato per mantenere alta l'attenzione politica sul tema, spiega ancora Roberts su Vox, era quello di mantenere abbastanza indefinito il piano nella sua composizione in modo tale che un gruppo molto vasto e vario di persone e di portatori di interessi si sentisse rappresentato dal progetto politico e, allo stesso tempo, iniziare a caratterizzarlo per evitare che venisse annacquato.

In questo contesto arriva a febbraio 2019 la risoluzione di Ocasio-Cortez e Markey.

Il Green New Deal è tecnologicamente possibile. Ma è politicamente condiviso ed economicamente sostenibile?

La questione centrale è: come sostenere una politica di investimenti pubblici e incentivare gli investimenti privati?, si chiedono Lisa Friedman e Trip Gabriel sul New York Times. Il piano presentato dai politici dei Democratici è tecnologicamente possibile ma le sue prospettive politiche ed economiche sono tutte da verificare, commentano i due giornalisti.

Il presidente Trump ha definito il Green New Deal un "tema del liceo che ha preso un brutto voto", i Repubblicano lo hanno descritto come un progetto spericolato, per la presidente della Camera dei rappresentanti, la Democratica Nancy Pelosi si tratta di un "sogno verde". Il piano di transizione ecologica dell'economia statunitense, proseguono Friedman e Gabriel, è un'idea entusiasmante per molti liberali e una posta politica allettante, ma "richiede una serie straordinariamente complicata di compromessi". In particolare è la sostenibilità economica a sollevare parecchi dubbi. Con quali soldi si paga una piattaforma programmatica del genere? E i cittadini americani sono pronti a capire l'importanza dei sacrifici che richiede?

Donald Trump ha dichiarato che un piano del genere potrebbe arrivare a costare 100mila miliardi di dollari. I sostenitori del Green New Deal affermano invece che i cambiamenti climatici potrebbero essere più costosi per l'economia americana e che, per ora, è impossibile quantificarne i costi.

Secondo uno studio dell'Energy Futures Group, solo nel Vermont, che ha l'obiettivo di raggiungere il 90% di energia rinnovabile entro la metà del secolo, l'attuazione delle politiche previste dal Green New Deal avrebbe un costo di 33 miliardi di dollari. Tuttavia, lo Stato sta assistendo a una crescita dell'occupazione nei settori dell'energia pulita e prevede che la transizione porterà a un risparmio dei costi per i consumatori. La modernizzazione della rete elettrica negli Stati Uniti potrebbe costare fino a 476 miliardi di dollari, anche se, rileva uno studio del 2011 dell'Istituto di ricerca sull'energia elettrica, sono stati raccolti 2mila miliardi di dollari in benefit, riporta il New York Times.

Ocasio-Cortez è intervenuta più volte per rispondere alle criticità sollevate soprattutto sulla sostenibilità del piano. In risposta alle parole di Nancy Pelosi – che aveva definito un'utopia la risoluzione – la rappresentante dei Democratici ha pubblicato un video dal titolo "Un messaggio dal futuro".

A chi ha sostenuto che non ci siano fondi a sufficienza per finanziare il piano, Ocasio-Cortez ha risposto che si tratta di affermazioni ipocrite: «Perché nessuno si chiede quali coperture ci sono per i finanziamenti di migliaia di miliardi per le spese militari o per i tagli delle tasse per i più ricchi?». L'obiettivo, ha proseguito la rappresentante dei Democratici, è modellare le risorse disponibili dell'economia, redistribuire la ricchezza evitando l'inflazione, e convincere gli americani che è l'economia (e non i dollari da spendere) che va bilanciata.

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«Se fossimo minacciati da un invasore, mobiliteremmo tutte le risorse a nostra disposizione per fronteggiare la minaccia imminente alla nostra sicurezza», afferma l'economista Ann Pettifor,  studiosa tra le prime a pensare a un Green New Deal come soluzione dopo la crisi finanziaria. «Non potremmo far affidamento solo sul settore privato. Così è anche nel caso del clima».

«È un po' come per la prima spedizione sulla Luna. Quando JFK disse che gli Usa sarebbero andati sulla Luna, nulla di cui c'era bisogno per andarci esisteva ancora. Ma ci abbiamo provato e ce l'abbiamo fatta», spiega Saikat Chakrabarti, capo dello staff di Ocasio-Cortez. Le sue parole riecheggiano quelle di Mariana Mazzucato nell'intervista al Corriere della Sera. «Il Green New Deal è sostanzialmente un enorme aggiornamento di sistema per l'economia». Il piano programmatico "verde", aggiunge Kate Aronoff su The Intercept, è un piano di politica industriale, in base alla quale il governo svolge un ruolo decisivo nel definire la direzione dell'economia per raggiungere obiettivi specifici. Non significa che lo Stato controlla ogni settore. È qualcosa di molto vicino al tipo di pianificazione fatta proprio dagli USA durante il boom economico subito post-bellico. Da questo punto di vista, conclude la giornalista, il Green New Deal potrebbe fare degli Stati Uniti un modello (e un fulcro) di sviluppo mondiale allo stesso modo del piano Marshall durante la ricostruzione economica dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Immagine in anteprima via off-guardian

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