Imprenditori che non trovano manodopera. Le vere domande da porsi
6 min letturaAncora due storie derubricate alla voce “offro lavoro ben pagato ma nessuno che vuole lavorare” provenienti dal Veneto. Ancora una volta è Il Gazzettino a farsi carico dell’allarme lanciato da due imprenditori che hanno lamentato le loro ricerche infruttuose di personale.
A Reschigliano di Campodarsego, in provincia di Padova – più o meno dove si trova la Antonio Carraro, l’azienda produttrice di trattori che poco più di un anno fa aveva detto a Il Gazzettino di “non riuscire a trovare 70 dipendenti nonostante si offrisse un contratto di tutto rispetto”, salvo poi ricevere più di 5mila curriculum in pochi giorni dopo l’articolo pubblicato sul quotidiano veneto – Stefano Brigato gestisce insieme al cognato Guglielmo Peruzzo lo storico panificio del paese, rilevato 35 anni fa. Da tempo, dice a Il Gazzettino in un articolo pubblicato lo scorso 11 febbraio, cerca un apprendista ma senza successo. Sulla vetrina del suo negozio è esposto il cartello “Cercasi apprendista panettiere”, da assumere a tempo pieno con contratto regolare. Brigato propone uno stipendio che arriva fino a 1400 euro al mese, «un ottimo stipendio considerando anche che in tanti settori si lavora di più per una retribuzione minore», ma nonostante i tanti curriculum arrivati, i colloqui fatti e i periodi di prova iniziati, la ricerca continua.
Il motivo? Secondo Brigato la particolare tipologia del lavoro: «Condizione necessaria per svolgere la professione è il lavoro notturno, che viene retribuito con una maggiorazione del 50%. (...) Si inizia alle 2 di notte e si stacca alle 9 di mattina ma rispetto a un tempo l’attività è meno faticosa. Le impastatrici automatiche, la lievitazione programmabile e i forni a gas computerizzati hanno alleggerito molto il peso della produzione». Qui, spiega il titolare del panificio, nasce il problema: «Sempre meno giovani sono disposti ad affrontare i faticosi orari tipici di questo lavoro. Preferiscono lo sballo e il divertimento anziché il sacrificio».
In un'intervista a Il Fatto Quotidiano, Brigato aggiunge che c'è anche un problema di mancato incontro tra esigenze degli imprenditori e mondo della formazione: «La nostra associazione dovrebbe collaborare di più con le scuole alberghiere per attivare ad esempio corsi di panificazione. Dobbiamo far capire ai giovani che questo mestiere resiste sempre alla crisi. Già perché, che sia una michetta o un ricercatissimo sfilatino farcito di olive, il pane sulla tavola non manca mai».
L’articolo de Il Gazzettino viene rilanciato da altre testate, anche nazionali, fino a essere ripreso dal TgR Veneto e dal Tg1 che, in un servizio del 12 febbraio, presenta la vicenda del panificatore che non trova apprendisti come “un problema diffuso in Veneto”.
Il giorno dopo l’intervista al quotidiano veneto cominciano, però, ad arrivare le candidature da tutta Italia. «Abbiamo dovuto staccare dal lavoro per rispondere a tutti», dichiara Brigato al Corriere della Sera. E, dopo tanti colloqui, alla fine della giornata, un ragazzo è stato assunto in prova per 45 giorni, al termine dei quali, “se avrà dimostrato il suo valore e la sua attitudine al lavoro di panettiere potrà frequentare un corso professionale a Padova”.
Sempre in quei giorni, Il Gazzettino racconta le difficoltà di Mirco Beraldo, titolare dei Cantieri Nautici Beraldo a Ca’ Noghera a Venezia, a reperire tre figure professionali: un fabbro, un meccanico e un geometra. Anche in questo caso, spiega il quotidiano, sono offerti un contratto regolare, un buono stipendio e formazione interna in caso di candidati non professionalmente qualificati. «Non sappiamo più da che parte girarci», spiega il titolare dell’azienda al Corriere del Veneto, che aveva ripreso la notizia. «Quando diciamo che si dovrà lavorare il sabato e la domenica, la maggior parte rinuncia. C’è chi mi ha detto che no, non poteva, perché lui nel fine settimana deve andare con la moglie al centro commerciale». Oppure, prosegue Beraldo, c’è chi in sede di colloquio è interessato esclusivamente all’ammontare dello stipendio e al periodo di ferie.
L’azienda, prosegue il Corriere del Veneto, propone una contratto nazionale da metalmeccanico, inizialmente a tempo determinato per un periodo di un anno, con una retribuzione di base a partire da 1250 euro al mese fino a 1600 a seconda delle qualifiche presentate. Gli orari di lavoro cambiano a seconda della stagione: «Generalmente, in inverno, si parla di 6 o 7 ore al giorno, ma se piove e non ho bisogno degli operai mando a casa quelli in più pagando comunque la giornata. Il lavoro aumenta nel fine settimana perché è soprattutto in quei giorni che i nostri clienti usano la barca», spiega Beraldo che, di fronte alle difficoltà di trovare dipendenti, si chiede «se veramente in Italia c’è bisogno di lavorare».
Posta così la questione, sembrerebbe di trovarsi di fronte a un nuovo annuncio mascherato da notizia, come già accaduto nel recente passato. «Se le cose stanno effettivamente come dice, adesso che ha reso pubblica questa difficoltà credo verrà sommerso dai curricula», ha commentato a caldo sempre sul Corriere del Veneto il segretario generale della Fiom Cgil metropolitana di Venezia Antonio Silvestri.
Abbiamo contattato Beraldo e la questione è un po’ più complessa. Innanzitutto, l'imprenditore ha detto a Valigia Blu che dopo l'uscita dell'articolo sono arrivate candidature da tutta Italia e ha aggiunto che sta cercando le tre figure professionali richieste da più di due anni senza porre distinzioni d’età («dai 25 agli oltre 50 anni») o provenienza («li cerco da tutta Italia, non è importante dove risiedono») proponendo, come già riportato da altre testate, «una paga base a partire da 1250 euro netti come previsto dal contratto nazionale metalmeccanici, un mese di ferie e due giorni di riposo compensativo a settimana». A differenza di altri lavori, l’azienda chiede di lavorare il sabato e la domenica e il mese di agosto quando i cantieri nautici sono a pieno regime. Quando abbiamo chiesto come mai in due anni non sia riuscito a trovare nessuno, Beraldo ci ha risposto che alcune persone hanno iniziato a lavorare ma dopo alcune settimane o un mese hanno rinunciato e sono andate via.
Ci troviamo di fronte a una situazione diversa, dunque, dal “cerco dipendenti ma non si presenta nessuno”, visto che, in alcune occasioni, le figure professionali richieste sono state trovate ma poi sono andate via. Al centro c'è la questione del mancato incrocio tra domanda e offerta di lavoro che il format dell’“offro lavoro ma nessuno vuole lavorare” tende a nascondere puntando invece l’attenzione su chi, spesso giovani, preferirebbe una vita agiata al sacrificio richiesto dal doversi alzare ogni mattina e andare a lavorare.
A Beraldo abbiamo chiesto le criticità e i motivi di questo mancato incontro tra domanda e offerta di lavoro: è una questione di canali di reclutamento che non funzionano più? Di formazione tra scuola, impresa e università? Ma il titolare dell’azienda di cantieri nautici ci ha risposto che, secondo il suo punto di vista, il grosso ostacolo è legato al dover lavorare nei giorni festivi e nei mesi estivi.
Secondo il segretario generale della Fiom Cgil metropolitana di Venezia, Antonio Silvestri, le vicende del panificatore di Campodarsego e dell’imprenditore di Ca’ Noghera, richiedono un approccio diverso alle questioni che sollevano: «Mi dà fastidio far passare la narrazione dei fannulloni che non vogliono lavorare e che dovrebbero accettare tutto quello che viene loro proposto. Il lavoro è tale se è dignitoso altrimenti andrebbe chiamato in un altro modo. Si parla tanto dei giovani che rifiutano tutto, ma a me sembra che questa generazione invece si stia abituando a condizioni lavorative molto più precarie di quelle delle generazioni passate».
«Prima di spiegare il perché una persona non si presenti a un colloquio o rinunci a un lavoro come una questione di mancata volontà», dice Silvestri a Valigia Blu, «si dovrebbe indagare cosa si fa nelle aziende: quali sono le condizioni lavorative? Si lavora in condizioni di sicurezza? Sono garantiti i diritti dei lavoratori?».
Prima di parlare di «schizzinosi che non accettano le offerte di lavoro», prosegue Silvestri, bisognerebbe «verificare qual è la gestione dei turni di lavoro, quante ore si lavora, qual è la busta paga e se sono garantiti riposo compensativo e straordinari in caso di impiego nei giorni festivi. Sono queste le domande che andrebbero fatte quando si scrivono articoli su queste storie, anche perché noi non viviamo in un paese dove c’è la cultura del turn over e uno decide di rinunciare a un lavoro per provare altro. Da noi una persona rinuncia a un lavoro per due motivi: o ha trovato di meglio o non si è trovato bene dove lavorava. E allora chiediamoci cosa accadeva nel luogo di lavoro, raccogliamo tutti i punti di vista».
La questione è, dunque, più generale, va oltre il caso specifico dei cantieri Beraldo e riguarda come dovrebbero essere raccontate queste storie per cominciare a dare la giusta rilevanza alle criticità che sollevano da tutti i punti di vista, quello degli imprenditori e quello dei lavoratori (la formazione, il mancato incontro tra domanda e offerta, le condizioni di lavoro, il bilanciamento tra vita e lavoro), uscendo dalla narrazione ingiusta dei "fannulloni che non vogliono sacrificarsi" e indagando e approfondendo il tutto da una prospettiva di sistema.
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Foto in anteprima via Il Gazzettino