L’ebook secondo Italo Calvino e la nostalgia per il fruscio delle pagine
4 min letturaDa una conferenza tenuta alla Fiera del Libro di Buenos Aires nel 1984.
Ora forse dovrei tenere conto di una domanda che ci si sente rivolgere spesso oggi...: tu parli dei libri come di qualcosa che c'è sempre stato e sempre ci sarà, ma siamo proprio sicuri che il libro ha davanti a sé un avvenire? che sopravviverà alla concorrenza dei mezzi elettronici audiovisivi? come si trasformerà o da cosa sarà sostituito? e cosa diventerà lo scrittore? Ebbene, la mia risposta è una sola, di fedeltà al libro, avvenga quel che avvenga.
Mettiamoci nella prospettiva dei secoli. I libri hanno circolato per molti secoli prima dell'invenzione di Gutenberg, e nei secoli futuri troveranno certo nuove forme per sopravvivere.
La prima casa editrice sulla cui attività abbiamo notizie dettagliate, attraverso le lettere di Cicerone, è quella fondata a Roma verso il 50 avanti Cristo da Tito Pomponio Attico per la diffusione dei classici greci e delle novità latine; era organizzata non molto diversamente dalle case editrici dei nostri giorni, con la differenza che al posto dei tipografi c'era un gran numero di scrivani.
Certo allora il numero dei lettori non era quello delle tirature dei best-sellers di oggi, ma se pensiamo che anche oggi tanti libri fondamentali continuano ad avere una circolazione limitata, vediamo che anche i confronti numerici sono meno scoraggianti di quel che si creda.
L'importante è che il filo ideale che scorre attraverso la scrittura non s'interrompa. Il pensiero che anche durante i secoli di ferro e fuoco del Medioevo i libri abbiano trovato nei conventi spazio per conservarsi e moltiplicarsi, da una parte mi rassicura, dall'altra mi preoccupa. Potrebbe anche sorridermi l'idea di ritirarci tutti in conventi dotati d'ogni comfort per fare dell'editoria di qualità, abbandonando le metropoli alle invasioni barbariche dei videotapes; ma mi dispiacerebbe per il resto del mondo che rimarrebbe privato di libri, del loro silenzio pieno di bisbigli, della loro calma rassicurante o della loro sottile inquietudine.
C'è una continuità nella solitudine che lo scrittore si porta dietro come un destino inerente alla sua vocazione, ma da questa solitudine si sviluppa una volontà e una capacità di comunicare: quella speciale comunicazione della letteratura che si stabilisce da individuo a individuo, e che solo in qualche epoca e in qualche occasione può trovarsi amplificata in comunicazione di massa.
Sapere che Petrarca e Boccaccio si scambiavano codici di pergamena in cui avevano copiato di proprio pugno e con fine eleganza grafica le proprie opere o quelle di Dante, mi convince che i periodi di splendore per la letteratura possano aprirsi quali che siano le condizioni esteriori.
Sappiamo che la forma dei libri ha cambiato tante volte nella storia e che certo continuerà a cambiare. Non che questo mi rallegri, perché sono affezionato ai libri anche come oggetti, nella forma che hanno ora, anche se è sempre più raro vedere delle edizioni che esprimano l'amore per l'oggetto-libro, che per accompagnare la nostra vita dovrebbe essere fatto a regola d'arte.
Certo cambieranno molte cose, se è vero che coi word-processors i nostri libri saranno composti direttamente dalle nostre mani senza passare per la tipografia. Così come cambieranno le biblioteche, che forse conterranno solo microfilms. Questo un po' mi rattrista, perché non sentiremo più il fruscio delle pagine.
Cambierà il nostro modo di leggere? Forse, ma non possiamo prevedere come. D’una rivoluzione importante del modo di leggere avvenuta nel passato possiamo dire di avere una testimonianza diretta, perché S. Agostino ci ha raccontato con stupore il momento in cui se ne rese conto. Andando a trovare S.Ambrogio, Agostino s’accorse che il Vescovo di Milano stava leggendo ma in un modo quale egli non aveva mai visto prima. Silenziosamente, solo con gli occhi e con la mente, senza emettere alcun suono, senza neppure muovere le labbra. Agostino era passato attraverso scuole importanti e ambienti di studiosi, ma non aveva mai sospettato che si potesse leggere come faceva Ambrogio, senza pronunciare le parole.
Ma forse in futuro ci saranno altri modi di leggere che noi non sospettiamo. Mi sembra sbagliato deprecare ogni novità tecnologica in nome dei valori umanistici in pericolo. Penso che ogni nuovo mezzo di comunicazione e diffusione delle parole, delle immagini e dei suoni possa riservare degli sviluppi creativi nuovi, nuove forme d’espressione. E penso che una società più avanzata tecnologicamente potrà essere più ricca di stimoli, di scelte, di possibilità, di strumenti diversi, e avrà sempre più bisogno di leggere, di cose da leggere e di persone che leggano.
Penso che la lettura non sia paragonabile con nessun altro mezzo d’apprendimento e di comunicazione, perché la lettura ha un suo ritmo che è governato dalla volontà del lettore; la lettura apre spazi di interrogazione e di meditazione e di esame critico, insomma di libertà; la lettura è un rapporto con noi stessi e non solo col libro, col nostro mondo interiore attraverso il mondo che il libro ci apre.
Forse il tempo che potrà essere destinato alla lettura sarà sempre più occupato da altre cose; questo è vero già oggi, ma forse era ancora più vero in passato per la maggior parte degli esseri umani. Comunque sia, chi ha bisogno di leggere, chi ha piacere di leggere (e leggere è certamente un bisogno-piacere) continuerà a ricorrere ai libri, a quelli del passato e a quelli del futuro.
Italo Calvino
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