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I selfie-trabocchetto, la rivolta degli striscioni e Zorro: il dissenso contagioso dentro e fuori la Rete

20 Maggio 2019 6 min lettura

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I selfie-trabocchetto, la rivolta degli striscioni e Zorro: il dissenso contagioso dentro e fuori la Rete

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È una dinamica estremamente interessante quella a cui stiamo assistendo in queste settimane. Dai (video) selfie-trabocchetto alla rivolta degli striscioni all'apparizione di Zorro nelle piazze, il dissenso verso Salvini si alimenta dentro e fuori la Rete, in un rimando e rafforzamento continuo fra online e offline, fra passaparola digitale e piazze fisiche.

C'è un elemento chiave in questa valanga di dissenso che ha travolto la comunicazione del ministro dell'Interno, fino a rendere le proteste più notiziabili dei comizi, fino a costringere continuamente il leader della Lega a dividere mediaticamente la scena dei suoi palchi con i suoi contestatori, cittadini comuni, parte della società civile che si organizza dal basso, autonomamente, in modo spontaneo, quasi sempre senza alcuna rappresentanza politica.

E l'elemento chiave lo ha innescato lo stesso ministro nel tentativo goffo e non per questo meno inquietante di sopprimere il dissenso. Inizialmente si limitava a offendere dal palco chi lo contestava, liquidandoli come figli di papà dei centri social e così via. Poi un certo nervosismo deve aver preso il sopravvento e all'ennesimo selfie-trabocchetto ha perso la testa: ha strappato di mano il cellulare a chi lo stava ritraendo insieme a una ragazza in un video, lo ha dato al suo servizio d'ordine intimando di cancellare tutto. L'episodio ha avuto una risonanza tale da portare il capo della polizia ad annunciare una indagine interna: "Dopo aver visto quel video ho valutato che potessero esserci profili di illiceità nel comportamento dei poliziotti, e ho dato disposizione al questore e all’ufficio ispettivo di avviare accertamenti, attivando una procedura disciplinare".

Tanti piccoli "inciampi"che messi insieme hanno contribuito alla reazione di questi giorni. Gli striscioni rimossi sono stati vissuti come un sopruso e la sensazione di subire una ingiustizia solo per aver espresso un legittimo dissenso hanno scatenato la reazione clamorosa, virale, vitale di parte della società civile che ha visto iniziative su iniziative dentro e fuori la Rete: le lenzuola ai balconi, la caccia ai 49 (che fa riferimento ai 49 milioni truffati alla Stato dalla Lega), le contestazioni a ogni comizio fra "Bella Ciao" e "Non sei benvenuto".

Il cellulare sottratto dalle mani della ragazza che ha osato ricordare a Salvini tempi non lontani in cui disprezzava i terroni a cui ora chiede il voto, lo striscione "Questa Lega è una vergogna" rimosso a Salerno, fino al caso Brembate quando sono stati scomodati i vigili del fuoco per rimuovere uno striscione in attesa dell'ennesimo comizio, i tentativi continui di rimuovere "le immagini" del dissenso hanno avuto esattamente l'effetto opposto. Un esempio perfetto del famoso "effetto Streisand": nel tentativo di censurare o rimuovere un'informazione ne provochi, contrariamente alle intenzioni la sua ampia diffusione.

La rivolta degli striscioni da Nord a Sud è nata fra i cittadini in modo spontaneo, anche grazie al passaparola digitale...

Pubblicato da Arianna Ciccone su Giovedì 16 maggio 2019

Effetto Streisand di cui deve essersi reso conto anche il Viminale tanto da aver cercato di correre ai ripari, secondo quanto riporta Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera, dando indicazioni di intervenire solo se in presenza di grave pericolo.

Dopo Salerno e Brembate, le polemiche a partire dai social si sono moltiplicate, una piccola palla di neve che diventa valanga: il passaparola digitale ha portato alle proteste di Napoli e Milano. Esporre lo striscione non basta, la testimonianza di dissenso viene documentata, fotografata e pubblicata sui social, da lì, condivisa e commentata, diventa fonte di ispirazione per altre iniziative individuali o collettive. Una dinamica-valanga con rimandi continui fra online e offline. E così in diverse città, spesso mete dei comizi del ministro (che ha usato questa strategia di abbinare alle visite ufficiali da ministro gli appuntamenti della campagna elettorale da leader della Lega, usufruendo in questo modo degli aerei della polizia di Stato), si scatena "il popolo degli striscioni": striscioni sono stati fotografati a Campobasso, Foggia, Firenze, Verona... "No, al ministro dell'odio", "I terroni non dimenticano", "Prima gli esseri umani... Poi i 49 milioni".

Come fa notare Dino Amenduni su Repubblica (articolo per abbonati): "C’è un altro aspetto che non va sottovalutato in questa vicenda: tanti striscioni contengono frasi ironiche. Non sono attacchi diretti o non contengono elementi fortemente politici: questo li rende maggiormente virali online (tantissimi utenti stanno pubblicando le foto dei propri striscioni preferiti) e possono perciò contribuire a creare la sensazione che questa “rivolta” sia maggiore, nella portata, rispetto a ciò che effettivamente sta accadendo offline".

Firenze (Santa Croce) - Foto e striscione di Nicola Melloni

Pubblicato da Valigia Blu su Mercoledì 15 maggio 2019

Subito dopo la rimozione dello striscione di Salerno, è stata Catanzaro a mobilitarsi con proteste e lenzuola sui balconi. Una contestazione che ha travolto letteralmente il ministro, che alla fine infastidito ha ceduto: "50 sfigati dei centri sociali, moscerini rossi...".

Anche qui la protesta è diventata la vera notizia rispetto al comizio.

È stata poi la volta di Napoli, dove in vista della visita ufficiale del ministro si preparavano le proteste dai balconi alla piazza: "Napoli non si Lega". Salvini non terrà il comizio, ma la contestazione ci sarà lo stesso, sotto i palazzi della Prefettura dove si sarebbe tenuto l'incontro sulla sicurezza.

Ed è qui che appare per la prima volta il pupazzo Zorro. Ancora una volta dalla piazza digitale a quella fisica e ritorno. La satira che per giorni ha tenuto banco sui social su un brano del libro-intervista "Io sono Matteo Salvini", dove si racconta di un Salvini che ha subito tante ingiustizie a partire dall'asilo quando gli fu rubato il pupazzetto di Zorro, si è improvvisamente materializzata fuori la Rete: con il pupazzo di Zorro portato in trionfo tra le proteste e attivisti mascherati da Zorro.

Foto: Agenzia Dire
Foto: Agenzia Dire

Il giorno della manifestazione dei sovranisti europei di estrema destra in piazza Duomo, Milano accoglieva chi arrivava da Linate così:

Zorro. Viale Forlanini, direzione Millano. (Per chi non lo sapesse, il vialone che si deve fare per arrivare a Milano...

Pubblicato da Maso Notarianni su Venerdì 17 maggio 2019

I Sentinelli di Milano per l'occasione hanno lanciato su Facebook l'iniziativa "Dove sono i 49? La grande caccia al tesoro dei balconi di Milano".

Il gioco consiste nel trovare gli striscioni, 49, appesi in giro per la città, numerati da 1 a 49. Chi li trova deve fotografarli e postarli nello spazio dedicato all'evento usando l'hashtag #dovesonoi49. Anche qui si intreccia plasticamente la dimensione digitale a quella fisica. Moltiplicando in modo esponenziale il messaggio e il suo impatto.

Una delle foto più condivise, curiosamente, sarà la foto di uno striscione con il numero 71. L'idea è di due ragazzi napoletani che vivono a Milano. Sul significato di 71 nella smorfia napoletana clicca qui.

Se non sei napoletano magari non arriva subito... ma quando arriva... #smorfia #salvinitoglianchequesti

Pubblicato da I sentinelli di Milano su Sabato 18 maggio 2019

Sarà infine proprio Zorro a prendere il sopravvento nel racconto mediatico e sui social a Milano. A Salvini sul palco viene contrapposto, anche attraverso video e foto, l'uomo che travestito da Zorro appare improvvisamente sul balcone di un palazzo di un albergo in Piazza Duomo - proprio dove si tiene la riunione sovranista - e srotola, sotto gli occhi dei manifestanti leghisti, uno striscione di 5 metri: "Restiamo umani" "Stay human".

Lo striscione, dopo più di mezz'ora, sarà poi requisito dalla polizia e l'uomo mascherato identificato. Così come sarà rimosso lo striscione con lo stesso messaggio esposto al Teatro La Scala. È evidente che nell'era salviniana un simile messaggio possa costituire un grave pericolo e un atto decisamente sovversivo.

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